I soldi ci sono, le procedure burocratiche si sono snellite, i cantieri sono stati avviati e spesso conclusi, un’anagrafe degli edifici seppure incompleta è stata resa nota. Sarebbe potuto essere un racconto molto positivo, quello dell’edilizia scolastica italiana sotto il governo Renzi, se non ci fosse stato di mezzo il crollo della scuola di Amatrice. C’è un’indagine in corso, ma rimane il fatto che nel 2012 dei lavori erano stati completati e una verifica di vulnerabilità era stata effettuata sull’ala crollata. Questo rende necessario essere prudenti. Ci saranno dei controlli sulle scuole? Saranno solo a carico degli enti locali o sarà previsto l’intervento del genio civile? Sono domande a cui ancora non c’è una risposta, mentre in Italia dopo il sisma e alla vigilia della riapertura delle scuole nella gran parte delle regioni d’Italia, cresce la tensione. A Sant’Agata del Bianco (Reggio Calabria), nella Locride, il sindaco Domenico Stranieri ha deciso che la scuola primaria “Corrado Alvaro” quest’anno non poteva aprire i battenti. «I problemi esistenti risultano fin troppo evidenti. Un’ala della scuola sta “scivolando” verso il lato destro della struttura», ha detto il 39enne primo cittadino, eletto lo scorso maggio a Orizzontescuola,it. «L’ufficio Tecnico del Comune ha confermato, con una dichiarazione di inagibilità, che l’edificio ha bisogno di un serio intervento di messa in sicurezza. Così con un’ordinanza ho comunicato ufficialmente la mia inevitabile scelta», ha detto, annunciando che accoglierà alunni, insegnanti e personale Ata al piano terra del Comune. La sua storia, raccontata anche da Tv7, su Rai1, non è l’unica che sta emergendo. A Messina la scuola “Ettore Castronuovo” (infanzia e medie) è stato dichiarata “edificio interdetto” dalla Direzione territoriale del lavoro, che dall’anno scorso sta setacciando 122 plessi scolastici della zona. A Sulmona, L’Aquila, il nuovo comitato “Scuole sicure”, composto da circa 400 famiglie, ha organizzato un’assemblea pubblica con 700 persone. Quando è terminata, il sindaco, Annamaria Casini, ha dichiarato che le scuole della città non riapriranno. «In questo momento la cosa più importante è mandare a scuola i nostri figli in una situazione di ragionevole sicurezza», ha detto. «Se queste condizioni non ci sono io non riaprirò le scuole». Una delle ipotesi, tutta da confermare, è che i 1.400 studenti della cittadina facciano lezione in moduli provvisori, oppure in altri edifici pubblici più recenti. E così via. Cittadinanzattiva, una delle associazioni che più segue il tema dell’edilizia scolastica, dice di avere raccolto la preoccupazione di comitati di genitori in varie parti d’Italia, da Lampedusa a Piedimonte Matese (Caserta) a Vetralla (Viterbo). I sindaci, che sono responsabili penalmente in caso di crolli, non possono che ascoltarli.
Al di là dell’emotività dei giorni post-terremoto, tuttavia, è possibile dare un giudizio della situazione e dell’evoluzione della sicurezza delle scuole italiane? Abbiamo girato la domanda a Cittadinanzattiva e a Legambiente. La conclusione è triplice e con sfumature diverse: l’anagrafe degli edifici scolastici viene considerata non ancora affidabile. L’operazione di diagnosi dello stato di salute dei tetti delle scuole è salutato positivamente ma gli stanziamenti hanno lasciato scoperte metà delle scuole richiedenti. Mentre per quanto riguarda gli interventi veri e propri, il giudizio è positivo, sia per l’entità dei finanziamenti sia per le procedure burocratiche e per la trasparenza riguardo agli interventi. Rimane però il nodo dei controlli.
A Sant’Agata del Bianco (Reggio Calabria), nella Locride, il sindaco Domenico Stranieri ha deciso che la scuola primaria “Corrado Alvaro” quest’anno non poteva aprire i battenti
L’anagrafe c’è ma è già vecchia
Masini è uno dei nomi che più ricorre, quando si parla di edilizia scolastica. Nadia Masini, onorevole sotto il governo Dini, nel 1996 firmò una legge che prevedeva un’anagrafe dell’edilizia scolastica. I dati sarebbero dovuti arrivare dagli enti locali, ma gli anni passavano senza risultati. Adriana Bizzarri, responsabile scuola di Cittadinanza attiva, racconta che l’associazione cominciò un pressing sul ministero a partire dal 2004 per chiedere la pubblicazione dei dati, anche se non completi. Si arrivò a una causa al Tar Lazio nel 2013 e poi al Consiglio di Stato, che portò all’impegno da parte del governo a procedere con la pubblicazione. I ritardi, come raccontato anche da Linkiesta, continuarono, fino all’agosto del 2015, quando sul sito “Scuola in chiaro” (un utile portale dove per ciascuna scuola si possono trovare informazioni che vanno dalle assenze di docenti e bidelli alle percentuali di bocciature, iscrizioni all’università e tasso di occupazione dei diplomati) alle voci precedenti si aggiunse quella relativa all’edilizia. Il passo in avanti era fatto e il ministero lo rivendica. È però un documento del governo, l’ultimo School Book, a riconoscere che «resta del lavoro da fare: per una migliore definizione e soprattutto per un aggiornamento della scheda di anagrafe».
È proprio quello che contestano le associazioni, secondo le quali i problemi sono diversi In primo luogo i dati sono provenienti da fonti diverse – presidi o uffici tecnici del comune. In secondo luogo le rilevazioni sono state fatte in anni diversi ma non c’è da alcuna parte un’indicazione della data di rilevamento. Questo significa che i dati potrebbero non essere aggiornati. «Abbiamo fatto dei confronti con le scuole che prendiamo come campione per le nostre analisi e abbiamo visto che, soprattutto nel Lazio, in Campania, Sicilia, Sardegna, Basilicata, le informazioni non erano aggiornate», commenta Adriana Bizzarri. «Il Miur – continua – si è impegnato a porre rimedio. In un osservatorio a cui siamo stati invitati è stato anticipato che la conferenza Stato Regioni sta aggiornando l’anagrafe, anche per aggiungere voci come la presenza o meno di amianto».
Ma c’è un altro punto contestato: nell’anagrafe mancano le certificazioni che ciascuna scuola ha ottenuto in materia di agibilità, collaudo statico e vulnerabilità rispetto al rischio sismico. «Se non si dice se ci siano le certificazioni di stabilità, antincendio e staticità, non possiamo sapere se una scuola abbia o meno caratteristiche di sicurezza», dice Vanessa Pellucchi, presidente Legambiente Scuola e Formazione. «Non possiamo fare riferimento alla buona fede». Sulla presenza di tali certificato il ministero ha dato però dei dati aggregati: solo il 39% delle scuole ha il certificato di agibilità e il 49% ha un certificato di collaudo statico. Questo non significa che siano tutte a rischio crollo, ma che non sono state effettuate le certificazioni. Tuttavia, in un Paese in cui il 55% delle scuole è stato costruito prima delle leggi antisismiche del 1976, la mancanza di certificazione è causa di preoccupazione.
Cittadinanzattiva, che realizza un’indagine a campione sullo stato dell’edilizia scolastica, nel prossimo rapporto (in pubblicazione il 21 settembre) trova conferme nella percentuale. Le scuole che, invece, hanno fatto effettuare una valutazione della vulnerabilità sismica, aggiunge Adriana Bizzarri, sono circa l’8 per cento del totale, una percentuale che si basa su un campione di 24mila scuole, poco più della metà del totale. «È importante sapere dove sono questi edifici». Come ha evidenziato il rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente, le disparità territoriali sono rilevantissime. «La provincia di Trento ha svolto una verifica di vulnerabilità su tutti gli edifici, enti locali in zona sismica no», sottolinea Vanessa Pellucchi. In fin dei conti, l’anagrafe del Miur è affidabile? «No, non ci sentiamo di consigliare alle famiglie di valutare la sicurezza di una scuola sulla base delle informazioni dell’attuale Anagrafe dell’edilizia scolastica», conclude Bizzarri.
È arrivata nell’agosto del 2015, dopo 20 anni di attesa. Ma l’attuale anagrafe dell’edilizia scolastica ha tre difetti: le fonti sono diverse, non ci sono le date dei controlli e mancano le certificazioni di agibilità e di vulnerabilità sismica
Tetti sotto controllo
In tema di controlli, con la Buona Scuola (la legge 107 del 2015) sono stati stanziati 40 milioni di euro per fare delle diagnosi per prevenire il crollo di soffitti e controsoffitti degli edifici scolastici. Questi milioni sono stati spesi e circa 7mila scuole, sulla base di una graduatoria, hanno potuto aggiudicarsi gli interventi, che hanno un costo di circa 5-7mila euro. A oggi le verifiche portate a termine sono circa 1.700. La diagnosi non riguarda tutta la vulnerabilità sismica (operazione per cui servirebbero altri 3-6mila euro) ma solo i soffitti e solai. I crolli dei soffitti sono stati tragici negli anni, da quello della scuola di San Giuliano di Puglia, nel sisma del Molise del 2002, a quello del liceo Darwin di Rivoli (Torino), dove morì uno studente di 17 anni. «Era un provvedimento che avevamo suggerito questa misura e va benissimo che il governo l’abbia avviata – commenta Adriana Bizzarri -. Tuttavia, le domande da parte delle scuole sono state oltre 13mila. La richiesta che facciamo al governo è di provare a rispondere anche alle altre richieste, magari togliendo dei fondi al progetto #scuolebelle, che riteniamo meno prioritario».
«Non ci sentiamo di consigliare alle famiglie di valutare la sicurezza di una scuola sulla base delle informazioni dell’attuale Anagrafe dell’edilizia scolastica»
Il conto dei soldi
Dopo aver letto i dati sul fondo della Protezione Civile per la prevenzione del rischio sismico – solo 1 miliardo per edifici pubblici e privati dal 2009 al 2016, anno che ha visto solo 44 milioni stanziati – i finanziamenti per la sistemazione delle scuole fanno una certa impressione: 3,7 miliardi per il triennio 2015-2017 è la cifra dichiarata sulla parte del sito del ministero dell’Istruzione dedicato all’edilizia scolastica. La cifra, tuttavia, va guardata da vicino e uno spaccato interessante viene ancora dallo School Book, un documento realizzato dalla Struttura di Missione per l’Edilizia scolastica di Palazzo Chigi, un ufficio indipendente dal Miur, creato nel 2014 dal governo per implementare e coordinare la riqualificazione e messa in sicurezza delle scuole in Italia. In senso stretto, al progetto #scuolesicure sono stati destinati nel 2014 150 milioni e nel 2015 400 milioni, per realizzare rispettivamente 600 e 1.600 interventi. La maggior parte delle risorse viene da prestiti della Bei, a cui si è potuti accedere dopo una lunga negoziazione. Si tratta di 905 milioni di euro, dei quali 739 milioni già utilizzati, per realizzare 1.215 interventi. Dal 2016 ne sono stati aggiunti altri 230 milioni, più 90 solo per conservatori e accademie. Lo Stato ripagherà la Banca europea degli investimenti versando 40 milioni all’anno per 30 anni.
Un’altra fetta importante sono soldi degli enti locali, svincolati dal Patto di Stabilità a partire dal 2014. Dal febbraio 2016 è partita l’operazione #sbloccascuole, prevista dalla legge di Stabilità del 2016. Circa 480 milioni di euro sono stati liberati dai vincoli di bilancio di Comuni, Province e Città metropolitane per interventi di edilizia scolastica o costruzione di nuove scuole (344 milioni sono stati utilizzati per interventi). Ci sono poi i soldi recuperati dai fondi Ue: Pon, Por e Poi energie, per più di 900 milioni. Altri 350 milioni di euro sono stati destinati dalla Buona Scuola alla realizzazione di 52 scuole nuove (#scuoleinnovative). Il Fondo Kyoto, per interventi di carattere energetico, vedeva stanziamenti per 350 milioni. Ne sono stati usati 100 e in seguito è stato effettuato un bando per utilizzare la parte restante per interventi di enti locali. La torta dei finanziamenti prevede anche gli interventi dell’Inail (che si fa remunerare l’investimento) per costruire 77 nuovi edifici e per ristrutturarne 28. E ci sono anche le briciole, come i 6,7 milioni dell’8 per mille che dalla legge di Stabilità 2014 dedica una parte all’edilizia scolastica: hanno finanziato 6 interventi (su 1.800 candidature). Altri finanziamenti (finora non quantificati) potranno venire dagli School Bonus, ovvero i crediti di imposta (65% fino a 100mila euro) per donazioni finalizzate alla sistemazione delle scuole. Infine ci sono i 20 milioni all’anno che dalla legge Finanziaria del 2008 vengono stanziati in un fondo per il rischio sismico della Protezione Civile. Dei 120 milioni finora raccolti, 80 hanno finanziato 156 interventi, gli altri 40 e rotti sono stati recuperati da un Dpcm del settembre 2015, così come altri milioni sono stati recuperati dal vecchio decreto del Fare. Un totale di 450 milioni è stato assegnato alla riqualificazione estetica (tinteggiatura, piccoli lavori di idraulica, lavori nei giardini, arredi fissi e mobili) di #scuolebelle.
Il cambio di passo è da vedere non tanto nell’entità dei fondi, ma nel modo in cui sono stati spesi. Soprattutto grazie alla creazione di una Struttura di missione e di un fondo unico che ha evitato perdite di tempo e graduatorie ridondanti
Burocrazia: disco verde
È tanto o è poco? È molto, se si confronta con gli stanziamenti stralcio del Cipe negli anni passati: 193 milioni nel 2004, 295 nel 2006, 112 milioni nel 2008, 358 nel 2010, 259 nel 2012. Il cambio di passo, però, suggerisce Adriana Bizzarri di Cittadinanzattiva, è da vedere non tanto nell’entità dei fondi, ma nel modo in cui sono stati spesi. «Il giudizio sull’intervento del governo, al netto dei correttivi per il futuro, è positivo. Non è mai stato fatto nulla del genere da un governo precedente, con questa serietà, con questa determinazione e con questo impegno. L’intervento a nostro parere è ben costruito per la tipologia di filoni e perché si tende a utilizzare i fondi che non si era riusciti a utilizzare in passato. Sono state migliorate anche le procedure burocratiche, saltando le regioni, tranne che per i mutui Bei».
Una della novità della nuova impostazione è stata la creazione di una Struttura di missione, coordinata da Laura Galimberti. Sette task force sono state messe in piedi per assistere i comuni in altrettante regioni, soprattutto nel Sud (ma anche in Lombardia e Lazio). È stato creato un Fondo unico per l’edilizia scolastica, che ha permesso di sostituire le numerose graduatorie precedenti, una per ogni finanziamento. Nella legge sulla Buona Scuola, si legge nello School Book, è prevista una sola graduatoria, che costituisce la programmazione nazionale ed è valida per la ristrutturazioni e nuovi edifici, per efficientamenti energetici e messa in sicurezza. Le erogazioni vengono fatte direttamente agli enti locali, «niente più accordi di programma per ogni intervento, speciali commissioni o autorizzazioni dei provveditorati o delle Regioni, ma graduatorie regionali e poi scorrimento delle stesse», spiega il Miur nel documento. «Il fondo unico è stato molto importante, prima le risorse si perdevano in mille rivoli», conferma il giudizio Pellucchi di Legambiente. Ultimo fattore visto positivamente da entrambe le associazioni è la tracciabilità degli interventi. Sul sito di #Italiasicura, nella sezione scuole, è effettivamente verificare, edificio per edificio, gli stanziamenti e lo stato dei lavori. Rimane, grosso, il tema dei controlli, che rimangono in capo a enti locali spesso distratti o in malafede. Per la presidente di Legambiente Scuola e Formazione è necessario intervenire attraverso misure di sostegno ma anche di costrizione. Allo svolgimento dei controlli dovrebbero essere legati i finanziamenti, propone, e controlli a campione dovrebbero essere effettuati anche dal genio civile.