Quando ho preso per la prima volta il mio cane in braccio, inesperto e inconsapevole anche del fatto che quello sarebbe stato il mio cane, cercai di riconoscerne il sesso, di capirne il genere, ma data la sua piccolissima età e la mia totale inesperienza alla fine chiesi informazioni ai suoi precedenti proprietari.
Ricordo una reazione del genere anche quando da piccolo mi regalarono pesci rossi o tartarughe. Quale fosse il mio interesse per il genere sessuale di quell’animale non era dato sapersi, tuttavia sul cane riuscii ad avere una risposta, sui pesci e sulle tartarughe no.
Cosa si nascondeva dietro quel corpo totalmente nudo e eppure, per me, incomprensibile, rimane un velo che non sono riuscito a squarciare. Ancora oggi quando mi capita di guardare un pesce o una tartaruga (ma probabilmente mi capiterebbe anche con molti altri animali e insetti), non ne riconosco il genere. Già da piccolo però sono riuscito a convivere con questa incerta definizione sessuale. Quei pesci usati, fondamentalmente, come giocattoli mi hanno però insegnato che forse non è così determinante sapere, di un altro essere vivente, la sessualità. Tuttavia una sessualità dovevano pur averla. E in questo Paul Valery, in maniera abbastanza diretta, mette in relazione l’essere (difetto di purezza del non-essere) con il godimento, senza il quale sarebbe vano l’universo:
Io sono nel posto in cui si vocifera che «l’universo è un difetto nella purezza del non-essere». Non senza ragione perché con il suo astenersi questo posto fa languire lo stesso Essere. Questo posto si chiama Godimento, ed è ciò in cui difetto renderebbe vano l’universo. Ma allora l’ho su di me? – Indubbiamente sì. Questo godimento la cui mancanza rende l’Altro inconsistente è dunque mio? L’esperienza prova che ordinariamente mi è proibito, e non soltanto, come penserebbero gli imbecilli, per un cattivo accomodamento della società, ma, io direi, per colpa dell’Altro se esistesse: ma poiché l’Altro non esiste, non mi resta che prendere la colpa su Io, cioè credere a ciò cui l’esperienza ci porta tutti, Freud per primo: al peccato originale.
Ma cos’è il godimento? Perché soltanto gli imbecilli penserebbero di legarlo a un accomodamento della società? E cosa ha a che fare tutto questo con gli animali? Forse bisogna ripartire ancora una volta da un testo letterario, bisogna ritornare a Gli animali che amiamo di Antoine Volodine, e precisamente nel momento in cui, come già anticipato nel terzo racconto di questa passeggiata tra gli animali, un elefante e una donna si trovano uno di fronte all’altra senza riuscire a comprendere il perché della mancata attrazione, al di là della specie:
«In caso non l’avessi notato, sono una femmina» disse.
Wong biascicò qualcosa. Si dondolava a poca distanza. E figurati, mi pareva troppo bello, pensò. Adesso si comincia.
L’umano grondava sudore. Le mosche gli ronzavano intorno. Le libellule emettevano uno stridio metallico. Tornò a rabbrividire. Aveva un’aria ansiosa, occhi lacrimosi.
«La prof ci ha parlato delle tecniche di riproduzione» disse «Ci ha spiegato cosa succedeva tra un maschio e una femmina. Tu sei un maschio, Wong?».
«Sì» disse Wong.
«Allora, dovrei farti un certo effetto, di norma. Ti faccio effetto?».
Wong dedicò mezzo secondo a esaminarsi da sé. Una prolungata introspezione non era necessaria.
«No» disse.
«E perché» chiese l’umano.
«Finiscila. Tatiana Crow. Dammi un po’ d’acqua. Devo ripartire».
«Dovresti aver voglia di copulare con me, di norma».
Wong scosse l’enorme testa.
Cosa avviene qui con il mancato godimento? Sarebbe stato possibile un godimento tra un elefante e una umana? Ma soprattutto viene da chiedersi se Wong è cosciente della propria nudità davanti all’umana. Si potrebbe avanzare, seguire una traccia, che sarebbe una traccia animale, fatta solo di domande alle quali certamente non si avrebbero risposte, perché le risposte animali sarebbero comunque fornite dall’uomo. Allora cosa succede con tutto questo?
Serve ancora una volta l’aiuto di qualcuno che possa mettere in ordine le domande, qualcuno che ci consenta un’approssimazione al corpo animale. Georges Bataille scrive:
Credo che l’erotismo sia la conferma della vita fin dentro la morte. La sessualità implica la morte, non soltanto nel senso che i nuovi nati continuano e sostituiscono gli scomparsi, ma anche perché mette in gioco la vita dell’essere che si riproduce. Riprodursi significa scomparire, e gli esseri asessuati più semplici si riducono nel riprodursi. Essi non muoiono, se per morte si intende il passaggio dalla vita alla decomposizione, ma l’individuo che esisteva, riproducendosi, cessa di essere quello che era, perché si sdoppia. La morte individuale costituisce soltanto un aspetto dell’eccesso proliferatore dell’essere. […] Nessun animale può accedere alla riproduzione sessuata senza abbandonarsi a quel movimento la cui forma compiuta è la morte. In ogni caso, fondamento dell’effusione sessuale è la negazione dell’isolamento dell’io, che conosce il pieno soddisfacimento soltanto estenuandosi, oltrepassando se stesso nell’abbraccio in cui la solitudine dell’essere si perde.
A questo punto, Bataille ci chiede, prima di arrivare alla sessualità o alla riproduzione, di avvicinarci al corpo dell’animale, al corpo di Wong, nudo davanti alla donna umana senza essere consapevole della propria nudità, ma essendo consapevole del proprio esser vivo. Viene il dubbio, seguendo la traccia dell’animale, le impronte delle sue zampe sul terreno, cercando di capire dove condurrà, che il suo esser nudo si esplicita nel non-esser-nudo.
E dunque chi può esser nudo? Solo qualcuno che si copre? solo l’uomo? Quasi come se la nudità non fosse altro che l’unica differenza tra l’animale umano e l’animale non umano. Bisogna riallacciare diversi temi sino a qui lasciati implicitamente in sospeso. Il primo è senza dubbio quello del pudore, del rapporto tra animali umani e animali non umani nella religione, affrontato nel secondo racconto di questa passeggiata tra gli animali. È con Adamo ed Eva che viene introdotto, con forza, nella cultura occidentale, il pudore legato al senso di colpa, e in questo senso è Milton nel Paradiso perduto che spiega il passaggio dalla nudità alla vestizione:
“Né quelle parti misteriose erano
tenute allora coperte; allora non essendovi
una vergogna colpevole: disonesta vergogna delle opere
della Natura, disonorevole onore, nutrito di peccato,
come hai turbato gli uomini, facendo invece mostra
e soltanto apparente di sembrare pura, e come
dalla vita dell’uomo hai esiliato la più felice,
la sua semplicità, la sua innocenza prima d’ogni macchia.
E così essi passavano nudi, senza evitare gli sguardi
né di Dio né degli angeli, in quanto
non pensavano il male; passavano
la mano nella mano, la coppia più bella che mai
si sarebbe incontrata più avanti in abbraccio d’amore”.
Ciò che accade con la vestizione, con la copertura e con il pudore, è ciò che serve capire per poter parlare del corpo degli animali. L’uomo, come racconta Milton, passa dalla purezza della nudità, alla perdita dell’innocenza correlata alla vestizione. Ma da chi copriva il proprio corpo Eva? e da chi Adamo? La vestizione avviene una volta scoperto il male, che evidentemente consiste nel desiderio carnale, nell’attrazione. Ciò che è interessante notare è il ribaltamento compiuto da Milton, per il quale la nudità è il rappresentarsi senza pudore, il pudore subentra con la “macchia”. In questo ribaltamento quindi abbiamo che il corpo vestito, quello coperto, quello macchiato diventa il corpo nudo, senza macchia.
Ma Adamo ed Eva non si coprono perché visti da altri animali, si coprono scoperto il male, il peccato. Quindi posso dire che se dovessi trovarmi nudo, di nuovo davanti al mio cane, nato da pochi giorni, lui non saprebbe niente della mia nudità, e non saprebbe di essere nudo anche lui. Ma esiste una forma di pudore animale, possiamo ricercarla nei riti d’accoppiamento degli animali non umani, risiede nell’esibizione delle proprie qualità e nella svestizione. Dal rilascio di odori, al piumaggio, a particolari riti attrattivi, ciò che viene mostrato è ciò che successivamente viene coperto. Ciò che diventa attrattivo è una simulazione, una messa in scena, che non si discosta molto dal vestiario umano.
Introdotto il pudore, nell’atteggiamento dissimulatorio dell’animale orientato all’accoppiamento, non è possibile più sottrarsi dal riconoscere una nudità anche nell’animale stesso, che al contrario non utilizza la foglia per coprirsi, ma un atto di simulazione, una messa in scena.
Il mio cane, quindi, non è mai stato nudo davanti a me, così come non lo sono stato io davanti a lui, ed è forse per questo che Valery non ritiene che il godimento sia ordinariamente proibito per una questione sociale, perché ciò che riguarda la nudità, riguarda me e l’altro. Seguendo questa traccia, queste impronte di animale sul terreno, non possiamo che arrivare all’impossibilità di distinguere la nudità animale umana da quella non umana. Non posso che tornare a guardare il corpo animale come qualcosa di totalmente altro. Inoltre il sentimento di vergogna o di pudore emerge anche, d’istinto, in alcuni animali, nel momento della perdita del corpo, quando prossimi alla morte si vanno a nascondere.
Tuttavia il pudore non è il solo elemento che caratterizza il corpo animale e lo riporta in prossimità del corpo umano, ma è un elemento che mette in evidenza una serie di correlati estremamente interessanti, come ad esempio l’erotismo animale, i meccanismi di simulazione, di finzione o la vergogna. Molti aspetti di tutte queste sfaccettature mi sono rimasti nascosti per anni, dal momento in cui presi quel cane tra le braccia, fino forse al momento in cui è morto, lasciandomi inconsapevole d’avere a fianco un animale non così distante da me.