Un’Europa a più velocità è la risposta più efficace contro le sirene populiste

L’ondata di populismo in Europa riflette l’incapacità delle istituzioni di affrontare le varie crisi, ma soprattutto un vero e proprio deficit di legittimità democratica. Per uscire da questa situazione servono maggiore flessibilità, un migliore coordinamento tra paesi e meccanismi di solidarietà

L’ondata di populismo in Europa riflette non solo l’incapacità delle istituzioni europee di affrontare le varie crisi, ma un vero e proprio deficit di legittimità democratica. Questa la diagnosi della politologa Vivien Schmidt (Social Europe), che propone la sua terapia contro il fascino delle proposte demagogiche: ristrutturare l’Unione Europea e le sue politiche, e al tempo stesso attuare una riconciliazione con i principi fondamentali della democrazia sociale e del progressismo. Ciò risulterebbe, sul piano economico, in una rilettura delle politiche neo-liberali incentrate su liberalizzazione dei mercati finanziari, deregolamentazione del mercato del lavoro e razionalizzazione dello stato sociale.

Realisticamente, la riaffermazione di sentimenti nazionalisti in Europa mette in luce un bisogno di riforma dell’Unione più che essere un segnale di disgregazione imminente. Dei cinque scenari recentemente pubblicati nel Libro bianco della Commissione, quello di un’Europa a più velocità sembra il più efficace per appianare sia le divisioni nella zona euro sia le sfide che i nuovi membri trovano ad affrontare

Questi processi hanno fatto sì che ampie fasce dell’elettorato finissero ammaliate dalle sirene populiste dell’estrema destra. Sul piano istituzionale, l’Eurozona avrebbe operato una “re-interpretazione dissimulata delle norme”, mentre sarebbe più corretto ed efficace modificarle in maniera palese. Una strada possibile passerebbe attraverso la revisione di tutto il processo del Semestre Europeo secondo una logica bottom-up e di maggiore flessibilità; un migliore coordinamento tra paesi, in modo tale che ogni paese possa decidere le misure più adeguate al proprio modello di sviluppo economico; la trasformazione dei Fiscal council o dei Competitiveness councilche oggi sono i “falchi” degli aggiustamenti strutturali – in organismi orientati alla definizione di politiche industriali. Tuttavia, nulla di tutto questo sarà possibile se gli stati membri continueranno a esibire livelli di indebitamento eccessivi da un lato, e surplus eccessivi dall’altro: sono quindi sempre più necessari dei meccanismi di solidarietà che vadano oltre l’European Stability Mechanism.

Merve Demirel (su Euractiv) commenta il clima di condivisibile ottimismo nel quale si sono svolte le celebrazioni del 60° anniversario dei Trattati di Roma. L’Unione potrebbe essere finalmente uscita da un periodo buio, e la strada da qui in avanti potrebbe essere in discesa. Realisticamente, la riaffermazione di sentimenti nazionalisti in Europa mette in luce un bisogno di riforma dell’Unione più che essere un segnale di disgregazione imminente. Dei cinque scenari recentemente pubblicati nel Libro bianco della Commissione, quello di un’Europa a più velocità sembra il più efficace per appianare sia le divisioni nella zona euro sia le sfide che i nuovi membri trovano ad affrontare.

Se c’è una lezione che è possibile trarre da Brexit, è che i numeri possono essere facilmente manipolati attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Paul Flynn sul Guardian documenta il caso delle botnet su Twitter – strumenti e software in grado di influenzare le comunicazioni sui social media, facendo sì ad esempio che determinati tweet risultino più in evidenza. Flynn riporta uno studio dell’Oxford Internet Institute secondo cui un terzo di tutto il traffico Twitter relativo al referendum su Brexit sarebbe stato originato da bot. La Cambridge Analytica – società di data analysis associata alla campagna “Leave.EU” – ha invece usato mezzi leciti, come gli annunci mirati che si diffondono tra i follower della persona interessata. In nome del fair play nella comunicazione politica sono stati istituiti controlli e restrizioni alle trasmissioni televisive, vista l’ampia portata del mezzo e l’influenza che è in grado di esercitare: i fatti recenti mostrano che oggi azioni online mirate possono essere altrettanto determinanti nella comunicazione politica.

Secondo Anthony Costello, non c’è dubbio che l’Irlanda sia lo Stato dell’UE che pagherebbe il prezzo più alto da un eventuale Brexit, dato il suo stretto rapporto con il Regno Unito. Tuttavia, nonostante l’impatto negativo a livello economico e politico, l’Irlanda potrebbe anche sfruttare la Brexit a proprio vantaggio, rafforzando il proprio potere negoziale e traendone privilegi significativi. Le relazioni commerciali, la questione dei confini settentrionali, il processo di pace e i diritti legati alla diaspora irlandese in UK saranno tra gli argomenti chiave sul tavolo dei negoziati. Un accordo svantaggioso su Brexit – ovvero un accordo che allontanasse il sistema economico britannico dall’UE – si rifletterebbe in modo negativo anche sull’economia e la politica irlandesi.

Traduzione dall’originale a cura di Veronica Langiu

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