Manager e politici imparino il valore della semplicità

Dietro il linguaggio difficile da comprendere c’è una forma di tutela e di “possesso” del sapere, insieme alla contemporanea difesa di status, come se quei tecnici, e solo loro, fossero i portatori unici e esclusivi di quel sapere, protetto dalle mura della artificiosità espressiva

Jack Welch, storico Ceo di General Electric e considerato uno dei più capaci manager di tutti i tempi, osservò che una della capacità chiave di un vero leader e manager capace consiste nell’esporre concetti e questioni anche di notevole complessità con grande semplicità.

La semplicità, quantomeno espressiva, spesso anche riflesso di una naturale inclinazione che si manifesta in molteplici aspetti del comportamento, è qualcosa che si può comunque apprendere.

La semplicità ha in sé tre incontrovertibili vantaggi: garantisce autorevolezza, genera adesione e facilita l’ascolto. La semplicità ha la forza di rendere universale il messaggio. In una parola: avvicina.

Spesso nel leggere e tradurre Seneca l’esercizio più difficile non è comprenderne il contenuto, ma trasporre nella propria lingua, con altrettanta linearità concettuale, le stesse idee.

Del pari, nel leggere Dante ogni parafrasi rischia di svalorizzarlo: troppa potenza in pochissime parole per azzardarsi a riproporre il loro contenuto concettuale. “ Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salire per l’altrui scale”. I versi sono del canto XVII del Paradiso, dove campeggia il trisavolo Cacciaguida che profetizza l’esilio del Poeta, l’abbandono di Firenze per colpa della Curia papale romana, il dolore di dover accettare il pane altrui (quel pane salato estraneo alla tradizione toscana) e di mettersi al servizio di più Signori. In questa terzina di grande intensità viene dipinta l’angoscia esistenziale di ogni espatriato, di chi deve abbandonare la propria terra, la propria casa e gli affetti, per andare verso luoghi sconosciuti e gente straniera, forse anche giustamente impaurita a sua volta, diffidente e ostile. Il messaggio del Poeta, grazie soprattutto alla sua insuperabile semplicità, in questo senso, è universale, potente e supera il tempo.

Lo stesso vale per un qualsiasi saggio di Bobbio: chi ne studiava all’università i testi di filosofia del diritto, non può non riconoscere la disarmante semplicità espressiva. Impossibile non apprezzarne il grandissimo valore non solo in termini di contenuti ma di modulo comunicativo, soprattutto dovendoli poi riproporre con altrettanta esaustiva semplicità.

E’ incredibile come quasi tutti i grandi della letteratura consegnati all’immortalità abbiano in comune una grande semplicità. La semplicità non lascia altro da aggiungere. Appaga, facilita, coinvolge. Questo dovrebbe peraltro essere banalmente anche il fine della comunicazione di un manager. Eppure, nel quotidiano, assistiamo a modalità completamente opposte. La semplicità è rifiutata, da più parti.

La semplicità non lascia altro da aggiungere. Appaga, facilita, coinvolge. Questo dovrebbe peraltro essere banalmente anche il fine della comunicazione di un manager.

La rifiutano i “tecnici”: medici, avvocati, professori, informatici, commercialisti, consulenti e così via. Dietro il linguaggio difficile da comprendere c’è una forma di tutela e di “possesso” del sapere, insieme alla contemporanea difesa di status, come se quei tecnici, e solo loro, fossero i portatori unici e esclusivi di quel sapere, protetto dalle mura della artificiosità espressiva.

La rifiutano i politici, nel senso che confondono la semplicità con la banalità o la banalizzazione, anticamera del populismo e della demagogia. I politici spesso non hanno per nulla contenuti e quindi non potrebbero neppure essere semplici. Aspetto anche questo da non sottovalutare: la semplicità è solo di chi ha contenuto e vuole condividerlo.

In ultimo, la semplicità è rifiutata da noi: contrasta con il dire molto, con l’affermazione del sé, con l’esigenza di mettersi in evidenza, dimentichi del fatto che ci deve pur essere una ragione se abbiamo due orecchie e una bocca sola.

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