Così la Sardegna è diventata la Guantanamo d’Italia

Nelle carceri di Sassari e Nuoro sono stati trasferiti una ventina di presunti jihadisti arrestati in Italia. Rappresentano il 50 per cento degli islamici accusati di terrorismo internazionale. Ma nelle stesse prigioni, denunciano diversi parlamentari isolani, mancano gli agenti

La Guantanamo d’Italia è in Sardegna. Negli ultimi tempi circa venti presunti jihadisti sono stati trasferiti nelle carceri dell’isola. Rinchiusi nelle case circondariali di Bancali e Badu’e Carros, a Sassari e Nuoro. Rappresentano la metà dei 44 islamici detenuti nelle nostre prigioni e accusati di terrorismo internazionale. «Persone alle quali sarebbero già stati contestati legami con cellule terroristiche attive o dormienti – scrive il senatore del Partito democratico Ignazio Angioni in un’interrogazione depositata pochi giorni fa a Palazzo Madama – e con comportamenti sospetti durante la detenzione». Tutti detenuti sotto monitoraggio da parte del nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria.

In questi giorni diversi parlamentari sardi hanno sollevato il caso. Preoccupati dalla decisione di trasferire i presunti terroristi, anche per le carenze di personale in cui versano le case circondariali dell’isola. Recentemente il deputato del movimento Unidos Mauro Pili ha svolto una visita ispettiva nel carcere di Sassari, che ospita 18 presunti jihadisti. In un’interrogazione alla presidenza del consiglio dei ministri elenca la lista dei sorvegliati speciali più pericolosi rinchiusi a Bancali. Tra di loro c’è Hamadi Ben Abdul Aziz Ben Ali, 51enne tunisino inserito tra «i 30 superjihadisti della blacklist stilata da Obama». Con lui è recluso Muhammad Hafiz Zulkifal, già imam di Bergamo e Brescia. «Il capo della cellula italiana di Al Qaeda – denuncia il deputato sardo – composta da 18 persone tra cui l’imam di Olbia, Sultan Wali Khan».

Venti presunti jihadisti sono stati trasferiti nelle carceri della Sardegna. Rinchiusi nelle case circondariali di Bancali e Badu’e Carros, a Sassari e Nuoro. Rappresentano la metà dei 44 islamici detenuti nelle nostre prigioni e accusati di terrorismo internazionale

Sempre a Sassari si trova Abderrahim Moutaharrik, 27enne marocchino campione di kickboxing arrestato la scorsa primavera e accusato di aver stretto legami con l’Isis. «Si temeva che Abderrahim – si legge nel documento depositato a Montecitorio – avesse ricevuto la tazkia, il nulla osta all’arruolamento nelle milizie di Al Baghdadi che ne faceva un possibile “martire”, pronto forse a farsi esplodere in Vaticano». La lista dei reclusi più pericolosi prosegue. Tra i detenuti c’è il macedone Karlito Brigande, «ex militante dell’esercito nazionalista Uck e probabile cane sciolto dell’Isis, arrestato a Roma quando era pronto a partire per l’Iraq». E il somalo Abshir Mohamed Abdullahi, arrestato per istigazione al terrorismo. Uno scenario inquietante, reso ancora più delicato dalle carenze strutturali del carcere di Sassari. Una casa circondariale, così si legge nell’interrogazione, con un organico privo di almeno 150 agenti.

Non è una novità. Da tempo, in Sardegna, il sindacato di polizia lamenta una carenza di organico rispetto al numero dei detenuti presenti, come denuncia in un’altra interrogazione il deputato Roberto Capelli, esponente del gruppo Democrazia Solidale – Centro democratico. A Sassari la situazione sembra essere particolarmente delicata. «Nel carcere di Bancali – scrive Pili – è in serio pericolo la sicurezza degli agenti, costretti a turni massacranti, con carenze di organico oltre il 40 per cento del personale necessario». Pili denuncia quello che ha visto durante la sua recente visita. «Si registrano agenti costretti a entrare in servizio da soli in reparti delicati come quello dell’alta sicurezza 2, dedicato al terrorismo internazionale».

«L’istituto di massima sicurezza di Sassari – si legge nell’interrogazione – dovrebbe avere in servizio 415 poliziotti, ma al 15 dicembre 2016, secondo i dati del provveditorato della Sardegna riportati dall’Uspp, figuravano soltanto 243 unità»

Un altro parlamentare, il deputato Cinque Stelle Nicola Bianchi, conferma le preoccupazioni. In un’interrogazione depositata alla Camera il grillino riporta i dati presentati dall’unione sindacale polizia penitenziaria della Sardegna. «L’istituto di massima sicurezza di Sassari – si legge – dovrebbe avere in servizio 415 poliziotti, ma al 15 dicembre 2016, secondo i dati del provveditorato della Sardegna riportati dall’Uspp, figuravano soltanto 243 poliziotti e risultavano assenti per malattia 38 unità». Nel carcere di Oristano sarebbero presenti 142 poliziotti su 210 previsti, a Tempio Pausania 88 su 158. Mentre a Badu’e Carros, dove si trovano altri 8 presunti jihadisti, la carenza d’organico interessa il 35 per cento del personale.

E non è tutto. L’alta concentrazione di presunti terroristi islamici nelle carceri sarde crea altre preoccupazioni. Come ha scritto il senatore Pd Angioni, negli istituti di pena isolani sono rinchiuse oltre 375 persone provenienti da paesi di religione islamica. Il rischio di radicalizzazione è evidente. Pochi giorni fa lo stesso premier Paolo Gentiloni, dopo aver incontrato a Palazzo Chigi la commissione di studio sul fenomeno dell’estremismo jihadista, ha ricordato come i percorsi di radicalizzazione si sviluppano soprattutto in cella. Come spiega Angioni, per id etenuti più fragili psicologicamente c’è il rischio «di subire l’influenza dell’estremismo religioso da parte dei soggetti già votati ad un cammino terroristico».

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