Riforme economiche in Europa. Si possono rivolgere molte critiche al funzionamento delle istituzioni europee: tuttavia secondo Christian Kern (Social Europe) l’attuale crisi di legittimità affonda le sue radici nell’incapacità di garantire prosperità, progresso e modernizzazione. Solo attraverso una maggiore capacità di proteggere le persone dai rischi sociali della globalizzazione le istituzioni europee possono riconquistare la fiducia dei cittadini. Reinhard Bütikofer e Philippe Lamberts su Euractiv auspicano un cambiamento di paradigma in favore di un’economia in grado di mettere al centro le persone, promuovere una competitività sostenibile e perseguire inclusività ed equità. Un compito difficile, secondo Harry Blain (Opendemocracy) anche a causa del meccanismo delle “porte girevoli” tra il mondo della finanza e quello della politica europea: anche in assenza di esplicite violazioni, il sospetto di conflitto di interessi intacca la credibilità delle istituzioni.
Brexit e divisioni. Evitare la Brexit è ancora possibile, sostiene Fraser Cameron su Euractiv, attraverso un un referendum da indire una volta concluse le trattative con la UE. Se i negoziati dovessero determinare una “hard Brexit”, sarebbe giusto dare ai cittadini l’ultima parola su uno scenario obiettivamente più svantaggioso di quello che gli era stato presentato. Secondo Denis MacShane – che sull’Independent individua le diverse posizioni in campo – ci sono molti europeisti che contestano la validità di un voto influenzato da bugie di ogni tipo e deciso dal 37% degli aventi diritto: sono i “Pro-European Refuseniks”, che reclamano una nuova consultazione referendaria a trattative concluse. L’opinione pubblica non è ovviamente tutta dello stesso avviso: i “Cautious Adaptors” sono convinti che adessoche gli elettori si sono espressi sarebbe controproducente fare un passo indietro. Per i cosiddetti “Worried Uncertains” non è ancora detta l’ultima parola sulla questione, e tuttavia non è chiaro come persuadere l’opinione pubblica ad accettare un accordo che garantisca l’accesso al mercato unico. I “Triumphant Brexiteers” infine spingono per una uscita immediata.
Affrontare la crisi dei rifugiati. Simon Parker su Opendemocracy condanna la nuova retorica di Theresa May che descrive i movimenti migratori di massa come “minacce” da contrastare, assieme a guerre, terrorismo globale e cambiamento climatico. May non riconosce che la condizione di rifugiato non è una scelta e che chiunque non sia in grado di difendersi ha diritto al nostro amore e alla nostra protezione: la crisi dei rifugiati rivela una più generale crisi di umanità. Anche secondo Kirsteen Shields (Opendemocracy) la crisi dei rifugiati nasconde un problema più ampio: la crisi della rule of law. A causa della mancanza di risorse, la Grecia si trova a commettere diverse violazioni di diritti umani: 1) espellendo i rifugiati, trasferendoli in un paese a rischio; 2) non dotando i campi di accoglienza di risorse adeguate; 3) non riuscendo a gestire le richieste di asilo e di ricongiungimento familiare. Tra le conclusioni del Summit delle Nazioni Unite sui Migranti e i Rifugiati (19/09/2016) si trova l’impegno a rinnovare gli sforzi per affrontare la crisi attuale: un primo passo potrebbe essere quello di fornire risorse economiche e legali alla Grecia. Timor Sharan osserva che i rimpatri forzati non sono una soluzione: non necessariamente i migranti rimangono nel proprio paese una volta rimpatriati. Continui flussi in uscita sono una delle caratteristiche degli “stati falliti”: non esiste una ricetta rapida per risolvere la crisi, e la strategia dell’Europa – incentrata sul breve termine – non può che rivelarsi controproducente.
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Britain’s universities depend on open borders – Brexit has us all worried – The Guardian
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