Genova, storia di uno sciopero selvaggio da evitare

Anche Grillo in piazza

Un altro sciopero, hanno pensato gli utenti genovesi del trasporto pubblico, la mattina di martedì 19 novembre. Ce ne sono stati diversi, da inizio anno. Ma sempre nel rispetto delle regole, con fasce garantite alla mattina e al pomeriggio. Stavolta è stato diverso. Sciopero selvaggio. A oltranza. Come i minatori inglesi nel 1984-85 o, più recentemente, come i dipententi dell’Azienda Trasporti Milanesi nel 2004. Almeno così sembrava. Nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 alle due è stata firmata una bozza di accordo sindacale, poi approvata sabato mattina dai lavoratori a maggioranza (il no però è stato molto forte, quasi il 40% degli scioperanti, e i toni in assemblea sono stati molto accesi). Gli autobus sono ripartiti poi verso le 16. 

Facciamo un passo indietro. Sono state due le mine che hanno fatto saltare le trattative e arrivare ai giorni di fermo: la prima è stata un report di duecento pagine scritto da un advisor del gruppo Meliorbanca, presentato il 10 ottobre alla giunta di Marco Doria, sindaco di Genova, indipendente vicino a Sel, riguardante lo stato di salute dell’azienda e un possibile via per il risanamento. La risposta è stata tranchant: privatizzazione. E non parziale, come avvenuto nel periodo 2005-2011, quando il 41% delle azioni erano controllate dal colosso privato francese Transdev e poi da Ratp, azienda municipalizzata che gestisce il trasporto pubblico a Parigi. Ma totale. 100% delle azioni. Non una di più, non una di meno. Il sindaco cerca di ridimensionare la portata della cosa chiamando il report semplicemente “bozza di discussione”. La seconda bomba è stata la delibera di giunta del 17 ottobre, riguardante la gestione delle società partecipate dal Comune.

Qui si legge: 

Il mutamento della strategia pubblica, consistente nel graduale disimpegno dello Stato dal finanziamento dei pubblici servizi, impone oggi una piena considerazione del ruolo di regolazione e controllo dello standard di servizio da parte dell’Ente concedente così da contemperare al meglio le diverse esigenze di accesso al mercato, di economicità del servizio e di pieno soddisfacimento dei bisogni dell’utenza con i vincoli imposti dal legislatore alla gestione del servizio tramite società totalmente partecipate. […] Questa politica apre nuovi scenari anche nell’eventuale ricerca di partner per le aziende dei servizi pubblici delle aree metropolitane e richiede al tempo stesso la capacità dei sistemi pubblici di risolvere in modo autonomo i problemi gestionali e/o eccesso di indebitamento.

E specificamente per Amt la delibera stabiliva che:

Si colleghi la definizione degli indirizzi strategici, anche in relazione ad ipotesi di aggregazione con altre realtà che si occupano di mobilità urbana, al completamento del processo di valutazione dell’azienda e delle sue prospettive ad opera dell’Advisor, individuato ai sensi della DG 14/2013, dando mandato alla Giunta affinché presenti al Consiglio una proposta operativa che coniughi la necessità di garantire all’azienda la continuità aziendale fondata sul necessario rafforzamento economico – partrimoniale con la necessità di garantire la cittadino livelli elevati di standard di servizio in un contesto giuridico-economico basato ancora su troppe incertezze irrisolte (definizione dei nuovi bacini di traffico, Accordo Quadro con la Regione Liguria per la definizione dei servizi minimi, nuova legge regionale) dando atto che l’Amministrazione si impegna a sostenere l’azienda nell’azione intrapresa volta a recuperare ulteriori margini di efficienza.

Queste timide aperture all’ingresso di eventuali partner privati sono state viste come una possibile apertura alla privatizzazione, sul modello di quanto fatto da Matteo Renzi con l’Ataf, ceduta integralmente a Busitalia, controllata del trasporto pubblico di Trenitalia. E da lì un’escalation inarrestabile: la delibera viene osteggiata dall’ala sinistra della coalizione di Doria (Sel, Rifondazione Comunista e Lista Doria) e sostenuta dal Pd e dall’avversario di Doria in campagna elettorale, il liberale Enrico Musso. I sindacati di Amt ritengono inaccettabile una svolta del genere da parte di un sindaco che consideravano amico e che in campagna elettorale aveva definito le partecipate “beni comuni da preservare”. Si comincia giovedì 14 novembre con le prime proteste, quattro ore e mezza di sciopero di Amt e di tutti i dipendenti delle partecipate, comprese Amiu, azienda della nettezza urbana, e Aster, azienda che si occupa della manutenzione urbanistica. E poi lo sciopero di martedì. Uno sciopero che ha immobilizzato Genova, costringendo a usare la macchina o la moto per gli spostamenti. Oppure ad andare a piedi. A protestare, venerdì 22 novembre, è arrivato anche Beppe Grillo che ha attaccato il presidente del Consiglio Enrico Letta e gli amministratori locali: «Si stanno vendendo tutto. Sarà una lotta all’ultimo sangue, ci giochiamo tutto a partire da Genova» ha detto dopo aver partecipato a uno dei cortei dei lavoratori.

Per ovviare al problema degli spostamenti, Adiconsum, insieme ad altre associazioni di consumatori come Assoutenti e Codacons, ha deciso di organizzarsi e di prendere in affitto un autobus per favorire la mobilità «di chi doveva muoversi per una stretta necessità» dell’unica zona della città senza linea ferroviaria, la Valbisagno. Ma il servizio è durato solo poche ore. In una nota scritta da Adiconsum e da Assoutenti si legge che:

Questa mattina (giovedì, NdA) la navetta, mentre percorreva da direttrice Prato – Brignole, è stata bloccata all’altezza delle Gavette da un drappello di lavoratori AMT con la richiesta ai passeggeri di lasciare il mezzo. La reazione dei trasportati, in prevalenza donne, è stata tale da rischiare un vero e proprio tafferuglio. Per questioni di sicurezza è stata fatta arrivare a Brignole da dove purtroppo non è potuta più ripartire. La Digos, intervenuta su nostra richiesta, oltre a raccogliere la denuncia dei cittadini presenti sull’autobus e delle nostre Associazioni non ha potuto però dar corso alla nostra richiesta di poter avere una scorta al mezzo, dato che le Forze dell’Ordine sono tutte impegnate nelle manifestazioni che si stanno svolgendo in città.

I manifestanti, nonostante il maxi-emendamento votato alle 22 di ieri dal consiglio comunale alla delibera del 17 ottobre, che conferma la via preferenziale all’opzione pubblica, e le rassicurazioni di Doria sul suo impegno a mantenere l’azienda “interamente pubblica” fino al 31 dicembre 2014, data in cui finisce il contratto di servizio tra Comune e Amt, in quel momento hanno deciso comunque di proseguire la protesta. Protesta che, in questi giorni, ha portato anche, oltre che ai disagi, al ferimento di 5 vigili urbani impegnati a proteggere in una seduta del consiglio comunale di martedì interrotto dall’irruzione dei lavoratori in sala. Fino alla firma dell’accordo con la Regione Liguria e il comune di Genova. Nella giornata del 23 novembre si è anche diffusa la notizia che una busta contentente un proiettile è stata spedita a Livio Ravera, il presidente dell’Amt, accompagnata da una lettera di minacce.

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L’intesa raggiunta prevede innanzitutto un’ulteriore conferma dell’intenzione di mantenere l’azienda totalmente in mano pubblica, anche grazie all’istituzione di una nuova agenzia per il trasporto regionale, che sarà operativa dalla primavera 2014, e che favorirà la costituzione di un bacino unico di trasporto regionale integrato gomma-ferro.
Secondo, non contiene tagli di stipendio per i dipendenti.
Terzo, la Regione s’impegna nell’acquistare una ventina di nuovi autobus tramite il reperimento di fondi europei. Per quello che riguarda gli 8,3 milioni di disavanzo previsto nel 2014, Comune e Azienda si impegnano a reperirne la metà. La restante metà? Da definirsi tramite un nuovo accordo sindacale. 
Ma c’è anche una piccola apertura a una parziale privatizzazione: con l’affidamento in subappalto a Amt di alcune linee collinari ad aziende private. Alcune criticità dunque rimangono. E ne restano anche altre, in Liguria tra cui l’azienda provinciale Atp, con il fallimento della trattativa con Trenitalia e un piano industriale molto duro sia per gli autisti che per gli utenti e i tagli, decisi dalla Regione Piemonte, di quattro coppie treni che circolano sulla linea Torino-Savona-Ventimiglia. A Genova si ricomincia a muoversi. Ma nel resto della provincia e della regione?