Tanti soldi spesi per niente. È, nella sostanza, il riassunto di qualsiasi campagna elettorale. I candidati si arrabattano in ogni modo, comprano pubblicità, cartelli, volantini. Organizzano incontri, convegni, feste e manifestazioni. Si va casa per casa o città per città, in treno o in camper o in bicicletta (i più ricchi lo fanno in nave). Raccolgono milioni e, a seconda dei Paesi, miliardi, e poi li dilapidano in spot, viaggi, consulenze e caffè. Il tutto per non cambiare, alla fine, quasi nulla.
È il risultato di uno studio dell’American Political Science Review. I ricercatori hanno analizzato l’efficienza della spesa dei candidati alle elezioni americane del 2016: hanno utilizzato 6,8 miliardi di dollari per convincere gli americani, ma non si è visto alcun effetto tangibile. In altre parole, solo 1 elettore su 800, grazie alla pubblicità in televisione, alla pressione elettorale, alla forza retorica dei candidati, ha cambiato idea. Voleva votare Trump, ha votato la Clinton. Voleva votare la Clinton, ha votato Trump. In tutto, sarebbero 174mila su 139 milioni. Una cifra trascurabile, per le statistiche (ma – attenzione – non per la realtà. La Clinton ha perso per strada 100mila preziosi voti, che hanno cambiato le sorti del mondo).
Il vero effetto delle campagne elettorali, allora, è un altro. Attirare le persone alle urne. Se nessuno cambierà idea, resta solo da puntare al mondo grigio dell’astensione. L’enorme battage di spot e slogan servirà a convincerli a uscire dall’ombra e andare a votare. Non è un caso che le campagne elettorali – continua lo studio – si rivelano più efficaci in occasione di primarie o di referendum, situazioni in cui la posizione politica è assente o molto debole (tranne il 4 dicembre 2016, chiaro).
Resta una sola certezza, che è evidente dai tempi di Tocqueville: le elezioni sono un grande, enorme spettacolo. Una particolare forma di Giochi Olimpici che, ogni quattro anni, intrattiene la nazione per più mesi: meglio del SuperBowl, meglio dell’NBA. E che, con il suo immenso giro di denaro, permette una redistribuzione di ricchezza, incidendo sull’economia di tutti i settori. In particolare, l’industria di caffè.