Tutto è cominciato nel 2012 con una perquisizione negli uffici di Gazprom, poi, lo scorso 22 maggio l’Unione europea ha formalizzato le accuse di abuso di posizione dominante contro il gigante russo del gas. Secondo la France Press, se le accuse dovessero essere provate, Gazprom potrebbe dover subire multe fino al 10 per cento delle vendite totali della compagnia, una somma di circa 93 miliardi di euro. «Il procedimento della Commissione ha creato qualche mal di pancia a Mosca, ma non è giunto inatteso», spiega a Linkiesta Matteo Verda, ricercatore dell’Osservatorio Energia dell’Ispi (Istituto di Politica Internazionale). «Certo, la vicenda di Gazprom dovrebbe far riflettere anche sul fatto che la regolazione del mercato non è un procedimento neutro, è sempre una scelta politica con ricadute politiche».
Avrebbe abusato della propria posizione sul mercato del gas europeo «subordinando le forniture all’assunzione d’impegni di altra natura da parte dei rivenditori all’ingrosso»
La multinazionale guidata dall’amministratore delegato Alexey Miller starebbe abusando della propria posizione dominante nei mercati di otto paesi dell’Europa centrale e orientale. Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia. Secondo Bruxelles, Gazprom sta mettendo in atto una strategia di compartimentazione dei mercati del gas, limitando ad esempio la capacità dei propri clienti di rivendere il gas a livello oltre le proprie frontiere. In sostanza Gazprom starebbe «praticando una politica dei prezzi sleale in alcuni stati membri», si legge in una nota della Commissione Ue. Cioè avrebbe praticato prezzi particolarmente elevati in alcuni mercati attraverso formule di indicizzazione sgradite alla Commissione. Gazprom avrebbe anche abusato della propria posizione sul mercato del gas europeo «subordinando le proprie forniture di gas all’assunzione d’impegni di altra natura da parte dei rivenditori all’ingrosso per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto del gas». Un riferimento alle pressione della Russia su Polonia e Bulgaria ad investire in gasdotti controllati da Gazprom.
Come fa notare la Reuters, il nuovo Commissario Antitrust, la danese Margrethe Vestager, che la settimana precedente ha annunciato un’accusa simile contro Google, ha detto che la compagnia controllata dal Cremlino sta usando la sua posizione dominante per proseguire la strategia dei tempi dell’Unione Sovietica che oggi significa mantenere il gas ad un prezzo maggiorato del 40 per cento. Ovviamente Gazprom la pensa in modo diverso. Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov ha replicato che «Quando l’Unione Europea ha approvato il terzo pacchetto sull’energia, che obbliga a dividere la produzione, il transito, il consumo e la distribuzione agli utenti, ci sono stati tentativi, che continuano anche ora, di estendere questi obblighi in maniera retroattiva anche ai contratti precedenti. Anche Gazprom ha fatto la faccia cattiva ma il governo russo ha detto di sperare in “soluzioni di compromesso” con l’Unione europea. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino ha ribadito che “la Russia e Gazprom difenderanno i loro interessi».
Al netto delle schermaglia di rito, adesso come possono cambiare i rapporti tra l’Unione europea e Gazprom? Per prima cosa bisogna considerare il contesto delle relazioni tra Bruxelles e Mosca. La crisi in Ucraina e le conseguenti sanzioni imposte dall’Europa – ma anche gli interessi spesso in contrasto in politica estera, soprattutto la “guerra fredda” sui paesi dell’Europa orientale dove si scontano le sfere d’influenza di Unione europea e Russia.
«Il rischio che Gazprom tagli il gas all’Europa è più o meno lo stesso che Google smetta di indicizzare siti europei»
Anche la crisi economica greca sembra essere diventata un terreno di scontro. Mentre la Commissione porta avanti difficili trattative con il governo di Atene, il primo ministro Alexis Tsipras ha incontrato il capo di Gazprom Miller. Il Cremlino sarebbe pronto a concedere fino a cinque miliardi di euro alla Grecia in cambio di un patto per estendere la linea del suo gasdotto Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe portare il gas verso l’Europa passando per il Mar Nero. Tuttavia i paesi europei e Gazprom sono legati da una profonda interdipendenza e necessariamente i due giocatori dovranno trovare una nuova formula per stabilizzare un rapporto spinoso ma ineludibile.
Ma allora l’Europa non rischia di rimanere senza il gas russo? «Quanto alle conseguenze per la sicurezza energetica europea – dice Verda – non credo proprio che ce ne saranno. Il rischio che Gazprom tagli il gas all’Europa è più o meno lo stesso che Google smetta di indicizzare siti europei. La reciproca dipendenza tra i Paesi europei e la Russia è la migliore assicurazione che la vicenda si risolverà all’insegna dell’interesse comune».
Secondo il Bruegel, autorevole think-tank con sede a Bruxelles, in termini commerciali Gazprom «potrebbe beneficiare del caso antitrust». Questa nuova frattura tra la Commissione Ue e Gazprom potrebbe rappresentare per il gigante del gas lo stimolo a ristrutturare il suo modello di business così da adattarlo alla nuova versione del mercato del gas del Vecchio continente, «in linea con quanto già fatto da altri fornitori dell’Unione europea come già fatto dalla norvegese Statoil». Gazprom non è più quella di qualche anno fa. Secondo Verda, «il modello economico di è in realtà in continua evoluzione. Negli anni passati la società russa ha già rinegoziato i contratti di lungo periodo coi grandi clienti europei, aprendo a una parziale indicizzazione ai prezzi spot. In generale, il procedimento della Commissione ha accelerato un cambio di strategia di Gazprom. La società russa sta diventando sempre di più un fornitore di gas alle frontiere della Ue e non punta più a un consolidamento delle attività di trasporto e distribuzione sui mercati finali».