Una volta all’anno dal 2011, BBC Radio 6 organizzata un evento chiamato The John Peel Lecture, una conferenza sui temi della musica e della radio, per ricordare uno dei dj radiofonici più famosi del Regno Unito, John Peel appunto. E, dopo il chitarrista degli Who Pete Townshend, dopo Billy Bragg, e la cantante Charlotte Church, quest’anno il microfono è toccato al leader degli Stooges e leggenda del punk Iggy Pop. Il tema era «Musica libera in una società capitalista», ma Iggy ha parlato un po’ di tutto, raccontando aneddoti dalla sua carriera e riflettendo su dove esattamente sta andando l’industria musicale. Abbiamo tradotto i passaggi migliori della conferenza, che per le prossime quattro settimane si può si può vedere gratis sul sito di BBC Radio 6.
Sull’album regalato dagli U2
«Le persone che non vogliono l’album gratuito degli U2 stanno dicendo: non forzarmi. E hanno ragione. Parte del processo in cui tu compri qualcosa da un artista è sacro, stai dando dell’amore. È una tua scelta di dare o tenere. Stai dando molto di te stesso, oltre al denaro. Ma in questo caso particolare […] forse alcune persone si sono sentite derubate da quella possibilità. E hanno ragione».
Sulle nuove evoluzioni dell’industria musicale
«Stiamo scambiando una fregatura della corporation per quella del pubblico, aiutato da grandi nerd. Una sorta di “Putin dei computer”. Vogliono solo diventare ricchi e potenti».
Sui soldi e la musica
«I signori dell’industria discografica continuavano a lamentarsi che non li facevo guadagnare abbastanza. Quando si parla di arte, i soldi sono un dettaglio poco importante. È solo che sono enorme dettaglio poco importante».
Sulla pirateria:
«Penso che perseguire dei ragazzini del college per aver condiviso un file sia come quando, 200 anni fa, spedivamo qualcuno in Australia per aver cacciato il coniglio del proprio lord. È così che devono sentirsi i poveretti che vogliono solamente guardarsi gratis un film schifoso dopo che hanno lavorato fino allo stremo a Tesco [una catena di supermercati inglesi] o cose del genere».
Sul vendere le proprie canzoni per la pubblicità
«Ogni media che io abbia mai conosciuto è stato un posto per la pubblicità, per la propaganda o per entrambe le cose […]. Le licenze per usare la musica nei film, nelle pubblicità e in televisione sono diventate un fiume, perché queste persone sanno di non essere particolarmente divertenti e allora ci mettono un po’ di musica. Sono molto a favore di questa pratica, perché è così che si è aperta la porta per me. Sono stato sentito in televisione prima che la radio si prendesse il rischio di trasmettermi».