Se lo spettro della Brexit è l’ultima tegola per uno dei principali mercati azionari del mondo, quello di Londra, analisti e investori della City sono convinti che, ancor di più in futuro, il segmento tra i più attivi della London Stock Exchange è destinato ad essere quello dell’Aim.
Nonostante il 2015 sia stato l’anno con le più basse quotazioni dal 2009, con sole 39 Ipo (nel 2014 erano 85) – come segnalano i dati della società di consulenza UHY Hacker Young – il 2016 si è aperto con segnali incoraggianti: fondi specializzati come Woodford Equity sono tornati ad esporsi sul biotech e l’healtcare. Downing Street dovrebbe apprestarsi a varare misure in appoggio dell’industria oil&gas del Mar del Nord (uno dei principali settori quotato su Aim) oggi in forte difficoltà a causa del crollo del prezzo del barile.
Il segreto del successo dell’Aim nel Regno Unito affonda le proprie radici già in tempi lontani. Una tradizione di analisi economica e conseguente capacità di assumere determinate scelte politiche orientate a fornire stimoli per il capitale
Secondo Sridhar Arcot, Julia Black e Geoffrey Owen, ricercatori della London School of Economics, il segreto del successo dell’Aim nel Regno Unito affonda le proprie radici già in tempi lontani. Una tradizione di analisi economica e conseguente capacità di assumere determinate scelte politiche orientate a fornire stimoli per il capitale. Basterebbe questo a spiegare le differenze con altri mercati, come, ad esempio, quello italiano che, seppur strutturato sui criteri della borsa di Londra, presenta caratteristiche ancora differenti. Un lungo dibattito, quello inglese. Cominciato già nel 1931, a seguito della pubblicazione del rapporto Macmillan.
Il rapporto Macmillan è ancor oggi una preziosa fonte di informazioni per leggere anche le attuali dinamiche della crisi del capitale e del finanziamento delle imprese. Allora, come oggi, si trattava di evidenziare le difficoltà delle piccole e medie imprese nella raccolta del finanziamento a medio-lungo termine (il cosiddetto Macmillan gap), così da dimostrare l’importanza delle stesse Pmi nello sviluppare reddito e occupazione. Il paper indicava anche una soluzione concreta: istituire un ente con meccanismi di raccolta di fondi a lungo termine anche per somme modeste, intorno alle 200.000 sterline, non collocabili attraverso i canali ordinari delle issuing houses.
Ed è sempre su impulso di un altro documento voluto dal governo laburista inglese, il rapporto Wilson, che, verso la metà degli anni 80 ha dato vita al mercato che può essere considerato come il progenitore dell’Aim, l’ Unlisted Securities Market (Usm). Per i ricercatori della Lse due sono i fattori che trainano lo sviluppo del mercato Aim sulla borsa di Londra. Il primo riguarda il fatto che, a differenza di altre borse del capitalismo globale come quella di Wall Street, il segmento alternativo dedicato alle Pmi non si è mai focalizzato esclusivamente ambiti specifici, come ad esempio l’high-thech (vedi il Nasdaq o altri indici). C’è stato un periodo, soprattutto nella seconda metà degli anni novanta dove l’Aim britannico ha assecondato le varie bolle, da quella del dot.com ad altre legate all’innovazione digitale, ma poi ha saputo ‘disancorarsi’ e puntare su altri mercati e produzioni. Difatti, ancora oggi, tra i settori di attività, quelli legati alle nuove tecnologie rappresentano solo il 10 per cento del totale.
C’è stato un periodo, soprattutto nella seconda metà degli anni novanta dove l’Aim britannico ha assecondato le varie bolle, da quella del dot.com ad altre legate all’innovazione digitale, ma poi ha saputo ‘disancorarsi’ e puntare su altri mercati e produzioni
Dentro le quotazioni Aim della City si trova un pò di tutto: dalle società di retail alimentare a quelle dell’industria pesante della difesa. Per Arcot, Black e Owen, poi, l’altro fattore determinante è l’alta internazionalizzazione del mercato alternativo dei capitali. Il Commonwealth ha certamente aiutato l’attrattività del mercato Aim. Canada, Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda hanno scommesso parecchio sulle quotazioni, in particolare sulle commodities e sulla chimica.
Anche le società cinesi sono state spinte negli anni ad entrare sull’Aim: negli ultimi anni circa 80 società del paese asiatico hanno, infatti, deciso di quotarsi. Non sempre le cose, però, sono andate per il meglio. Ancora lo scorso settembre, le autorità di borsa inglesi sono state costrette ad intervenire per rafforzare il quadro di controlli sui requisiti finanziari di queste società per verificarne la solidità. Le risultanze non sono state confortanti.
Quello della credibilità è certamente un altro tassello essenziale per il successo dei mercati alternativi non regolamentati, a Londra come a Milano.