Tutti pazzi per Beppe Grillo (e nessuno pensa più ai guai dell’Italia)

Mattarella, nel discorso di fine anno, ha parlato dell’emergenza lavoro, soprattutto per i giovani, ma l’attenzione è tutta per le sparate del leader dei Cinque Stelle. Che continuerà a crescere, fino a che tutti si occuperanno di lui anziché dell'Italia

Il problema dell’Italia non è Beppe Grillo, ma la scarsa capacità della politica nell’affrontare i veri problemi del Paese e la bassa qualità dei mass media nel trattare e approfondire tali problemi. Grillo non fornirà vere risposte, ma ben coglie la confusa frustrazione di una popolazione che si trova senza guida convincente e senza punti di riferimento chiari in un mondo che cambia sempre più velocemente.

La lega di Bossi degli anni Ottanta e Novanta, il Berlusconismo degli anni Novanta e Duemila, il Movimento Cinque Stelle di oggi, non possono semplicemente essere catalogati come populismo. Il loro successo non deriva solo dal basso livello culturale del nostro Paese. Se ci fermiamo a questo passerà forse Grillo, ma arriverà dopo di lui qualcun altro a fornire soluzioni semplici a questioni complesse irrisolte. Il problema vero sta a monte di quello che oggi non funziona, nel fatto che dagli anni Ottanta ad oggi manca un progetto convincente e condiviso di crescita in coerenza con i nuovi processi di cambiamento mondiale, ma anche in sintonia con le nostre specificità culturali. Dov’è tale progetto? Dov’è nei giornali il dibattito su cui confrontarsi per maturare una visione condivisa del nostro futuro? Dov’è l’azione politica che alza lo sguardo dal presente e dall’emergenza per indirizzare dal basso un percorso comune?

Il 2016 si è concluso con un convergente monito del Presidente della Repubblica e del Papa sul nodo irrisolto del lavoro e, in particolare, della condizione dei giovani. Ma la politica e i giornali sanno solo parlare della questione degli avvisi di garanzia e al nuovo codice per gli eletti del Movimento Cinque Stelle

La triste conferma di tutto questo la si trova in quanto sta accadendo in questi primi giorni dell’anno. Il 2016 si è concluso con un convergente monito del Presidente della Repubblica e del Papa sul nodo irrisolto del lavoro e, in particolare, della condizione dei giovani. Un nodo che rappresenta bene ciò che nel nostro Paese da troppo tempo non funziona compromettendo crescita economica e benessere sociale.

Questo monito ha fatto partire un dibattito pubblico su come mettere al centro le nuove generazioni di un nuovo progetto di Paese? No, purtroppo. È semplicemente caduto nel vuoto. Il meccanismo seguito è stato quello tipico. Qualche articolo occasionale e generico sui poveri giovani e sul loro triste destino. Spostamento dell’attenzione all’emergenza e alla politica politicante, alla questione degli avvisi di garanzia e al nuovo codice per gli eletti del Movimento Cinque Stelle. Ecco allora che Beppe Grillo passa dalla difesa all’attacco, spostando il dibattito in modo geniale: dall’accusa al M5S di diventare come gli altri partiti, all’accusa a giornali e telegiornali di essere la principale fonte di bufale e notizie false. Questi ultimi ci cascano e si riempiono di articoli e servizi a difesa del proprio modo di fare informazione. Vince ancora una volta la politica politicante e la tendenza dell’informazione ad avvitarsi su se stessa.

E il tema vero del Paese nel monito di inizio anno di Mattarella e Bergoglio? Come si risponde all’esigenza di reimpostare in modo virtuoso crescita, lavoro, ruolo delle nuove generazioni? Già tutto dimenticato, in attesa di qualche dato che susciti nuovo interesse.

Benvenuti nell’Italia del 2017. Anzi bentornati nell’Italia che replica ogni anno meccanismi politici e informativi che girano a vuoto.

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