“Mi sono guadagnata la fiducia di Begjet Pacolli violando la sua proprietà e imbucandomi al suo matrimonio”. Candida Morvillo era una fanciullissima giornalista precaria di Oggi, quando si presentò al matrimonio di Anna Oxa e del magnate albanese, habitué del Cremlino. Fuori, i suoi colleghi (alcuni, in tuta mimetica, si calarono dagli elicotteri) cercavano di rubare scatti arrampicandosi sugli alberi. Lei si presentò all’ingresso, vestita da cerimonia: la scambiarono per un’invitata. Nessuno si accorse che, nei pantaloni, nascondeva una macchina fotografica. Sylvia Plath diceva che chi ha il dono della nonchalance può fare le cose più turpi, pubblicamente, senza che nessuno se ne accorga. Il talento di Candida è il talento del giornalismo: la presenza invisibile.
Quel colpo al matrimonio della Oxa le valse l’assunzione. Da lì, per aspera ad astra. A 34 anni diventa direttrice di Novella2000, poi condirettrice di Visto. Ha pubblicato tre libri, uno con Bruno Vespa. Ha condotto programmi tv e la tv la adora, ma lei mantiene la giusta distanza. La sua rubrica sul Corriere.it si chiama “Per niente Candida”. Tiene una posta del cuore (su IoDonna) e questo fa di lei una signora del giornalismo. Più che vendere segreti, il suo lavoro è vendere sogni, dice.
Che sogno vuole comprare, adesso, il pubblico?
La scorciatoia. Donald Trump scala le primarie repubblicane perché molti s’identificano in lui: è uno di loro, ma in più ha fatto i soldi e ha ottenuto il potere. È il paradigma del Diario Minimo di Umberto Eco, che individuava nel successo di Mike Bongiorno la sua capacità di sembrare intelligente quanto il suo pubblico, pur essendolo molto di più. I personaggi che gestiscono la loro immagine in questo modo sono perfettamente consapevoli di come tutti vogliano immedesimarsi in un vincente rintracciando in lui qualcosa della propria mediocrità.
Non vedo sogni, solo squallida realtà.
La rappresentazione di sé tende a essere vissuta come reale perché la facciamo tutti: è diventata un’arte, parte dalla realtà e la tocca tangenzialmente. Un personaggio che cerca di costruirsi un’immagine vende comunque una proiezione, un sogno.
Prendiamo Belen: ha scritto che è vera in senso contemporaneo. Cioè?
Belen è partita dal niente, da una famiglia modesta, ma è riuscita a imporsi con grande disciplina. Comunica la sua gigantesca voglia di arrivare: in questo è autentica. La sua autenticità risalta però in un’immagine assolutamente costruita.
Esistono ancora persone che si lasciano toccare dall’autenticità?
Dalla verità. Vediamo moltissimo del privato dei personaggi celebri: sono loro stessi a mostrarcelo sui social network, ma a nessuno sfugge che si tratta solo di una rappresentazione. E non sfugge a nessuno perché quel meccanismo di rappresentazione lo sperimentiamo tutti, così come sperimentiamo la distonia tra la nostra immagine mondana e ciò che abita dentro di noi. È questo che ci rende più disponibili, paradossalmente, a voler vedere oltre. Ciò che continua a essere interessante è la verità che resiste dentro le persone.
E quella verità si tira fuori facendola diventare una notizia?
È un’estorsione. Il momento in cui un personaggio sta per raccontarti qualcosa che non sa di voler dire: bisogna avere l’intuito di intromettercisi. A quel punto quello che tiri fuori vale molto di più della notizia di cui andavi a caccia.
Andò così con Cecchi Paone?
Quando mi rilasciò la dichiarazione del suo coming out, era ancora solo un autorevolissimo divulgatore scientifico e non un personaggio dello spettacolo. Era candidato con Forza Italia alle europee: il partito non era considerato affatto gay friendly. Nel guardie & ladri che si instaura tra un personaggio pubblico e il giornalista che lo intervista, è sempre sottesa una fiducia. Cecchi Paone mi fece capire che era pronto per quel passo ed io osai la domanda. Quando andai a intervistarlo non credo che avesse intenzione di fare coming out: fu una cosa che nacque durante la conversazione.
«Il voyeurismo di oggi non è nemmeno quello a caccia della sensualità, ma è l’occhio che spia dal buco della serratura nella vita quotidiana degli altri, per appropriarsene»
Perché vogliamo vedere i vip in mutande all’Isola dei famosi, ridotti come bestie?
Si tratta del solito meccanismo dell’immedesimazione, però al contrario: la persona comune vuole essere come una star, quindi seleziona e ritocca con enorme cura le foto di sé che pubblica, ma pretende di vedere la celebrity struccata, sudata, disperata, perché così ha una conferma del fatto che il vip non è così pazzesco e lui non è così male: è un gioco al ribasso.E i politici, dai quali e sui quali pretendiamo la massima trasparenza?
La politica non è mai stata eccellente, anche se abbiamo avuti statisti di enorme caratura. Però il paese funziona peggio e vive una crisi talmente vasta che tutti siamo disposti a perdonare meno. Quando le cose funzionavano e ci arricchivamo accumulando debito pubblico, eravamo tutti più disposti a chiudere un occhio: banale egoismo sociale.Esiste ancora l’irraggiungibilità?
Poter simulare il benessere (non solo economico), ci fa credere di avere accesso a tutto. Grace Kelly era irraggiungibile perché era un mostro di talento e stava in quel talento la ragione per cui aveva potuto sposare il principe di Monaco. Oggi ti rifai le tette e con un po’ di fortuna e pelo sullo stomaco esordisci in un reality show.Senza arrivare ai reality, la gloria possiamo sperimentarla anche a casa, sul nostro computer.
Misuriamo il nostro valore attraverso l’apprezzamento, come fanno i politici e i vip, ai quali abbiamo sempre invidiato l’amore della collettività.Che ne pensa dei voyeur?
Mi annoiano terribilmente. Non li capisco e li trovo anacronistici. E poi il voyeurismo di oggi non è nemmeno quello a caccia della sensualità, ma è l’occhio che spia dal buco della serratura nella vita quotidiana degli altri, per appropriarsene. Spiare gli altri ci deconcentra da noi stessi. Il voyeurismo da reality show e da social network guarda verso il basso, ci rimpicciolisce: io vorrei che fossimo tutti voyeur guardando verso la luna e le stelle.Le bugie e il tradimento alimentano la passione?
Non esistono più le coppie di una volta: ognuna risponde a un patto diverso e, purché sia chiaro per chi lo stipula, può anche prevedere il tradimento. Credo però che nel vero amore, quello che è comunione di due persone, il patto di fedeltà sia costitutivo. Il problema è che oggi non siamo più abituati a parlare in termini di amore e intimità. All’intimità abbiamo preferito l’esibizionismo, illudendoci che mettere tutto in piazza ci avvicinasse agli altri e dimenticandoci che quello che sbandieriamo non è autentico. La perdita della capacità di costruire un’intimità con chi amiamo è forse il più grande tema contemporaneo.Come andò a finire, poi, al matrimonio di Anna Oxa?
Scattai le foto, ma alcune guardie del corpo mi beccarono. Mi sequestrarono. Quando arrivarono i carabinieri, loro volevano denunciarmi per violazione della proprietà privata ed io per sequestro di persona: non se ne fece niente e tornai a casa incolume e incensurata. Paolo Occhipinti, che allora dirigeva Oggi, mi assunse. Begjet Pacolli volle poi me quando si trattò di raccontare del suo divorzio dalla Oxa: mi ero guadagnata la sua fiducia, il suo rispetto. Avevo giocato bene a Guardie & Ladri e avevo vinto.