Che gli italiani fossero poco preparati in materia di dati personali non è una novità, che non fossero particolarmente attenti alla gestione della privacy online si sospettava. Ma se a tutto ciò si aggiunge il fatto che in molti si proteggono in modo superficiale e talvolta contraddittorio, viene fuori un quadro quanto meno preoccupante.
Secondo i dati che emergono da una ricerca elaborata dall’Ossevatorio Cermes Bocconi e da Affinion International, il 67% degli italiani infatti non cambia le proprie password in rete di frequente. Eppure, e qui nasce la contraddizione, è proprio dalla rete che noi percepiamo i maggiori rischi di furto, per quanto riguarda i dati sensibili. Dati di cui tuttavia non riconosciamo il reale valore: basti pensare che il 92% degli intervistati pensa che siano composti solo dai dati anagrafici; l’85% ritiene compresi anche i dati generali; l’80% percento quelli economico finanziari; ma soltanto il 58% include tra i dati personali quelli generati dai servizi di geolocalizzazione sui social network, piuttosto che i dati della navigazione online. Una situazione che rende evidente come vengano ancora sottovalutate le potenzialità (e di conseguenza i rischi) della rete – e dei servizi ad essa collegati come ad esempio l’universo dei social network – soprattutto in ottica di diffusione dei dati personali.
Ecco perché i metodi maggiormente utilizzati per proteggersi dai pericoli di sottrazione di codici segreti o password, risultano essere ancora di stampo tradizionale, e adatti più a dinamiche di tipo offline che online: infatti tra coloro che sono stati sottoposti all’intervista, il 69% si protegge mentre digita il pin, il 67% tiene i pin separati dalle carte, il 59% non comunica le proprie password. E in tutto ciò come se non bastasse il 77% degli italiani non possiede un database protetto dei propri dati personali, come ad esempio un file criptato piuttosto che un’agenda sempre a portata di mano.
Attraverso l’analisi di questi dati è stato possibile poi tracciare i profili che rappresentano le diverse tipologie di utenti: gli ottimisti, i previdenti consapevoli, i fiduciosi e gli ansiosi vulnerabili. I primi (che sono il 25% del campione) danno scarso peso all’uso fraudolento delle informazioni e hanno un scarsa percezione del rischio. Si tratta soprattutto di uomini tra i 50 e i 59 anni, di fascia agiate e residenti nel Nord-Est e nel Sud Italia. I previdenti consapevoli (22% del campione) riconoscono un’elevata rilevanza all’uso fraudolento dei dati e hanno alta percezione del rischio. Più uomini che donne, tra i 18-29 anni e tra i 50-59 anni, sono più attenti della media nel tutelarsi e in genere non si preoccuperebbero più di tanto di dare la propria carta di credito al cameriere al ristorante. I fiduciosi rappresentano quasi una nicchia (15%), sono soprattutto donne giovani tra i 30 e i 49 anni, meno agiate della media, considerano alta la rilevanza del furto dei dati, tuttavia hanno una ridotta percezione del rischio delle occasioni in cui ciò possa succedere. In ambito digitale sono abbastanza previdenti, utilizzando password complesse e verificando l’attendibilità dei siti e-commerce.
L’ultima categoria riguarda quella degli ansiosi vulnerabili che rappresenta il gruppo più numeroso (38% del campione), la maggior parte sono donne molto giovani (18-29 anni) e mediamente agiate, residenti nel Nord-Ovest e nelle isole. Generalmente si tratta di persone che hanno poca consapevolezza del proprio patrimonio e usano misure di tutela elementari e contraddittorie. Ad esempio prestano molta attenzione nel digitare il pin, ma non lo separano dalle carte tenendolo spesso all’interno delle borse, effettuano acquisti online, ma non utilizzano carte prepagate.