La vita in generale , il nuovo romanzo di Tito Faraci edito da Feltrinelli, va letto senza pregiudizi: come una sorpresa continua. Non basta conoscere un po’ della storia dello scrittore per capire, già dalle prime pagine, di che cosa parlerà il libro. E non basta nemmeno affidarsi a un’istintiva consapevolezza del titolo. La vita in generale è, detto banalmente, “molto”: molto di quello che non ci si aspetterebbe, molto di quello che non andreste a cercare tra le pagine di un libro.
È una sorpresa, dicevamo. E lo è a cominciare dalla copertina, disegnata da Paolo Bacilieri. I colori, i contorni, le sagome. La copertina non inizia, né tantomeno finisce con l’uomo e la donna, lui imbronciato e barbuto, lei bionda e disinibita nella sua bellezza, seduti sulla panchina in primo piano. C’è molto altro da vedere, e una prima occhiata non basta.
C’è un aereo che vola alto sui palazzi della città, c’è un uomo, sullo sfondo, che corre insieme a un cane. C’è una foglia che se ne sta da sola, ai piedi della panchina, e che esprime una solitudine unica: gli alberi più vicini sono in fondo, oltre il fiume. Gli stessi protagonisti della copertina sono molto più di quel che sembrano. Di lei si intuisce la bellezza accattivante, la vita sottile, il petto generoso e la giovane età; di lui una certa serietà dell’espressione, vestiti malandati e la rigidità di stare al mondo tipica in chi, dalla vita, è stato deluso. O, a seconda dei punti di vista, temprato.
Dopo la copertina inizia il racconto: il romanzo vero e proprio. E anche quello è una sorpresa. La prima cosa che colpisce è la capacità di Faraci, che deriva da anni ed anni di esperienza come sceneggiatore, di costruire un racconto che funzioni: non in senso puramente narrativo, inizio e fine di una storia. Quanto piuttosto come organizzazione dei tempi e dei personaggi. Ne compaiono diversi, uno dietro l’altro. E il passato si unisce al presente, in qualche passaggio. Ma tutto serve al quadro finale che finisce col diventare un mosaico: i primi capitoli sono i tasselli fondamentali, quelli che danno la forma al racconto. I finali, invece, sono il riempimento: la sostanza definitiva.
La storia è – come spesso accade – solo un pretesto: è andata-e-ritorno del protagonista dal paradiso all’inferno fino a un momentaneo e grigio purgatorio
La storia, che è l’altra grande sorpresa di questo libro, è – come spesso accade – solo un pretesto: è andata-e-ritorno del protagonista dal paradiso all’inferno fino a un momentaneo e grigio purgatorio. Il tema centrale è uno solo, essenziale: la vita. Come va la vita in generale? Su questa domanda, così scontata e talvolta così povera di intenzioni, Faraci costruisce la sua riflessione più importante: spiega quanto poco ci sia nelle risposte delle persone, che si limitano ad un mite “bene”, spesso per gentilezza ed educazione, o una pacatissima scrollata di spalle; e spiega anche quanto i pregiudizi siano sempre in agguato, e quanto la vita la si finisca per apprezzare solo quando si è a rischio di perderla. O, assurdamente, quando la si ha già persa.
La struttura del romanzo è solida e onnipresente. Anche alla fine Faraci non manca di sorprendere, e prendere in contropiede, il lettore con un colpo di scena. È una valutazione precisa, quella che fa lo scrittore: una strategia che alla fine funziona. E ottiene il suo risultato. Ma la caratteristica che più di ogni altra contraddistingue La vita in generale è la costante sovrapposizione di una visione cinica, quasi registica della vita, a una visione più intima e più umana, fatta di paure, ansie, disavventure.
I vari personaggi, al di là del protagonista, simbolicamente soprannominato il Generale, e di Rita, una quasi co-protagonista volendo abbandonarsi per un momento a una classificazione cinematografica delle parti e dei ruoli, sono studiati. Precisi. In particolare Rapetti, che è, a modo suo, l’altra faccia della medaglia rispetto al Generale: vivere con tanto come se fosse poco, appassionarsi e non lasciarlo a vedere; l’importanza finale di provare qualcosa e di ringraziare, addirittura, per essere spaventati.
La vita? «Sembra ai margini. E invece è al centro di tutto»
La vita in generale , quella che intendiamo nella quotidianità di ogni giorno, quella che assurdamente sembra non interessarci, è un miscuglio di tante cose e, soprattutto, di tante emozioni: Tito Faraci riesce a rappresentarla con un’attenzione costante per il filo del racconto e con un umorismo sottile, che ci mostra a sprazzi, come un fanale luminoso, prima una e poi l’altra parte della barricata. La vita? «Sembra ai margini. E invece è al centro di tutto».