Nella conferenza stampa di ieri, Mario Draghi ha ammonito l’Italia, argomentando che stenta a recuperare dalla lunga crisi anche per colpa dello scarso apporto degli investimenti privati, bloccati dalla mancanza di fiducia in riforme strutturali di lungo periodo, che permettano di aumentare la produttività. In quest’ottica la fiducia non è qualcosa da trasmettere con messaggi rassicuranti, ma un obiettivo da perseguire con provvedimenti e azioni di governo.
Cosa dicono i dati? Descrivono una situazione coerente con le parole del governatore della BCE? Proviamo a confrontare l’Italia con un paese come la Spagna, spesso additato come esempio di paese che seppure in situazioni di disoccupazione drammatiche, ha affrontato prima di noi, con provvedimenti ad hoc, i nodi strutturali del mercato del lavoro e della ricostruzione del sistema bancario, il primo fortemente inefficiente, il secondo oberato dai debiti della bolla immobiliare.
I grafici mostrano bene la dinamica delle recessioni nei due paesi. La Spagna ha accumulato quantità di capitale fisico in modo impressionante durante gli anni del boom, con tassi di crescita del capitale fisso vicini al 4% annuo. La recessione ha colpito duro, più che in Italia, soprattutto nella fase iniziale. L’inversione di tendenza negli investimenti sembra essersi materializzata in Spagna nel 2013. Il tasso di crescita del capitale è passato dal -4% annuo al +3% annuo in 3 trimestri, mentre il nostro paese stenta a tornare in territorio di crescita positivo. Essendo questi dati preliminari, servono più trimestri per corroborare con più certezza la “teoria Draghi”. Di certo far ripartire gli investimenti privati rimane una priorità ineludibile dell’azione del governo italiano.
Nel grafico: a sinistra l’Italia, a destra la Spagna
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Fonte: Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/sector_accounts/data…