La mamma era in cucina, il papà al lavoro. Niente urla oggi, pensò il piccolo Pilli, il bambino magico dalle ali invisibili e i poteri speciali in grado di renderlo onnipotente e onnivedente. Un calcio dei suoi poteva far saltare in aria un quartiere, bastava che aggiungesse al calcio un suono fatto con la bocca simile a un’esplosione e tutto poteva distruggersi.
Una volta, mentre sua madre appendeva i vestiti bagnati sullo stendipanni, fu costretto ad usare una piccola parte delle sue magie per salvarla dalla caduta di una canottiera appena pulita sul pavimento. La canottiera era infilata in una federa e la mamma, distratta, non si era accorta che, a tradimento, il tessuto stava per toccare terra. Ma Pilli si era lanciato sul pavimento consapevole della traiettoria della canottiera e, dopo averla protetta dallo sporco, l’aveva riconsegnata, tra mille complimenti, alla sua mamma imprudente.
Bravo Pilli!
Pilli sapeva di essere solo un bambino e non era ancora pronto per le grandi avventure. Gli dispiaceva solo che i suoi genitori non avessero i suoi poteri perché davvero proprio non lo capivano. A volte, la notte, prima di addormentarsi, sperava chiudendo gli occhi di non diventare grande come loro, che erano grandi sì, ma non come voleva lui. Il suo desiderio era diventare grande come una montagna piuttosto o una statua di quelle che stanno al centro delle città, per proteggerle, però magari una statua viva in grado di muoversi e dare dei pugni fortissimi, per fare del bene però.
“Bravo Pilli!” Ma stavolta il complimento aveva un’altra voce. “Bravo Pilli!”.