Letteratura d’infanzia, maschi tostissimi e stereotipi di genere

Se le protagoniste femmine di libri per l’infanzia, bambine o adulte, si discostano dal solito modello di paurose, educate, servizievoli, dedite alla cura della casa e degli altri, lo stesso non accade per i maschi. Ma qualche eccezione c'è

Quest’immagine non vi sembra molto strana, no? In principio neanche a me.

C’è una famiglia: mamma che cucina, papà che aspetta il pranzo seduto a tavola, figlio che lo segue e figlia che apparecchia. Tutto nella norma insomma.

A volte, però, il problema è proprio la norma e non ce ne rendiamo quasi conto, perché facciamo molta più fatica a smascherare – anche solo a sospettare – che dietro a quel che reputiamo “normale” o “consueto” si nasconda una narrazione tendenziosa (e, tutto sommato, nemmeno troppo aderente al reale).

Lo scorso giugno, il sindaco di Venezia Brugnaro, è cosa tristemente nota, si è scagliato contro la supposta teoria del gender, mettendo al bando una serie di libri per l’infanzia con lo scopo di difendere i nostri bambini da racconti destabilizzanti. Ma ha mirato all’obiettivo sbagliato, perché quello da cui i bambini andrebbero veramente difesi è altro, è proprio lo “stabilizzato”.

Chi l’ha detto che sia sempre la mamma a dover spignattare, la figlia a dover apparecchiare e papà e bambino a rimanere seduti a tavola in attesa? Dite che in effetti è quel che succede nella nostra realtà di ogni giorno? La risposta è: dipende. Al momento sto guardando il mio ragazzo che affetta asparagi con il grembiule, mentre io mi dedico, diciamo così, al lavoro intellettuale. Non credo che alcun bambino si scandalizzerebbe di fronte a una scena del genere, che anzi, verosimilmente vive spesso. Eppure è molto più facile che nei suoi libri il piccolo trovi piuttosto un’immagine come quella riportata all’inizio: questa è la norma, lo stabilizzato. Ed è questo che spesso deve essere rifiutato, laddove nella norma si annida lo stereotipo di genere, che una volta inculcato è difficile persino da riconoscere, figuriamoci da combattere.

Ma, mi chiedo, è possibile che un personaggio-papà che fa la spesa non esista, se non vedovo o divorziato? Possibile che un personaggio-bambino non possa desiderare di imparare a fare una torta senza sentirsi dire che quantomeno è strano?

Benissimo la mamma che cucina, benissimo il papà che legge il giornale. Benissimo la bambina che gioca con le bambole, benissimo il bambino che costruisce la fortezza dei cavalieri con i Lego. Non ho intenzione di dire che l’attribuzione di queste quattro attività sia sessista di per sé. Né che nei libri per bambini tutte le mamme debbano lavorare al Gasauto.

Ma, mi chiedo, è possibile che un personaggio-papà che fa la spesa non esista, se non vedovo o divorziato? Possibile che un personaggio-bambino non possa desiderare di imparare a fare una torta senza sentirsi dire che quantomeno è strano? E non a caso ho citato la metà maschile, perché – magari vi sembrerà buffo – è prigioniera degli stereotipi tanto quanto quella femminile, ma se ne parla molto meno.

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