L’innovazione spiegata ai politici

Ai politici spetta garantire i fattori chiave necessari per l’innovazione, che non sono solo cultura, leadership e fiducia, conoscenze e competenze, ma che comprendono organizzazione e risorse, capacità cooperativa, trasparenza, impegno e partecipazione. Per questo l’innovazione va loro spiegata

Perché bisogna spiegare l’innovazione ai politici? Perché di innovazione si parla oggi molto (troppo), ma per gli innovatori la vita è sempre più dura, soprattutto in Italia. Perché ci sono concetti, come la Open innovation, che sono di moda ma non tutti ne conoscono il significato e le conseguenze. Perché oggi l’innovazione si sviluppa soprattutto nelle aree urbane, quelle a maggiore presenza di decisori politici, e perché sta cambiando la geografia del lavoro, come dimostra – numeri alla mano – Enrico Moretti nel suo bellissimo libro La nuova geografia del lavoro. Perché a tutti piace pensare che l’innovazione porti sviluppo, ma ci sono condizioni essenziali da garantire, senza le quali l’innovazione non fiorisce.

Troppo spesso quando si parla di innovazione nell’ambiente politico si chiama qualche bravo scienziato a dare bella figura di sé invece che parlare degli strumenti e delle condizioni perché la società nel suo insieme diventi innovativa, capace di produrre, percepire e accettare l’innovazione.

Già parecchi anni fa Richard Florida aveva spiegato come l’innovazione sia un processo che si reitera e si allarga se trova un terreno fertile, individuando tre elementi fondamentali da mettere insieme: Talenti, Tecnologia e Tolleranza. Quindi intelligenze e creatività, capacità tecnico-scientifiche (si badi bene, contano molto le capacità tecniche, non basta la scienza) e accettazione delle differenze, meglio ancora se diventa curiosità per ciò che è diverso.

Alle tre T di Florida suggerisco di aggiungerne una che evidentemente lui dava per scontata, ma che in Italia invece va totalmente costruita: la T di Trust, la fiducia. Quella fiducia della pacca sulla spalla con cui bisogna accompagnare chi accoglie la sfida dell’innovazione e si mette in gioco in prima persona, in un sistema difficile come il nostro in cui passare per esempio da ricercatore ad imprenditore è un salto nel vuoto irreversibile.

Innovare vuol dire organizzazione e risorse, capacità cooperativa e creativa, trasparenza e comunicazione, impegno e partecipazione

Quella fiducia nei visionari che la mediocrazia italiota relega al di fuori dei confini della polis cercando di spacciarci la formula magica del piccolo è bello “coltivati il tuo orticello e non pensare grande”.

Quella fiducia nei più giovani che è mancata dal dopoguerra e si è acutizzata nelle ultime due generazioni che si sono mangiate il futuro dei loro figli e oggi fanno finta di volerli aiutare chiamandoli a fare politica invece che ad assumersi delle responsabilità.

L’innovazione va spiegata ai politici perché come sostiene Mariana Mazzucato l’innovazione di fatto la fa lo Stato, e lo Stato e tutte le sue articolazioni sono in mano ai rappresentanti dei cittadini che per loro conto (magari!) fanno politica…

A loro spetta garantire i fattori chiave necessari per l’innovazione, che non sono solo cultura, leadership e fiducia, conoscenze e competenze, ma che comprendono organizzazione e risorse, capacità cooperativa e creativa, trasparenza e comunicazione, impegno e partecipazione.

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