Erano gli smartphone prima degli smartphone. Erano il simbolo del capitalismo americano, ma in senso positivo. Erano lo strumento di lavoro per eccellenza. Per il loro utilizzo ai limiti della sindrome ossessivo-compulsiva è stato coniato un termine specifico, Crackberry. Ora BlackBerry è morta. Si suoni il requiem per uno degli esempi più limpidi di come distruggere una realtà miliardaria e ammirata.
Del crac di BlackBerry studieranno i ragazzi nelle business school di mezzo mondo. Il titolo delle lezioni potrebbe essere “Ascesa e declino di un marchio”. Erano i telefoni di Barack Obama, del giovane senatore dell’Illinois che voleva rivoluzionare gli Stati Uniti. Ma erano anche i device del governo americano, del Pentagono, della CIA, del Tesoro, della Federal Reserve. Un modello di qualità, understatement e affidabilità. Tutto è stato distrutto nell’arco di pochi anni. Il vecchio adagio “Squadra che vince non si cambia” ha ucciso Research in motion (Rim), la società canadese della mora. Si potrà dire che è tutta colpa di Apple. Si potrà affermare che i successi di Samsung, dovuti a una eccellente segmentazione dell’offerta commerciale, hanno demolito Rim. Si potrà controbattere che no, è colpa di Google e Android. È un mix di tutto questo, ma in primis di una società che, credendo di essere immortale, non ha fatto altro che guardare al proprio orticello.
Dalla rotellina sul lato, passando per la trackball, giungendo al trackpad fino all’ibrido qwerty e touchscreen, i BlackBerry hanno rivoluzionato l’universo dei cellulare, piazzando nella tasca della giacca un vero e proprio ufficio. Poi, venne il giorno di iPhone. Da un lato Apple lanciava nel 2007 il suo masterpiece, il cellulare che ha portato la telefonia mobile dall’età della pietra a quella del ferro. Dall’altro due anni dopo, nel luglio 2009, Rim portava sul mercato il BlackBerry 8520, forse il dispositivo che più simboleggia il fallimento della società. Un device che doveva essere dedicato all’utenza consumer e che si è rivelato come uno dei peggiori telefoni di Rim. Lento, obsoleto, frustrante, lontano dalla classica qualità costruttiva della casa di Waterloo, l’8520 fu l’inizio della fine. Impossibile scendere nell’arena del dopo-iPhone con un prodotto, per esempio, con uno schermo da 2,46 pollici e una definizione di 320×240 pixel. E in questo caso, ci sono nomi e cognomi di chi ha portato l’impresa nel punto in cui è.
Mike Lazaridis, il fondatore e padre-padrone di Rim, è un omaccione sorridente. Ma guai ad andare contro il suo pensiero. Quelli che hanno lavorato con lui lo ricordano come un accentratore. Un capitano d’industria di stampo padronale. Quasi italiano, da questo punto di vista. È proprio questo modo di intendere l’impresa che ha portato Rim, diventata poi BlackBerry, a essere quello che è oggi: un’azienda decotta. Troppe scelte sbagliate, si dice oggi. Magari fosse stato solo quello.
Alla base delle scelte errate c’è stata la mancanza di lungimiranza. Non lo ha mai ammesso, ma Lazaridis e il suo management non hanno mai guardato al mondo che stava cambiando. Se la massa vuole foto e video sui propri device, quello devono avere. Non bastano le email, non basta la sicurezza crittografica, non basta un messenger (il BlackBerry messenger) gratuito (ma chiuso), non basta avere un brand affascinante e cool. Nel 2008, ovvero all’apice del successo di BlackBerry, che sembrava intoccabile nonostante l’avvento di iPhone, Forbes iniziò a dubitare dell’offerta commerciale di Rim. Troppo desueta. Si preconizzò una fine ingloriosa. Così è stato.
Ora qualcuno, come The Atlantic, paragona gli insuccessi di Rim a quelli di Microsoft. È però riduttivo. Due i motivi. Primo, perché Microsoft può ancora contare su Windows, che era, è e rimarrà un sistema operativo di massa. Apple con i suoi apparecchi con iOs è ancora su un altro livello, su un target più fighetto e più elitario di Windows. Il tutto senza dimenticare l’integrazione coi software aziendali, in larga parte sviluppati in modo specifico per gli ambienti Windows. Secondo, paradossalmente Microsoft ha saputo innovarsi in modo più rapido di Rim una volta individuate le criticità della propria offerta commerciale. I primi tablet di Redmond sono usciti in estremo ritardo rispetto a iPad e Galaxy Tab di Samsung, ma hanno dimostrato di essere prodotti assai più maturi del Playbook targato Rim.
Il futuro di BlackBerry qual è? Secondo l’attuale management, guidato da Thorsten Heins, si deve puntare tutto sull’utenza business. Questo può essere fatto sotto il controllo di un consorzio come quello guidato da Fairfax? I dubbi sono tanti. Tuttavia, questa mattina Goldman Sachs ha aperto uno spiraglio di speranza per i fan dei BlackBerry. «Il sistema operativo 10 è estremamente versatile e i nuovi device sono funzionali: con una line-up di pochi modelli di altissimo livello può ancora esserci un futuro», scrive la banca newyorkese. È una soluzione sostenibile? Forse sì, ma a patto che sia definitiva, chiara e immediata. A fronte dello stock di telefoni fermo nei magazzini, è facile che la società decida di chiudere diversi accordi con gli operatori telefonici e le grandi corporate al fine di svendere i propri device. Oppure, come suggerisce Jefferies, iniziare una nuova campagna pubblicitaria con il re-branding. Ma questo vuol dire investimenti, e non è detto che Fairfax sia d’accordo.
La partita per quel che rimane di BlackBerry non è ancora terminata. Le prossime settimane saranno utili a Fairfax per condurre una due diligence sui conti della società e verificare se ci sono le condizioni per un accordo. Nel frattempo, possono arrivare altre offerte. Come si vociferava dopo il deal fra Verizon e Vodafone, quest’ultima avrebbe la capacità di fuoco necessaria per acquisire le attività positive di BlackBerry e riportare in auge il marchio. Lo stesso dicasi di Lenovo, il cui flirt con Waterloo non è mai del tutto terminato.
Da strumento d’élite a osso da spolpare, gli smartphone con la qwerty sono morti per sempre? Se si guarda all’utenza consumer, sì. Ma se invece si guarda a quel mondo di professionisti che hanno bisogno di utilizzare molto il telefono per scrivere lunghe email, senza refusi e senza un controllo ortografico che rischia di creare disastri aziendali (vero, iPhone?), una speranza c’è ancora. Una nicchia, quella high-end, che non tollera la poca autonomia dei device iOs e Android, che non è interessata alle app di giochi o di fotografia. Insomma, che con il cellulare ci lavora. Questo è il mondo di BlackBerry. Bastava capirlo prima.
PS: questo articolo è di 6.719 battute ed è stato scritto con un BlackBerry in un’ora e mezza. Provate a farlo con iOs o Android.