A giugno 2014 fare il nome di Rossella Orlandi alla direzione dell’Agenzia delle entrate, era stato lo stesso Matteo Renzi. I giornali la descrivevano come la “pupilla” del premier, toscana come lui e sempre presente alla Leopolda. Poi sono arrivate le lamentele di lei sull’agenzia lasciata morire, e quelle del sottosegretario Enrico Zanetti che ne ha chiesto le dimissioni. Ma al centro dell’astio che va avanti da mesi tra Palazzo Chigi e “lady Fisco”, c’è ancora la questione dei 767 dirigenti azzerati da una sentenza della Corte costituzionale. «Così è la paralisi del Fisco», è la denuncia.
CONCORSO PUBBLICO? NO, GRAZIE Quello che dall’Agenzia si aspettavano era una sanatoria che permettesse di riassorbire una grossa fetta dei dirigenti nominati senza concorso pubblico. Ma la sanatoria non c’è stata, e il malumore è cresciuto. Il governo, dal canto suo, ha imposto all’Agenzia di bandire un concorso pubblico entro la fine del 2016. Ma la Orlandi di concorsi non ne vuole sentir parlare. Anzi, come ha denunciato il sindacato Dirpubblica, che in una lettera a Renzi e Padoan ha chiesto il commissariamento dell’Agenzia, i vertici del Fisco starebbero cercando di resuscitare un vecchio concorso pubblico del 2010 per 175 dirigenti, per titoli e colloqui, già bocciato dal Tar, in modo da salvare il maggior numero dei dirigenti nominati.
Tutto è cominciato quando il 17 marzo 2015 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le nomine di 767 dirigenti dell’Agenzia su 1.100 perché avvenute senza concorso. La questione si trascinava da tempo, ma non si era fatto mai nulla. Dopo la sentenza, quegli stessi dirigenti sono stati retrocessi al ruolo di funzionari, con stipendi ridotti, in alcuni casi addirittura dimezzati. Tanto che molti di loro hanno preferito dare le dimissioni, com’è accaduto in Lombardia.
Come ha denunciato il sindacato Dirpubblica, che in una lettera a Renzi e Padoan ha chiesto il commissariamento dell’Agenzia, i vertici del Fisco starebbero cercando di resuscitare un vecchio concorso pubblico del 2010 per 175 dirigenti, per titoli e colloqui, già bocciato dal Tar, in modo da salvare il maggior numero dei dirigenti nominati
DIRIGENTI IN CAUSA Circa 400, invece, hanno fatto causa per danni sia all’Agenzia delle entrate sia alla Presidenza del consiglio dei ministri. In contemporanea, però, circa 600 dei declassati hanno appoggiato l’Agenzia delle entrate nel ricorso davanti al Consiglio di stato sul bando per l’assunzione di 403 dirigenti per titoli ed esami, da cui poi è nato il ricorso alla Consulta. La richiesta dei dirigenti è o il riconoscimento dello status di dirigente a tempo indeterminato o il risarcimento dei danni a seguito della riduzione degli stipendi. In questo secondo caso, le stime parlano di una cifra intorno ai 60 milioni di euro.
La citazione della Presidenza del consiglio, in particolare, riguarda gli incarichi dei dirigenti, tutti a termine, e tutti rinnovati più volte nel corso degli anni. Circa la metà dei ricorrenti si è rivolta non a caso allo studio legale Mascolo, lo stesso che ha seguito la storia dei precari della scuola, riuscendo a ottenere dalla Corte di giustizia europea il diritto all’assunzione.
GLI ESCAMOTAGE Con un tale sommovimento interno, l’ultima mossa della dell’Agenzia delle entrate è stata quella di nominare, proprio qualche giorno fa, nuove Posizioni organizzative speciali (Pos), che nel gergo della burocrazia sono una figura a metà tra il dirigente vero e proprio e il semplice funzionario. Una mossa che permette di aumentare almeno un po’ gli stipendi dei dirigenti retrocessi. Tant’è che l’intento dell’agenzia sarebbe quello di aumentare ancora le Pos tra il personale. È questo è anche uno dei motivi di scontro con il governo.
A luglio, con un emendamento al decreto enti territoriali, era stata prevista la possibilità di nuove posizioni organizzative (non oltre 380) per coprire le carenze di personale, in attesa del concorso pubblico per soli esami entro la fine del 2016. A settembre, poi, nei decreti fiscali, era circolata di nuovo una norma in cui, per aggirare la sentenza della Consulta, si prevedeva la possibilità di nominare altre 200 nuove posizioni organizzative. Ma a questo punto è arrivato l’altolà di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia.
Il problema, si capisce, è anche politico. Lo scontro con la Orlandi, vicina da sempre a Vincenzo Visco, è cominciato con la famosa norma “salva Berlusconi”, sulla quale l’Agenzia aveva espresso la propria contrarietà, ed è proseguito fino al recente innalzamento dei limiti del contante a 3mila euro. E così la pupilla non è più quella di una volta.
A luglio, nel decreto enti territoriali, era stata prevista la possibilità di nuove posizioni organizzative per coprire le carenze di personale, in attesa del concorso pubblico. A settembre, poi, nei decreti fiscali, era circolata di nuovo una norma in cui si prevedeva la possibilità di nominare altre 200 nuove posizioni organizzative. Ma è arrivato l’altolà di Palazzo Chigi
Il governo ha dato l’aut aut: l’unica via per nominare i dirigenti mancanti resta quella del concorso pubblico. Niente posizioni organizzative extra, niente reggenze temporanee. Ma l’Agenzia dal canto suo sta facendo melina, cercando delle alternative. E del concorso ancora non c’è ancora traccia.
«Gli organi di vertice dell’Agenzia delle entrate», scrivono dal sindacato Dirpubblica, «sono di tutt’altro avviso rispetto alla necessità di procedere all’indizione di un concorso pubblico, nel pieno rispetto della legge e dei principi costituzionali». E aggiungono: «Sin dal momento della sua istituzione, l’Agenzia delle entrate ha provveduto alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti conferendo incarichi dirigenziali in favore di funzionari privi della qualifica dirigenziale, senza provvedere a bandire, in maniera legittima e trasparente, concorsi pubblici». Tanto che già a gennaio 2010, i dirigenti nominati erano 797 su un totale di 1.143.