A Steve Jobs è attribuita la frase: «Non ha senso assumere persone brillanti e poi dire loro cosa devono fare. Noi assumiamo persone brillanti così ci dicono loro cosa fare». Questa intuizione si rivela geniale nella sua apparente ingenuità. Scolpisce anzi un paradigma fondamentale nell’evoluzione attuale del mondo del lavoro.
Nel lavoro del terzo millennio si sta creando una divaricazione sempre più profonda tra chi crea valore-progetta idee/soluzioni (chiamiamoli “creatori”) e chi semplicemente esegue e si occupa di mansioni routinarie (chiamiamoli “esecutori”). I primi sempre più stimolati, liberi, corteggiati. I secondi sempre più precari e malpagati.
La distinzione tra creatori e esecutori è vecchia. Una volta si chiamavano i primi impiegati di concetto e i secondi impiegati d’ordine. La distinzione però è diventata col tempo molto sottile e prescinde dal prestigio delle professioni e dal livello dei titoli di studio necessari a svolgere una certa professione. Quindi può essere creatore di soluzioni un cameriere con la terza media e può essere esecutore un avvocato che tutti i giorni gestisce delle pratiche sempre uguali con il copia incolla.
Non ha senso assumere persone brillanti e poi dire loro cosa devono fare. Noi assumiamo persone brillanti così ci dicono loro cosa fare
La distinzione supera anche il livello gerarchico. Ci sono dirigenti passacarte e ci sono operai che gestiscono in modo discrezionale e autonomo processi produttivi delicatissimi.
Ovviamente la distinzione nei fatti non è mai così netta. Ci sono certamente esecutori al 100% e creatori al 100%, ma esistono mille gradazioni intermedie. La distinzione tra esecutori e creatori ha un nucleo centrale: nel tuo lavoro quotidiano hai la possibilità di prendere delle decisioni discrezionali che fanno la differenza, che chiamano in causa la tua creatività, la tua emotività, la tua capacità di relazionarti con gli altri?
Tutti noi abbiamo l’impressione di svolgere compiti delicati, compiti da creatori e non da esecutori. Tuttavia l’analisi spietata della realtà può metterci qualche pulce nell’orecchio. Potremmo scoprire che quel mal di pancia da lavoro di cui soffriamo è dovuto al fatto che, nonostante le apparenze, stiamo svolgendo una mansione da esecutori. Un lavoro che alla lunga rischia di indebolire la nostra professionalità, di toglierci libertà di movimento, di soffocare il nostro talento.
Ecco cinque domande che ci dobbiamo porre per capire se siamo più esecutori o creatori.
1- Quanto spesso ti capita di negoziare con clienti, colleghi o fornitori?
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