Non più Theresa Maybe
Martedì 18 gennaio il primo ministro Theresa May – in un discorso ampiamente commentato in tutta Europa – ha annunciato la strategia del governo britannico per effettuare la Brexit. Su Conservative Home, Mark Wallace plaude al discorso di May, e al fatto che il primo ministro abbia chiarito di essere pronta a lasciare il tavolo dei negoziati (“un non accordo è meglio di un accordo sfavorevole al Regno Unito”). May si è impegnata a sottoporre al Parlamento un piano definito, ma si tratterà comunque di una decisione “prendere o lasciare”. Secondo Wallace il tono conciliatorio ma fermo di May indica la volontà di rivolgersi a quanti nelle istituzioni europee sono più votati al pragmatismo.
Secondo Stephen Booth (Open Europe) il discorso di May è una conferma del fatto che il governo britannico ha effettivamente una strategia realistica per gestire la Brexit. Dalla lettura del piano (in 12 punti) emerge una visione del ruolo del Regno Unito nel mondo globalizzato, coerente con la situazione interna del Paese. Anche il blog Bagehot’s notebook dell’Economist nota l’atteggiamento risoluto del premier britannico – con meno entusiasmo di Wallace e Booth – e chiude con una nota sarcastica: “alla fine [la Gran Bretagna] farà ubriacare la moglie e resterà con la botte vuota. Brexit significa Brexit, per davvero”.
Sull’Independent, James Moore si concentra sulle prospettive del Partito Laburista: con i Tory e l’Ukip allineati sullo stesso fronte, il Labour farebbe meglio ad assumere una linea chiara in difesa del fronte “Remain”. Le ultime dichiarazioni di Jeremy Corbyn però non sembrano puntare in questa direzione: secondo l’autore Corbyn starebbe navigando a vista nel migliore dei casi, e inseguendo Theresa May e l’Ukip, nel peggiore. L’autore propone una scissione del Labour per consentire ai remainers di allearsi con i Liberals e con l’Snp (il Partito Nazionale Scozzese), creando una coalizione poco convenzionale ma coesa per la permanenza della Gran Bretagna nell’Ue.
Sull’Independent, James Moore propone una scissione del Labour per consentire ai remainers di allearsi con i Liberals e con il Partito Nazionale Scozzese), creando una coalizione poco convenzionale ma coesa per la permanenza della Gran Bretagna nell’Ue
Reagire al populismo
Su Social Europe, l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer – in riferimento alle dichiarazioni di Trump sull’“obsolescenza” della Nato – sottolinea la necessità per l’Ue di puntare a una maggiore integrazione a livello economico, istituzionale e legale. L’Unione deve rapidamente mettersi nelle condizioni di affrontare la sfida del ridisegno della mappa del potere globale, con Francia e Germania in primo piano nello sviluppo di una Unione Europea di Difesa.
Secondo Judy Dempsey (Carnegie Europe) lo sviluppo di una capacità di difesa a livello europeo dovrebbe essere la priorità dell’Unione in questa fase. L’Ue deve anche puntare sui nuovi accordi di libero scambio con parti strategici come Canada, Giappone, Singapore e Nuova Zelanda, invece di piegarsi al mantra protezionista di Donald Trump.
Richard Youngs su Carnegie Europe invoca uno sforzo intellettuale da parte degli analisti politici del continente per creare una tassonomia dei diversi populismi in crescita in Europa: “il termine populismo viene usato spesso in modo talmente onnicomprensivo e vago da rendere imprecisa qualsiasi distinzione analitica o proposta di policy”. È ancora più importante – aggiunge l’autore – evitare la nozione nebulosa di fronte populista, che “fa sorgere il sospetto che alle forze politiche tradizionali convenga strutturare il dibattito in termini di scontro tra ‘populisti contro tutti’, in modo da far passare in secondo piano le proprie colpe e responsabilità”.
L’appello dell’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer: Francia e Germania devono porsi in primo piano nello sviluppo di una Unione Europea di Difesa
Leggi anche:
–French Fraternity and Migrants – The New York Times
–The economic effects of migration – Bruegel
–Theresa May is wrong to suggest the NHS needs reform rather than money – it needs both – The Independent