La domanda che oramai rimbalza tra le prime pagine dei giornali e i talk show è se questo governo intende combattere l’evasione fiscale o preferisce invece fare buon viso a cattivo gioco, sfruttando il “nero” per risollevare i consumi. Prima di entrare nel merito di alcune misure piuttosto controverse, tra cui quella sul contante, è necessario premettere che, a parere di chi scrive, l’alleanza con il “nero” può portare a crescita economica solo nel breve periodo.
«Per la ripresa occorre un più diffuso spirito etico-fiscale … deve essere preminente la convinzione che la legalità debba prevalere in ogni aspetto della vita civile ed economica: non è immaginabile che possa competere, su un piano di parità, un’Italia oppressa da una intollerabile evasione fiscale». Mi perdonerà il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, se inizio questo post con una citazione dal suo intervento alla Giornata nazionale del Risparmio del 28 ottobre scorso. Ma la Giornata del Risparmio per quel che rimane dell’Italia borghese è un po’ come il raduno degli Alpini per la gente di montagna. E il momento in cui, sotto il peso di una sovrabbondante retorica, si ritrova il desiderio genuino di non perdere la memoria di un mondo che sta scomparendo ma che si percepisce essere stato di principi più sani e robusti dell’attuale.
In relazione a mercati e operatori finanziari, che dovrebbero teoricamente ispirarsi esclusivamente alla logica del profitto, si torna a parlare del valore del risparmio, si esalta il ruolo della “morale” e della “etica” negli affari. Gozzano, con affetto, le avrebbe potute definire le buone cose di pessimo gusto. Buone cose di pessimo gusto che cadono nel bel mezzo di una polemica al calor bianco sul tetto all’uso del contante e sulle critiche mosse dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, autorevole esponente del governo e della maggioranza, al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi.
Tra le misure positive contro l’evasione fiscale ci sono l’introduzione del reato di auto-riciclaggio e gli accordi con Svizzera e altri paradisi fiscali europei. Tra quelle negative, la misura sul contante, la polemica sui controlli “fisici” e gli scontrini e, soprattutto, la mancanza di iniziativa in Europa sul fronte dell’elusione fiscale delle grandi corporation
Per rispondere compiutamente alla domanda circa le intenzioni del Governo nei confronti della lotta all’evasione, bisognerebbe analizzare nel dettaglio tutte le misure che il Governo ha messo in campo, cosa che va ben al di là dello scopo di questo articolo. Volendo fare una rapidissima carrellata, tra quelle “positive”, a parere di chi scrive, ci sono l’introduzione del reato di auto-riciclaggio e gli accordi di scambio automatico di informazioni con Svizzera e altri paradisi fiscali europei, di cui la voluntary disclosure è una forma di magnanima premessa. Tra quelle “negative”, la misura sul contante, la polemica sui controlli “fisici” e gli scontrini (che saranno resi facoltativi dal 2017, ndr) e, soprattutto, la mancanza di iniziativa in Europa sul fronte dell’elusione fiscale delle grandi corporation. Più controverse invece le nuove forme di versamento dell’Iva (split-payment, reverse charge) che, accoppiate con i ritardi nei pagamenti della Pa, sono state in taluni casi considerate più delle forme di prestito forzoso alla Pa che non forme di contrasto all’evasione.
Scontrini, meglio i blitz a Cortina
Partiamo quindi dalla mossa più controversa, quella sull’innalzamento del tetto all’uso del contante da 1.000 a 3.000 euro. Il premier e il ministro Padoan hanno ragione nel dire che non ha una valenza pratica nei confronti della grande evasione. Ma l’evasione fiscale in Italia non è solo quella dei “grandi”. È un malcostume diffuso, rispetto al quale sarebbe necessario un periodo di “tolleranza zero”. Proprio come il decoro urbano e l’eliminazione della micro-criminalità sono essenziali nella lotta alla grande criminalità, così la lotta alla micro-evasione è fondamentale per vincere la battaglia alla grande evasione. Soprattutto, in un Paese fiscalmente degradato, come l’Italia.
L’evasione fiscale in Italia non è solo quella dei “grandi”. È un malcostume diffuso, rispetto al quale sarebbe necessario un periodo di “tolleranza zero”. Come fece il governo Monti con i blitz a Cortina
Per chi percepisce redditi in nero non è poi così indifferente ampliare l’universo di beni di consumo e durevoli che possono essere acquistati cash. Sopra i 3.000 euro, si trovano solo automobili, motociclette e alcuni pezzi di arredamento. Tra l’altro, il messaggio sul contante si unisce all’altro sugli scontrini e sui controlli di polizia sul territorio. Forse, non sono la persona più titolata ad interpretare la “pancia” degli italiani – ricordo ancora Nonna Speranza e la sua amica Carlotta! – ma trovai assolutamente appropriata la decisione del governo Monti di mandare i finanzieri a controllare nei bar e ristoranti di Cortina. Nel momento in cui il Paese si trovava nella fase più acuta della crisi, bisognava mandare un messaggio forte e chiaro che la lotta all’evasione era una cosa seria perché i sacrifici dovevano farli tutti. Le cose rispetto a tre anni fa sono migliorate, ma non tanto da consentire, a mio parere, di abbassare la guardia.
D’altro canto, sarebbe bello se la tecnologia consentisse di abolire lo scontrino e la fattura cartacea. Ma questo è possibile solo nelle transazioni senza contante. Se la transazione è invece in contanti e se lo scontrino non viene emesso, al di là del problema della non identificazione dell’acquirente, si fa fatica a capire come si faccia ad evitare l’evasione dell’Iva (e successivamente dei redditi) da parte del venditore. Anche gli algoritmi di “Serpico” – il super computer delle Agenzie delle Entrate, oramai in funzione da parecchi anni e a cui nel 2012 il governo Monti ha consentito l’accesso ai conti correnti bancari – hanno bisogno di dati da elaborare se l’obiettivo è scovare evasori.
Se la transazione è in contanti e se lo scontrino non viene emesso, si fa fatica a capire come si faccia ad evitare l’evasione dell’Iva (e successivamente dei redditi) da parte del venditore. E viene a mancare la funzione sociale disciplinante dei clienti-cittadini
Ma c’è di più. Se passa l’idea che nessuno controlla sul territorio l’emissione dello scontrino, viene a mancare la funzione sociale disciplinante dei clienti-cittadini. Parecchi anni fa fu introdotta la norma che anche il cliente sarebbe stato multato all’uscita dal negozio se non fosse stato in grado di esibire il titolo di acquisto. Mi ricordo che noi consumatori, con quella “scusa”, finalmente trovammo il coraggio di pretendere dal negoziante lo scontrino senza apparire degli integralisti rompiscatole. Oggi una misura così sarebbe entrata di diritto nella nuova frontiera della public policy, quella delle “nudge unit”, dove si attinge ai risultati sperimentali della behavioural economics e della psicologia per indurre i cittadini a comportarsi in maniera più corretta e conforme con la normativa.
Elusione delle multinazionali, troppa timidezza
Meno mediatico del contante ma molto più importante in termini di recupero di risorse è invece tutto il tema che riguarda l’elusione fiscale da parte delle multinazionali. La web tax, cioè la tassa rivolta ai giganti del web che hanno sede in Irlanda o in Lussemburgo ma che pagano tasse ridicole in Italia rispetto al fatturato che realizzano, era già prevista dal governo Letta. Uno dei primi atti di Renzi fu quello di cancellarla. Nel frattempo, l’Inghilterra l’ha introdotta. Il premier ne ha riparlato poche settimane fa, tuonando contro l’inazione dell’Europa e tenendo aperto il freezer il tempo necessario per ottenere qualche titolone sui giornali. Ovviamente, non è solo un problema dell’Italia. Gli Stati Uniti sono in prima linea per combattere il fenomeno e l’Ocse ha da poco terminato il lavoro preparatorio commissionato dal G20 per trovare soluzioni concrete. Ma un Premier energico come Renzi, sfruttando bene il Semestre di Presidenza Ue, avrebbe potuto fare tantissimo per porre questo tema al centro dell’agenda europea.
L’Europa non può tirarsi indietro rispetto ad un progetto di tassazione del reddito delle persone giuridiche che sia uniforme in tutti i Paesi membri dell’Unione
Fortunatamente, ci sarebbe ancora tempo e spazio per portare avanti questa battaglia. Il prof. Mario Monti è attualmente a capo di un gruppo di lavoro inter-istituzionale per la riforma del bilancio dell’Unione Europea. L’Europa, che ha già realizzato progetti complessi come l’euro e la Banking Union, non può tirarsi indietro rispetto ad un progetto di tassazione del reddito delle persone giuridiche che sia uniforme in tutti i Paesi membri dell’Unione. Il capitale è il fattore produttivo più mobile che esista. Se c’è una tassa per cui è ottimale stabilire un criterio omogeneo a livello europeo, questa è la corporate tax. Sarebbe importante che l’Italia facesse squadra per difendere gli interessi comuni. Come ha detto il Presidente Sergio Mattarella, «non sempre è facile, ma è possibile».