Cibo e futuroEcco come smettere di sprecare cibo (a cominciare dalla tua tavola)

Il tema sul piatto, è il caso di dirlo, è la mal-educazione alimentare nel senso più comune del termine: non rispettiamo il cibo e ciò che ci sta dietro perché non ne identifichiamo il valore. “Il metodo spreco zero” di Andrea Segrè, spiega come porre rimedio

Un estratto da “Il metodo spreco zero” di Andrea Segrè (Rizzoli). Segrè sarà presente al Linkfestival di Trieste, domenica 12 maggio.

In Italia vivono oltre 60 milioni di persone, molto diverse fra di loro per genere, età, lavoro e così via. C’è tuttavia una cosa che le accomuna: tutte mangiano, anche se in modo assai diverso. Dagli omogeneizzati alle colazioni veloci alle merendine dei bambini, dalle pizze d’asporto alle cene in famiglia o ai pranzi della domenica con i piatti della tradizione. Considerando una media di tre pasti al giorno, possiamo stimare che nel nostro Paese si consumino quotidianamente 180 milioni di pasti: una montagna di alimenti. E anche una montagna di soldi. Nel 2018, ci dice l’Istat, il valore della spesa alimentare domestica degli italiani, escluso cioè quello che spendiamo per andare a mangiare fuori, ammontava a 142,5 miliardi di euro.

Questo perché siamo unpopolo che attribuisce molta importanza al cibo e, sebbene calano, anzi diventiamo sempre più attenti alla qualità dei cibi acquistati e alla salubrità della nostra dieta. Nulla di male in tutto ciò, siamo italiani: quando si tratta di applicarsi con cura, piacere e fantasia a quello che serviamo e gustiamo a tavola vantiamo un primato mondiale, in tutti i sensi, anche per quanto siamo disposti a spendere. Tuttavia a nessuno di noi piace sprecare soldi.

Eppure, in materia di cibo, spesso ma in maniera inconsapevole sprechiamo molti euro gettandone via parecchio, per la maggior parte ancora buono da mangiare; alimenti che, per varie ragioni, finiscono direttamente nel bidone della spazzatura. Gli euro sprecati aumentano non solo perché abbiamo pagato quel cibo, che è stato coltivato, trasformato, trasportato, imballato, distribuito, ma anche perché dovrà essere smaltito come qualsiasi altro rifiuto. Che senso ha spendere denaro per qualcosa che non ci porta alcun vantaggio? Oggettivamente,nessuno. Al di là di una questione etica, buttare denaro con lo spreco alimentare è semplicemente un’azione poco furba.

Molti italiani hanno già capito l’inutilità dello spreco alimentare. Nel 2018, infatti, quattro intervistati su dieci hanno dichiarato di aver ridotto gli sprechi nell’ultimo anno. Ci sono riusciti pianificando gli acquisti necessari prima di fare la spesa (96%) o congelando il cibo cucinato in eccesso (92%). Si tratta di strategie che rientrano nel buon senso di ciascuno di noi:quasi sei italiani su dieci, quando cucinano troppo, conservano gli avanzi per un consumo successivo o si inventano un modo per riusarli; quasi un italiano su due controlla se il cibo sia ancora buono prima di buttarlo; quattro su dieci fanno attenzione a consumare il cibo prima che deperisca; tre su dieci si affidano alla sana abitudine della lista della spesa per evitare di comprare più del dovuto (dati Waste Watcher 2019).

Sembrerebbe dunque che in fatto di sensibilizzazione sul tema di riduzione dello spreco negli ultimi anni sia stato fatto un buon lavoro e che la maggior parte degli italiani sia informata. Se da un lato quattro su dieci dichiarano di sprecare meno rispetto a qualche tempo fa, dall’altro le numerose campagne relative all’argomento non hanno prodotto differenze rilevanti per sei italiani su dieci, i quali sono consapevoli dell’esistenza di un «problema spreco» ma non hanno tradotto questa consapevolezza in abitudini concrete di prevenzione e riduzione dello stesso.

È principalmente a loro che si rivolge questo manuale di «economia domestica», una disciplina che un tempo si studiava a scuola e oggi sembra un lontano ricordo, ma che opportunamente aggiornata secondo le esigenze attuali potrebbe essere di grande utilità pratica. Partiamo dunque dal comportamento e dalle abitudini legate ai consumi alimentari delle famiglie italiane. Probabilmente i quarantenni-cinquantenni italiani di oggi hanno buone abitudini alimentari perché le hanno ereditate dai loro genitori e nonni, cioè da quelle generazioni vissute a cavallo dell’ultimo conflitto mondiale che non conoscevano il concetto di spreco. Evidentemente, in termini statistici, non siamo riusciti a infondere ai nostri figli questi valori intrinseci riguardanti il cibo che ci sono stati trasmessi dai nostri padri, dato che un ragazzino su tre risulta obeso. Il tema sul piatto, è il caso di dirlo, è la mal-educazione alimentare nel senso più comune del termine: non rispettiamo il cibo e ciò che ci sta dietro perché non conosciamo tutta la filiera e non ne identifichiamo il valore, siamo ignoranti in materia e come tali ci comportiamo. Allora l’impegno maggiore verso i nostri figli è quello di trovare insieme a loro la misura più sana fra gli eccessi della nostra società.

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