Se domani fosse il tuo primo giorno di scuola

Abbiamo frequentato i banchi per anni, pensando non servissero a nulla, mentre stavamo invece imparando a vivere. Dobbiamo ricordarci di questa grande lezione, ora che settembre è il vero "capodanno" della nostra esistenza

A volte penso che i back-to-school non finiscano mai. Sapete no, quella vicenda del “capodanno emotivo”, che non è mai il 1° gennaio, bensì a metà settembre. Quel momento in cui rientriamo alla nostra routine dopo le ferie e ci armiamo di numerosi buoni propositi che — con ottime probabilità — disattenderemo. Come se, ogni anno, a settembre, cominciasse un nuovo anno. Come se non smettessimo mai di tornare a scuola e sederci ai banchi della vita, preparandoci all’interrogazione in Serenità, Equilibrio, Benessere, Pazienza, Coraggio, Ottimismo. Sperando di non essere noi, quelli interrogati, in Disgrazie. Non oggi. Non ancora, che non siamo preparati. Mi giustifico in Malattie Incurabili, se posso. Che in certe cose volontari non ce ne sono mai.

I voti non ce li danno più i professori, ma la vita: il capo, il cliente, il medico, l’amministratore di condominio, il governo, equitalia. E a casa non portiamo la pagella, bensì un aumento, un licenziamento, un matrimonio, un divorzio, un figlio, un successo, un fallimento, una lettera dell’avvocato, un bollettino già scaduto da pagare.

Roba che, in confronto, i 4 in matematica erano cioccolata calda. Le note sul registro, solletico.

Dev’essere per questo che gli adulti, quando sei adolescente, non fanno che dirti che devi goderti quella fase della vita, che è la più bella, che non torna più. E tu sei lì, che non ci vedi proprio un cazzo di così bello e che non ne puoi più di sentirti dire quanto sei fortunato a essere minorenne, che si sa, dopo i 18 gli anni volano che manco te ne accorgi.

Ecco, se io potessi, a te, pischello che stai per tornare sui banchi di scuola e per questo sei — giustamente, dal tuo punto di vista — a lutto, poiché si stava meglio in vacanza e su questo non c’è dubbio, ecco io ti direi che non è proprio così.

Innanzitutto ti direi che non è vero che gli anni volano dopo i 18. Certamente, passano in fretta, ma succedono tantissime cose, cioè inizia la partita vera e tu entrerai in un decennio difficile ma preziosissimo della tua vita.

In secondo luogo ti direi che questo supplizio della scuola, non è inutile.

Che tornare a scuola a settembre, ti educa a quando un giorno dovrai tornare a lavoro. Che accettare le ingiustizie del professore stronzo, ti prepara a quando un giorno avrai un capo stronzo e più di tanto non potrai fare, perché sarai il tuo capo. E non importa che tu sia un libero professionista. Se non sarà il capo, sarà un cliente. E i clienti hanno sempre ragione, si sa. E un capo, in qualche modo, almeno per un periodo della tua vita, l’avrai e dovrai saperlo avere.

Ti direi che questo supplizio della scuola, non è inutile. Che tornare a scuola a settembre, ti educa a quando un giorno dovrai tornare a lavoro. Che accettare le ingiustizie del professore stronzo, ti prepara a quando un giorno avrai un capo stronzo e più di tanto non potrai fare, perché sarai il tuo capo. E non importa che tu sia un libero professionista. Se non sarà il capo, sarà un cliente. E i clienti hanno sempre ragione, si sa. E un capo, in qualche modo, almeno per un periodo della tua vita, l’avrai e dovrai saperlo avere.

Ti direi che l’incompetenza di quel professore che non capisce niente e che quando spiega legge tutto dal libro e se gli fai una domanda fuori dal seminato va in crisi, ecco quello ti servirà per quando un giorno lavorerai con persone incompetenti, perché fidati che lì fuori è pieno.

Ti direi che essere giudicato e valutato, è una cosa che ti capiterà per il resto dei tuoi giorni, ma che la cosa più importante è che tu impari a essere un giudice equilibrato di te stesso: non troppo compiacente (perché le tue responsabilità te le dovrai assumere), né troppo feroce (perché non vogliamo altri psico-interrotti-egoriferiti con problemi di gestione di aspettative&ansie).

Ti direi che i brutti voti sono più formativi dei voti buoni, ma ciò non significa che tu sia legittimato a non fare un cazzo.

Ti direi che imparare a stare con i compagni di classe, in armonia, senza prevaricarli e senza farti prevaricare, è una roba che se la impari adesso, ti tornerà utile per il resto della vita.

Ti direi di andare alle assemblee d’istituto.

Ti direi di non entrare mai in classe se tutti gli altri scioperano.

Ti direi di non rifiutarti mai di passare un compito o di suggerire una risposta, perché la tua bravura non si misura nella competizione con gli altri. E che non collaborare con gli altri, è il modo triste in cui i perdenti provano a farcela. E comunque di solito, sul lungo periodo, non ce la fanno.

Ti direi anche che i 10 in pagella sono importanti, ma non così tanto, quindi in ogni caso non sentirti “stocazzo”.

Ti direi che le canne e il sesso orale, non si fanno nei bagni della scuola.

Ti direi che se un professore ti critica, non devi andare a piangere dal papi, che poi va a scuola e pianta un casino. Te la vedi tu, con il professore, perché in quel momento è quella la dialettica sociale di cui sei protagonista. Il papi non c’entra.

Ti direi di non temere i fighi della scuola, e di non fare il bullo con gli sfigati.

Ti direi di imparare a parlare, con gli uni e con gli altri, perché il confronto civile fa bene allo spirito come il nuoto fa bene al fisico. È una palestra per diventare una persona in gamba domani.

Ti direi di non vantarti se sei più ricco degli altri, perché è da stronzi e soprattutto non è merito tuo, essere figlio di chi sei figlio. È solo un caso, avresti potuto nascere altrove e adesso avere la pancia vuota e le mosche in faccia.

Al tempo stesso ti direi di non sentirti da meno, se sei più povero, che questa voglia di riscatto sarà un motore prezioso della tua evoluzione, vedrai. E arriverai più lontano di chi è nato con la camicia con le iniziali già ricamate e la pappa pronta e pre-masticata.

Ti direi che a parte i racconti che vi farete delle vacanze estive, il diario nuovo, la tresca al mare, la gita scolastica chissà dove, il professore nuovo che arriva, la compagna di classe che è diventata figa nel giro di 2 mesi, il “bonazzo” di quinto che non ti caga mentre quello seduto due file dietro ti muore appresso da un biennio e tu lo ignori, a parte tutto questo, a scuola ci stai per imparare.

Ti direi che a parte i racconti che vi farete delle vacanze estive, il diario nuovo, la tresca al mare, la gita scolastica chissà dove, il professore nuovo che arriva, la compagna di classe che è diventata figa nel giro di 2 mesi, il “bonazzo” di quinto che non ti caga mentre quello seduto due file dietro ti muore appresso da un biennio e tu lo ignori, a parte tutto questo, a scuola ci stai per imparare.

Non tanto l’italiano, il latino, la chimica, la filosofia, la storia o la geografia, che sono cose che comunque farai bene a imparare se non vorrai essere considerato una capra domani; a scuola ci stai per imparare proprio a campare. A relazionarti con gli altri. Ci stai per imparare ad apprendere, per imparare a crescere, a definire la tua identità in relazione sana con la collettività. Ci stai per avere un’infarinatura dei ruoli, delle istituzioni, dei doveri. E lo so che è una palla, figurati. Ma andando avanti, da questo punto di vista, sarà solo peggio. In questo senso gli adulti ti dicono che la tua età, con tutte le sue paranoie e la sua incertezza, con tutte quelle emozioni devastanti e travolgenti, belle e brutte, incontenibili, che non sai gestire ancora, con tutto ciò che ti fa essere incazzato o depresso, ecco con tutto questo è comunque migliore di ciò che verrà dopo. Non è proprio così, te l’ho detto, ci sono cose bellissime dopo. Ma le responsabilità, quelle sì, aumentano col tempo, inesorabilmente. La scuola è un’ottima palestra per allenarsi a sostenerle.

E, se hai la fortuna di avere anche solo un buon professore, uno (io sono stata fortunata e ne ho avuti almeno un paio), che ogni tanto decida di non interrogarvi e di non fare lezione, ma di parlare di attualità e di ascoltarvi, e di contraddirvi se necessario; di interpellare il vostro pensiero, sticazzi del programma che subisce un giorno di ritardo. Se hai la fortuna di avere un professore che vi faccia ogni tanto vedere uno di quei film che aprono la mente, che vi faccia leggere un bell’articolo di giornale, che sappia trasmettervi la passione per una materia, accendere in voi una scintilla, farvi venire la voglia di approfondire, tu traine tutto il beneficio che puoi. E pensa che, spesso, le critiche non servono a mortificarti, ma a migliorarti. Sii umile ma ambizioso. Assorbi, elabora, prova fin da subito a prendere il meglio dal momento che vivi e dagli strumenti che hai (ah, e comunque anche nella mia scuola, 15 anni fa, non c’era mai carta igienica, andavamo al cesso con i fazzoletti di carta e se non ce li avevamo ce li facevamo prestare; però è stata comunque una buona esperienza, voglio dire).

Insomma, trova il tuo modo per godertela. Persino la scuola.

E adesso torniamo tutti al nostro banco.

Che inizia un nuovo anno.

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