Per il tuo benessere e la tua salute, ti tasso. Almeno indirettamente. Con che diritto, si chiedeva Gilbert Keith Chesterton, inglese, scrittore, giornalista e autore de I racconti di padre Brown e fervente cattolico, i governi liberali di Herbert Henry Asquith e di David Lloyd George, in carica dal 1908 al 1918, si arrogavano un tale potere? Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’8 agosto 1914 venne emanato il Defence of the Realm Act, che affidava al governo poteri straordinari di censura e controllo per una migliore conduzione della guerra. E tra le altre cose imponeva molte restrizioni sull’uso degli alcolici: stabiliva che tutti i pub chiudessero al massimo alle nove e mezza di sera, la birra venne annacquata e soggetta a una tassa extra di un penny per pinta.
Infine, nel 1916 tutti i pub delle zone dove si producevano armamenti vennero nazionalizzati. Questo venne fatto non solo con spirito di conservazione delle risorse per lo sforzo bellico, ma anche per evitare che l’alcolismo dilagasse tra le mogli dei soldati rimaste a casa. Per Chesterton, convinto anticapitalista oltreché antisocialista, il governo liberale aveva esagerato nel decidere cosa è bene e cosa è male. Dalle colonne del Daily Herald (quotidiano d’orientamento socialista rivoluzionario, ma che lasciava molta libertà di espressione a Chesterton, molto più del liberale Daily News, da cui Chesterton se ne andò nel 1912) nel 1917 lo scrittore si esprimeva così:
«Le due categorie di riforme sociali, una delle quali forse potrebbe finalmente liberarci mentre l’altra ci asservirebbe per sempre, si manifestano in quel semplice modello operativo rappresentato dalle due iniziative intraprese a favore delle mogli dei soldati: intendo l’aumento dell’assegno d’indennità e il tentativo di ridurre il consumo di alcolici. Nelle considerazioni preliminari dobbiamo in ogni caso valutare la seconda questione prescindendo dalle nostre personali simpatie rispetto al tema delle bevande alcoliche.
Questa misura potrebbe applicarsi a ogni altro piccolo piacere della vita; e sarà applicata a ogni altro piccolo piacere della vita se la campagna capitalista avrà successo. La questione ci è nota, ma non è superfluo precisarla. Un datore di lavoro, poniamo, paga una cucitrice due pence al giorno e la donna non sembra prosperare con quella paga. Prospera così poco che il datore di lavoro ha persino qualche difficoltà a prosperare con il suo contributo. Vi sono solo due cose che può fare, e la distinzione tra di esse spacca in due il mondo sociale e politico. È una pietra di paragone con la quale pensiamo – sempre, non solo qualche volta – distinguere l’eguaglianza economica dalla riforma sociale dello Stato servile.
Il datore di lavoro può elargire alla cucitrice una somma generosissima, diciamo sei pence al giorno, per farne ciò che più le aggrada, e confidare che le migliori condizioni di salute fisica e mentale della donna giovino ai suoi affari. Oppure può continuare a pagarla uno scellino alla settimana, ma contrassegnando ogni singolo penny affinché venga o non venga utilizzato per qualche scopo particolare. Se la cucitrice non può spendere quel penny per un mazzo di violette, o quell’altro penny per un romanzo rosa, o quell’altro ancora per un giocattolo da regalare a un bambino, è probabile che concentri le sue spese sulle proprie necessità fisiche, diventando così, dal punto di vista del datore di lavoro, una persona più efficiente. Senza dover aggiungere due pence alla paga, ha aggiunto il valore di due pence al suo cibo. In breve, la donna ha l’incommensurabile soddisfazione di valere di più senza essere pagata di più […]».
L’articolo poi prosegue deplorando «l’assenza di umanità» del capitalista che vuole «imporre la dieta ai suoi schiavi» e con un elogio della birra, definita «la più comune bevanda inglese per placare la sete» e si conclude con un affermazione: «I corpi e le menti di queste donne appartengono solo a Dio e a loro stesse». Ma anche il monito di Chesterton servirà a ben poco: le leggi restrittive sugli alcolici e sui pub rimarranno in vigore con qualche emendamento fino al 1988. E anche in altri paesi (vedi la proposta dello scorso, poi rigettata, dell’ex ministro della sanità Balduzzi sulla tassazione extra delle bevande gassate) la tentazione di normare la salute a colpi di tasse rimarrà. Con gli stessi risultati di sempre: zero, sia dal punto della salute che di quello delle entrate fiscali.
Twitter: @MatteoMuzio