Sembra incredibile, ma alle soglie della più grande rivoluzione tecnologica, culturale e sociale che il mondo abbia mai conosciuto, c’è ancora moltissima gente che cerca un posto di lavoro come quelli cui erano abituati i nostri genitori e nonni.
Un posto fisso, sicuro, da dipendente, con uno stipendio che basti per vivere bene e per mettere su famiglia, comprarsi una casa, una macchina, andare in vacanza al mare o ai monti e togliersi qualche sfizio, tra un Black Friday e un Cyber Monday.
Quest’orda di cercatori d’oro del nuovo millennio è perfettamente consapevole di quanto sia difficile trovare un “posto”, ma si fa forte di competenze, titoli, esperienze pregresse e infinita pazienza, confezionando curriculum e affrontando colloqui e selezioni, come se il tempo che passa non fosse altro che un trascurabile ostacolo tra il limbo della disoccupazione e la vita vera, certificata da stipendio e contributi.
Molti di loro hanno ben poche speranze, a dire il vero, e alcuni sono già finiti nelle schiere dei cosiddetti “scoraggiati”, rinunciando alla ricerca del “posto”; ma chi le competenze, i titoli e tutto il resto ce l’ha in regola, non può e non deve lasciare che questi siano l’unica variabile e credenziale da mettere sul campo.
Il mondo è pieno di gente preparata, competente, titolata e perfettamente in grado di svolgere un determinato lavoro, infatti. Gente che può dare molto e che sul mercato vale e sa farsi valere, contro la quale non bastano titoli, referenze e skill. Essi rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente, in un mercato del lavoro affollato e competitivo.
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