Macron ha quasi sconfitto il populismo, ma ora deve conquistare Regno Unito e Stati Uniti

Il successo del presidente francese sembra aver segnato una battuta d'arresto delle forze populiste europee, ma per cambiare paradigma deve prima conquistare una maggioranza in Parlamento e portare May e Trump dalla sua parte

Il populismo ha davvero toccato il suo massimo in Europa? Se lo chiede Philippe Legrain, su Project Syndicate: se da un lato il successo di Macron in Francia rappresenta una battuta d’arresto alla diffusione dei movimenti populisti, dall’altro non sarà facile per il leader francese inaugurare un cambiamento di paradigma. Soprattutto se si considera che deve ancora conquistare una maggioranza in parlamento, e che non sarà facile ottenerla senza la collaborazione dei conservatori. Infine, Legrain conclude, è bene che Macron non segua la parabola fallimentare del suo (ex) collega italiano Matteo Renzi, costretto alle dimissioni dopo la sconfitta sul referendum costituzionale di dicembre.

Su Social Europe, Simon Wren-Lewis si chiede come mai le forze populiste sembrano avere presa nel Regno Unito e negli Stati Uniti più che altrove. Secondo l’autore questo si spiega a partire dalla combinazione decisiva tra marcate politiche “neoliberali” e disponibilità da parte di partiti conservatori – o partiti conquistati da leader di estrema destra, come è successo negli USA – a fare proprie politiche “anti”-immigrazione.

E per quanto riguarda l’economia, il populismo fa presa? Sul New York Times Ruchir Sharma si chiede provocatoriamente come sia possibile che Wall Street vada così bene nonostante la presidenza Trump. Secondo l’autore c’è una spiegazione controintuitiva: lungi dall’approvare la “Trumpnomics”, gli investitori americani hanno capito che gli slogan elettorali di Trump non lasciano mai il campo della pura retorica. In altre parole, il fatto che Wall Street non dia segnali di allarme può essere considerato come una garanzia della stabilità economica del Paese, e gli oppositori di Trump dovrebbero gioirne. Infine Sharma evidenzia la ripresa dell’economia globale, con Europa e Giappone che registrano le performance migliori dallo scoppio della bolla finanziaria nel 2008.

Il successo di Corbyn nel dibattito di lunedì riveli un’importante verità sul sistema mediatico britannico, ossia la sua tendenza a favorire la destra. Freedman afferma che quando viene data la parola a Corbyn, si ha l’impressione che nelle sue argomentazioni si riconosca un ampio spettro di elettori

In modo simile, in policy brief a cura dell’OCP Policy Center, Uri Dadush sostiene che nonostante le pressioni provenienti dall’amministrazione Trump e da altri governi protezionisti, le imprese dovrebbero mantenere gli investimenti esteri o le attività di reshoring, se sostenibili e compatibili con i loro interessi di crescita. Dadush è dell’avviso che nonostante molti intellettuali, economisti e commentatori parlino di una sconfitta della globalizzazione, si andrà incontro a un’espansione del fenomeno nel prossimo futuro.

Il momento favorevole del leader laburista Jeremy Corbyn, a spese del primo ministro Tory, Theresa May, ha riportato la campagna elettorale nel Regno Unito al centro dei riflettori. Sull’Independent, Matthew Norman commenta lo scontro televisivo di lunedì sera e, come molti altri suoi colleghi, riconosce il successo di Jeremy Corbyn su una May “troppo sulla difensiva”. Nonostante l’autore non creda nella vittoria finale del Labour, è tuttavia convinto che Corbyn possa vincere sugli avversari interni, i cosiddetti Blairites. Se Corbyn dovesse continuare a raccogliere consensi in tutto il Regno Unito, potrebbe migliorare la performance elettorale del partito laburista rispetto ai tempi di Ed Miliband e Gordon Brown; una prospettiva, questa, che consoliderebbe il controllo di Corbyn sul partito.

Su OpenDemocracy, Des Freedman sostiene che il successo di Corbyn nel dibattito di lunedì riveli un’importante verità sul sistema mediatico britannico, ossia la sua tendenza a favorire la destra. Freedman afferma che quando viene data la parola a Corbyn, si ha l’impressione che nelle sue argomentazioni si riconosca un ampio spettro di elettori. Freedman, critico verso i media, sottolinea la frattura tra le esigenze dell’agenda elettorale e gli interessi degli elettori.

Traduzione dall’originale a cura di Veronica Langiu

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