Oscar Fantastica: il nuovo corso di Game of Thrones, di carta

Si tratta di un progetto editoriale che riporta, almeno idealmente, il colosso a lavorare come un piccolo editore, fatto che da Mondadori non ti aspetti: con Oscar Fantastica si torna a mettere in prima linea il patto di fiducia tacito tra editore e lettore

La sesta stagione di Game of Thrones è appena iniziata e le riflessioni sul jumbo jet delle serie tv si sprecano. Qui di seguito non troverete alcun tipo di spoiler. Vista l’occasione, ci tocca forse anche scomodare il nostro motto e dunque ammettere che, per una volta, i libri sono importanti. Insomma, che mondo sarebbe se George R.R. Martin non avesse scritto la saga della sua vita e non l’avesse data in pasto alla HBO?

Non è banale e nemmeno ingenuo gioire interiormente nel constatare che all’origine di un gigante che muove record come fossero palline da prestigiatore c’è un’impresa narrativa, che riscatta in un certo senso i milioni di libri scritti dal Signor Nessuno e dimenticati o del tutto ignorati, che rimango comunque complici importantissimi del vivifico funzionamento della macchina del raccontare storie e che, si fermasse questa, cascherebbe il mondo. Non Westeros e nemmeno il mondo oltre la Barriera, no, no, quello reale.

Per sapere le ultime sull’universo Martin siamo dunque andati dritti alla fonte del mercato italiano, in Mondadori, la quale ha da poco dato i natali a una nuova collana: Oscar Fantastica. Si tratta di un progetto editoriale che riporta, almeno idealmente, il colosso a lavorare come un piccolo editore, fatto che da Mondadori non ti aspetti: con Oscar Fantastica si torna a mettere in prima linea il patto di fiducia tacito tra editore e lettore, ponendosi in ottica di dialogo con i gusti di un pubblico esigente e liquido, difficilmente statico, come è quello dedito al fantasy, che di fatto si trova spesso a cavallo tra vari generi e che, a differenza di altri ambiti, annovera al suo interno non solo lettori, ma anche frequentatori di convention, gamers, fan di film e serie, e stiamo solo arginando il fenomeno. La collana che si propone di trattare l’ambito letterario fantastico nel modo più organico possibile, riducendo al minimo la dispersione, non pubblicherà ovviamente solo Martin (Shadow Hunters e gli inediti Batman Arkham Night – La mossa dell’enigmista e Omega days sono alcuni dei titoli già contemplati), il quale però finalmente non esisterà più in quegli Oscar dall’orrida copertina con vichinghi, crociati ed elmi d’antan.

Di fatto con Oscar Fantastica Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco usciranno da una nicchia di pubblicazione in cui erano relegate a causa di un immaginario ormai del tutto lontano dalla contemporaneità, mentre godranno di un progetto grafico che è la punta di diamante della novità. Grazie alla realizzazione di set fotografici inediti e di alta qualità lo smalto esterno all’opera può dirsi riabilitato. Per ora la novella veste del capolavoro dei nostri tempi ha convinto tutti, sebbene non abbia nemmeno fallito nel fare storcere il naso ai soliti puristi, che la hanno vista – secondo il mio parere personale, assai forzatamente – troppo legata a un’iconografia dipendente dalla resa televisiva. Più interessante la seconda loro obiezione: perché non chiamare la saga con il suo (poeticissimo, bisogna dirlo) nome, invece di relegarla sotto l’egida del televisivo, questa volta sì, Game of Thrones? È il business, bellezza, ci si è sentiti rispondere, ed è anche la speranza concreta e commerciale (e legittima) di attrarre i fan della serie verso la pietra filosofale che ha reso la loro adorazione possibile, verso la fonte di eterno godimento, verso i libri insomma.

Al meeting Mondadori anche una presenza illustre: Sergio Altieri, storico traduttore di George R.R. Martin, che si è subito un pomeriggio in cui lo si è trattato quanto un novello, ma assai più virile, Varys quasi custodisse i segreti di tutti gli uccellini-spie disseminati nell’entourage di zio George. Sebbene vani siano stati i tentativi messi in atto per estorcergli qualsivoglia indiscrezione su The Winds of Winter et similia, la sua discretissima presenza è risultata un valore aggiunto e per la presentazione della collana e dato il periodo super caldo da febbre di countdown alla prossima puntata. In realtà poi un maxi spoiler ci sarebbe anche, sebbene egli stesso non voglia darvi troppa importanza ben conoscendo la mutevolezza del nostro mitologico scrittore. Dirò solo la data (vicinissima!): gennaio 2017 (!).

Durante la molteplice attesa e mentre navighiamo l’internet alla ricerca di conferme e di teorie e di riletture nostalgiche, non resta che gustarsi la sesta serie tenendo in sospeso gli appetiti letterari. Nemmeno questo però, nel mondo parallelo dei martiniani doc pare poter essere dato per scontato: ho infatti appreso, incredula, che tantissimi sono i fan che hanno rinunciato a godersi il riadattamento televisivo delusi, a questo punto a livello personale, delle troppe variazioni sul tema. Tanti altri ancora la guardano sì, ma toccando inaudite frontiere del guilty pleasure.

E io, che da semplice amante dei libri, mi sentivo una patita, devo ricredermi sui miei livelli di ammirazione poiché ho sempre pensato che la grandezza della serie risiedesse nella dignitosa autonomia assunta nei confronti dei volumi. Non solo, mi ritrovo a fremere per questa stagione soprattutto perché sarà uno dei rarissimi esempi – forse l’unico? – in cuisarà lo schermo ad anticipare il libro, dettando il passo a un mondo di stimolantissime sperimentazioni.

Se non altro, noi nerd ma non nerdissimi potremo esclamare legittimamente: “Era meglio la serie!”. Vi pare poco?!

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