Il potere è una parola di cui non capiamo il significato”. diceva Lev Tolstoj.
Ho titubato sulla scelta dell’argomento. Poteva portarmi lontano e confondermi le idee. Tento quindi di affrontarlo incentrando la mia riflessione su un unico aspetto. Non parlo di che cosa sia il potere, ma del suo esercizio.
Augusto e Imperatore
Penso alla storia di Roma e all’esercizio del potere degli Augusti e degli Imperatori. E alle sue conseguenze: splendore nel primo caso e declino nel secondo.
Augusto viene da «augere», ossia far crescere, aumentare, sviluppare.
Imperatore viene da «imperare» ossia comandare, esercitare il potere in modo assoluto.
La storia di Roma sotto gli Augusti visse il suo periodo più fulgido, dacché vi furono gli Imperatori la musica cambiò, e iniziò il declino. Lo stesso capita in azienda, nel suo insieme come in un suo team: finché guidata da manager “Augusti”, che vogliono veramente far crescere le persone, l’azienda ha un futuro davanti. Un potere fondato sulla responsabilità, sulla delega e sulle capacità delle persone crea prosperità.
Finchè guidata da manager “Augusti”, che vogliono veramente far crescere le persone, l’azienda ha un futuro davanti. Un potere fondato sulla responsabilità, sulla delega e sulle capacità delle persone crea prosperità. L’organizzazione o il team guidati da un manager “Imperatore”, che soffoca le persone, senza offrire loro possibilità di crescere e sviluppare senso di responsabilità e autonomia, è destinata a vivere la stagione di vita del capo
L’organizzazione o il team guidati da un manager “Imperatore”, che soffoca le persone, senza offrire loro possibilità di crescere e sviluppare senso di responsabilità e autonomia, è destinata a vivere la stagione di vita del capo, se va bene. Il problema non è il potere quindi, ma come lo si esercita.
La sua espressione massima si avrebbe se chi ha il potere lo esercitasse pensando a come rendere quell’organizzazione indipendente da quello stesso potere. Questa è l’espressione più piena di un potere disinteressato. Affido la chiusura a questo passo delle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Dove il potere siede accanto all’umanità più profonda, anzi come una delle sue più alte espressioni: “Non ch’io disprezzi gli uomini: se lo facessi, non avrei alcun diritto, né alcuna ragione, di adoperarmi a governarli. So bene che sono vanitosi, ignoranti, avidi, irrequieti, capaci quasi di tutto pur di arrivare, pur di farsi valere, anche solo ai propri occhi, o anche soltanto per evitare di soffrire. Lo so bene: sono fatto anch’io come loro.”
Ed ora, una pagina bellissima di un capolavoro del cinema che parla di potere e intanto lo sbeffeggia.