Quando il cast di Brooklyn Nine-Nine ha sentito pronunciare il nome della serie, alla premiazione dei Golden Globes 2014, non ci poteva credere. Non ci credevano loro, figuriamoci noi. La vittoria della comedy ha colto tutti di sorpresa. Non perché non sia una serie da statuetta. O forse anche per quello, perché in fondo non lo è. Ma lo stupore arriva principalmente dalla constatazione che per la prima volta, da ben 4 anni, qualcosa si è smosso. La categoria comedy nell’ultimo lustro è stata pressoché blindata. Ai Golden Globes è dal 2010 che vince ripetutamente Modern Family, alternata da Girls e da Glee agli Emmy degli ultimi anni. I principali premi sembrano un disco rotto su queste frequenze, intervallato di tanto in tanto da qualche riconoscimento (per lo più sul fronte delle interpretazioni personali) per The Big Bang Theory. Nemmeno una comedy impegnata e politicamente scorretta, come Veep, aveva potuto niente, figuriamoci – ci ripetevamo – se una produzione semplice e dalla risata facile come Brooklyn Nine-Nine (che – va detto – vanta tra i produttori esecutivi Phil Lord e Chris Miller, registi di Piovono polpette) può qualcosa contro questi colossi della risata. E invece.
Chiariamo subito una cosa: quello di voler continuare a premiare la famiglia allargata con la formosa Sofia Vergara era più un accanimento che altro. Modern Family ha perso la sua aura di novità dopo il primo anno, tutto il resto (pur rimanendo di un certo livello) è minestra riscaldata. Discorso diverso per Girls, la cui presenza nella categoria è ancora tutta da capire: le vicende del gruppo di inette newyorchesi suscitano tutto tranne che grasse risate.
Brookyn Nine-Nine, zitta zitta, quatta quatta, si insinua in questo contesto, portando finalmente quella leggera ventata di novità di cui il genere aveva bisogno: nell’era in cui i crime e i polizieschi abbondano in televisione, ecco che il loro operato diventa oggetto di burla. Un po’ sulla scia di Scuola di Polizia, lo show si presenta come un simpatico e affettuoso sfottò alle forze dell’ordine, rappresentate da un manipolo di bizzarri, buffi e maldestri agenti. Tra tutti spicca Jack Peralta, interpretato da Andy Samberg, che – manco a dirlo – ha sbaragliato nella categoria di miglior attore protagonista, lasciando Michael J. Fox (The Michael J. Fox Show) e Jim Parsons (The Big Bang Theory) a mangiare polvere.
L’edizione 2014 dei Golden Globes, assegnando questa doppia statuetta, sembra voler dare uno scossone alla produzione di comedy, riportando in auge il desiderio di un umorismo semplice, senza doppi o tripli significati, non costruito a tavolino e privo di profondo intellettualismo. Insomma, vuole esaltare quelle comedy capaci di far ridere di gusto, senza necessariamente comunicare un messaggio profondo. No alla risata indotta e pensata, sì a quella genuina, a tratti demenziale: le riflessioni sul mondo – sembrano dirci – lasciamole ai drama. Del resto, come affermava una che la comicità ce l’ha nel sangue, quella Tina Fey che ha presentato l’evento, ogni tanto vale la pena ricordarsi che sì, in fondo “it’s just TV”.