Quando la scorsa estate ha fatto il giro delle feste dell’Unità, da Carpi a Bosco Albergati, da Borgo Sisa a Reggio Emilia e fino a Bologna, i volontari gli dicevano sempre una cosa: «Se non prendi l’Emilia-Romagna non prendi il partito». E questo concetto Matteo Renzi l’ha capito talmente bene che qualche mese dopo ha scelto come capo della sua campagna politica nazionale per le primarie Stefano Bonaccini, 46 anni, di Campogalliano in provincia di Modena, segretario regionale del Pd emiliano-romagnolo. Uno che alle ultime primarie stava con Bersani, che è legato al governatore Vasco Errani ma che la regione del “Tortello magico” la conosce come le sue tasche perché da candidato a segretario e poi da leader del partito l’ha girata in lungo e in largo con la sua Seat Ibiza facendo più di 300mila chilometri. Si tratta di un uomo chiave per provare a cambiare gli equilibri nella regione che rappresenta lo storico granaio di voti della sinistra italiana dove Bersani prese più del 60% alle ultime primarie. E per provare a diventare maggioranza anche a Bologna, la città che ha ospitato la più grande federazione comunista d’Occidente e dove Bersani prese una maggioranza bulgara del 66 per cento.
Per molti è ormai solo uno stereotipo rappresentare il partito da queste parti come la continuazione fedele e ortodossa della vicenda politica e umana del Pci-Pds-Ds. Sarà anche uno stereotipo ma qui, nel voto del congresso tra gli iscritti poche settimane fa, ha vinto l’ultimo segretario della Fcgi, Gianni Cuperlo. Di un niente a livello regionale, nettamente a Bologna. E non è un caso che il candidato appoggiato da D’Alema abbia scelto Bologna, la città dove si è laureato al Dams, per chiudere la sua campagna per le primarie dell’8 dicembre. Molto tempo fa il sindaco di Firenze ha capito che l’Emilia-Romagna andava scalata con intelligenza e non con un’Opa ostile che non avrebbe fatto altro che rafforzare la componente a lui ostile, molto forte nell’apparato. E così ha scelto Bonaccini, non ha minimamente interferito con le dinamiche locali, ha intrecciato buoni rapporti con il segretario del Pd di Bologna, Raffaele Donini (cuperliano) ha avuto a lungo un rapporto privilegiato con il governatore Vasco Errani, l’uomo ombra di Bersani. E soprattutto ha lodato pubblicamente il sistema cooperativo emiliano e l’Unipol in particolare e ha allacciato buoni rapporti con il numero uno del colosso cooperativo, Carlo Cimbri.
Questa sera, mercoledì 4 dicembre, Renzi arriva a Casalecchio di Reno per quello che considera uno degli appuntamenti più importanti di questa campagna per le primarie. Ironia della sorte il sindaco parlerà proprio all’Unipol Arena e a pochi passi dall’ex Euromercato (oggi Carrefour), dove il 23 novembre di vent’anni fa Berlusconi, inaugurando la sua ultima creatura commerciale ed esprimendo la sua preferenza per Gianfranco Fini rispetto a Francesco Rutelli alle comunali di Roma fece il primo passo che l’avrebbe portato alla fondazione di Forza Italia e al suo ingresso in politica.
Era solo l’anno scorso ma sembra passato un secolo da quando Renzi non fu invitato alla Festa dell’Unità di Bologna e da quando gli fu negato di parlare alla Bolognina, là dove Achille Occhetto aveva dato il via alla fine del Pci. Poco più di un mese fa a Bologna si è celebrata la notte rossa delle case del popolo e l’ex tesoriere del partito Mauro Roda ha spiegato candidamente che i beni del partito sono stati da tempo posti in sicurezza nella fondazione Duemila e che se anche Renzi prenderà il partito non prenderà i suoi soldi. Stasera davanti a tremila bolognesi, tra cui anche i renziani della seconda ora come il sindaco Virginio Merola, Renzi non userà il solito format utilizzato nelle altre città. Farà un discorso ad hoc perché domenica vuole vincere bene anche qui. Perché per dirla con altre parole non si cambia verso se non si prende anche l’Emilia-Romagna.