Che la nostra presa di decisione non sia perfetta non è un mistero. È un tema che abbiamo ampiamente approfondito in un articolo precedente: l’uomo è molto lontano dall’essere il decisore razionale che crede. Questa incapacità di giudizio e di decisione si riflette nella nostra vita personale e nelle nostre organizzazioni causando anche danni abbastanza ingenti e impedendoci di essere dei buoni risolutori di problemi.
Nella medesima direzione vanno le riflessioni di Paul Watzlawick – uno dei più grandi studiosi della comunicazione del secolo scorso, autore di Pragmatica della Comunicazione Umana – che ha dedicato al tema del problem solving strategico un volume davvero molto interessante dal titolo “Change”.
«Questa incapacità di giudizio e di decisione si riflette nella nostra vita personale e nelle nostre organizzazioni causando anche danni abbastanza ingenti e impedendoci di essere dei buoni risolutori di problemi»
Il volume si apre proprio con un racconto che chiarisce molto bene i termini in gioco.
La duchessa del Tirolo, Margareta Maultasch, fa accerchiare nel 1334 il castello di Hochosterwitz, situato su una rupe scoscesa e inespugnabile a un attacco diretto. L’obiettivo era quello di fiaccare per fame gli abitanti e costringerli alla resa. E così fu: la situazione si fece critica e tutto quello che rimaneva agli assediati non era che un bue e qualche sacca d’orzo; tuttavia anche per le truppe della duchessa la situazione – dopo giorni di lotte e di assedio – non era delle migliori. Il capitano del castello prese allora una decisione ritenuta folle: fece macellare l’ultimo bue rimasto e ne riempi la cavità addominale con l’orzo, ordinò poi di scaraventare il bue contro le truppe nemiche giù dai bastioni della fortezza. Nel vedere un simile spreco di risorse la duchessa decise per la ritirata, convinta che gli assediati avessero ancora un enorme riserva di cibo.
Una soluzione totalmente controintuitiva che però ha portato a una riconfigurazione del problema e alla sua immediata risoluzione.