Momentum, l’arma segreta di Jeremy Corbyn

Se il leader del Labour rimane in sella dopo il congresso di questo weekend lo deve al suo partito nel partito: che offre babysitter ai militanti e si occupa anche della formazione politica dei loro figli

I sondaggisti britannici ne erano sicuri: al congresso dei Labour a Liverpool, Jeremy Corbyn dicevano, avrebbe vinto le elezioni interne e blindatole redini del partito. E così è stato: si è imposto con il 61,8% dei voti sullo sfidante Owen Smith.

Sì, il problema è che i sondaggisti erano sicuri anche che Ed Miliband avrebbe stravinto le elezioni nel 2015 e che la Brexit fosse impossibile, ma tant’e, chi siamo noi per mettere in discussione l’arte di divinare il futuro sulla base di duemila telefonate?

Stavolta non hanno sbagliato: l’outsider, quello che un anno e mezzo fa, dopo la rovinosa caduta di Ed Miliband, fu candidato per introdurre un elemento di situazionismo in un partito in cerca di identità (lo sostenne anche Sadiq Kahn, che oggi da sindaco di Londra ha ritrattato la scelta), ha dimostrato ai dirigenti Labour che sì, i militanti vogliono lui e niente altro che lui.

Come ha fatto? Perché una figura sempre marginale nel Labour degli ultimi trent’anni, uno considerato un pittoresco rompicoglioni, un patetico nostalgico, carente in tutte le abilità politiche e personali che hanno fatto di Tony Blair una star internazionale, perché uno così, ammesso alla corsa per la leadership per un errore di calcolo, diventa il catalizzatore di una armata di nuovi attivisti?

Perché, ovvio, incarna l’insoddisfazione di quelli che hanno fatto tutto giusto per avere un radioso futuro e si ritrovano invece culo a terra. Famiglie middle class più povere dei loro genitori, studenti stritolati fra tasse universitarie capestro, affitti insostenibili e contratti di lavoro a zero ore, insegnanti schiacciati da un’idea di scuola pubblica fatta di test e burocrazia, working class senza identità e prospettive di sopravvivenza dignitosa.

Non il grosso, però, della working class. Secondo un recentissimo poll BMG, infatti, i lavoratori non qualificati, la base originaria del Labour, quelli traditi dal New Labour di Blair e delle sue successive incarnazioni (compreso lo sfidante alla leadership Owen Smith) hanno abbandonato il partito. La loro disillusione è diventata rifiuto della politica, chiunque la incarni, e non si vede all’orizzonte un dirigente nazionale in grado di recuperare quei voti, che potrebbero confluire nel populismo anti-immigrazione dell’Ukip.

Considerano Corbyn incompetente, inadeguato a guidare il paese, un “perdente”. Ma perfino loro, centinaia di migliaia di elettori in cerca di patria politica, gli riconoscono correttezza.

Perché Corbyn ha l’anticonformismo della coerenza: in sintesi, non si è mai mosso da un’idea di socialismo riformista che oggi sembra, nel suo romanticismo, un’alternativa sensata al vorticoso capitalismo londinese, quello che rappresenterà pure una voce fondamentale del Pil, ma è circoscritto a un paio di miglia intorno alla City.

Corbyn, l’outsider, quello che un anno e mezzo fa, dopo la rovinosa caduta di Miliband, fu candidato a introdurre un elemento di situazionismo in un partito in certa d’identità, dimostrerà che i militanti vogliono lui.

Il successo di Corbyn ci dice molte cose. La prima, è che il suo stesso partito ha perso radici e direzione, come tutti partiti di centro-sinistra, ed ha un moto di vitalità solo se torna a sinistra, comunque vada dopo. Da quando è lui il leader, gli iscritti al Labour sono aumentati di decine di migliaia.

La seconda è che niente definisce le élite europee quanto la loro estraneità al presente: il corbynismo non se lo spiegano né i giornalisti né i sondaggisti, mentre il resto del Labour lo considera una iattura definitiva.

Da Italiani siamo abituati a pensare che poche culture politiche nel primo mondo eguaglino la nostra per imprevedibilità, fantasia, inconcludenza.

E invece. La Brexit ha scatenato fra i Conservatori l’equivalente di una tragedia shakespeariana, con i principi di sangue cresciuti insieme pronti, ma pronti a sventrarsi per il Potere. Fra i Labour, invece, la violenza delle fratture intestine ricorda un interno bergmaniano, e lo spettacolo è di conseguenza meno appassionante.

Ma la tragedia è in corso. Ai corbynisti è stato chiaro da subito che l’ala moderata, postblairiana, gli avrebbe fatto la guerra. E infatti, poco dopo l’esito del refendum sull’Europa, il grosso del suo governo ombra si è dimesso. A luglio, una rivolta di massa ha rischiato di consegnare Corbyn al dimenticatoio. Lui ha resistito e defenestrato i dissidenti. Con quale forza? Quella di una specie di milizia personale, un movimento fondato dal capo della sua campagna per la leadership Jon Lansman. Si chiama Momentum, ha 17mila iscritti, ma grazie ad un mix di valori socialisti e tecnologia social riesce a raggiungere centinaia di migliaia di persone.

Lo scorso weekend, Momentum ha lanciato Momentum kids: una specie di Frattocchie per minori, declinata secondo le esigenze della vita moderna, quella che spezza anche i migliori. Lo hanno inventato due giovani mamme: offre childcare e workshop per i bambini dei militanti durante gli eventi e promette, in seguito, di occuparsi anche della loro formazione politica. Gli opinionisti più gentili hanno evocato la gioventù hitleriana e i bambini soldato africani

A fine settembre 2016, Momentum ha lanciato Momentum kids: una specie di Frattocchie per minori, declinata secondo le esigenze della vita moderna, quella che spezza anche i migliori. Lo hanno inventato due giovani mamme: offre childcare e workshop per i bambini dei militanti durante gli eventi e promette, in seguito, di occuparsi anche della loro formazione politica.

Gli opinionisti più gentili hanno evocato la gioventù hitleriana e i bambini soldato africani, perché vivono in luoghi astratti, dove una babysitter si palesa da sola e i bambini mangiano i broccoli. Momentum se ne infischia. Del resto, chi non si iscriverebbe anche all’UKIP, se offrisse un’ora di babysitting gratis in cambio di un dibattito politico di qualsiasi livello?

E quindi, dicono gli aruspici, Corbyn e i corbynisti si prenderanno il partito, che forse si spaccherà, forse si frammenterà, di certo ne uscirà più debole, in una guerra di logoramento che renderà il Labour irrilevante per i prossimi 15 anni, quando i treenni di Momentum Kids raggiungeranno la maggiore età e il diritto di voto.

Il sospetto è che a Corbyn non importi, perché per lui conta la coerenza, non la vittoria.

E nessuno lo ha spiegato meglio del ricercatore Nicholas Barrett in un recente post su Facebook: «Il culto della purezza di Jeremy Corbyn ha trasformato il mio paese in un stato monopartitico. La democrazia non è l’X-Factor dell’Idealismo. È scegliere qualcuno in grado di negoziare per noi con i poteri preesistenti nel mondo dove viviamo. Democrazia non è prendere il controllo, è l’arte del compromesso noioso. E a volte sospetto che chi cerca di convincerci del contrario stia solo manipolando il nostro desiderio di romanticismo e giustizia per imporre le proprie, limitate idee. Tutto qui».

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