Incontri ravvicinati del terzo tipo La lezione di Lady Gaga: la volontà è più forte del talento

"La terza porta" (Luiss Univeristy Press) è la storia straordinaria di Alex Banayan, oggi uno dei più influenti under 30 al mondo secondo Forbes. Figlio di rifugiati iraniani a 18 anni viaggia per intervistare i migliori in ogni campo da Bill Gates a Lady Gaga per capirne i segreti

JEAN-BAPTISTE LACROIX / AFP

Pubblichiamo un estratto di La terza porta “(Luiss Univeristy Press). È un libro che racconta la storia straordinaria di Alex Banayan, oggi uno dei più influenti under 30 al mondo secondo Forbes e “Most Powerful People Under 30” per Business Insider. La terza porta è l’avventura di uno studente universitario (allora diciottenne), figlio di rifugiati iraniani, che – dopo aver vinto un premio a un gioco televisivo – decide di partire per un lungo viaggio (sette anni) alla ricerca di uomini e donne conosciute in tutto il mondo perchè hanno dimostrato di essere i migliori nel loro campo – da Bill Gates a Warren Buffet, da Steven Spielberg a Lady Gaga.​

Raggiungemmo il locale e ci avvicinammo alla fila che era un tale casino da sembrare una bolgia infernale. Matt Michelsen, il fondatore del social network di Lady Gaga, mi strinse a sé e mi guidò attraverso la folla. A terra c’era una distesa di bottiglie di birra rotte e la luce della luna faceva brillare il vetro in frantumi. Un branco di buttafuori faceva la guardia all’entrata. “La festa è al completo” disse uno dei buttafuori avanzando verso di noi. “Siamo con Gaga” rispose Matt. “È già dentro. Non entra più nessuno.” Ci fu una breve pausa di silenzio, poi anche Matt avanzò verso il buttafuori. Gli disse qualcosa all’orecchio. Il buttafuori esitò – poi si fece da parte. Quando si aprì la porta, il ritmo martellante della musica techno mi rimbombò dentro. Io e Matt ci facemmo largo tra la folla accalcata sulla pista. Centinaia di persone puntavano i cellulari nella stessa direzione, tenendoli in alto per scattare delle foto. Sopra una pedana rialzata riservata ai VIP, sotto un’accecante luce bianca, c’era una delle pop star più famose al mondo. Lady Gaga aveva dei capelli biondo platino che le arrivavano alla vita. Stava in equilibrio su delle scarpe alte almeno venticinque centimetri. La pedana riservata ai VIP era stracolma di gente e un buttafuori che sorvegliava le scale ci disse che non si poteva salire. Stavolta Matt non si disturbò a parlare con la guardia. Ci spostammo di fronte alla pedana, proprio dove si trovava Lady Gaga. “Ehi, L.G.!” gridò Matt. Lei ci guardò e la sua espressione divenne raggiante. “Salite!” “C’è troppa gente” rispose Matt. “Non ci lasciano…” “Salite, cazzo!”

Pochi secondi dopo, due guardie del corpo ci aferrarono per le braccia e ci trascinarono sulla pedana. Matt andò dritto da Gaga. Io rimasi indietro per lasciarli tranquilli. Qualche minuto dopo Matt puntò il dito nella mia direzione. Una guardia del corpo mi aferrò per una spalla, mi spinse attraverso la folla e mi lasciò accanto a Matt e a Lady Gaga. Matt ci mise entrambe le braccia sulle spalle e ci tirò a sé. “Ehi, L.G.” gridò per farsi sentire nonostante la musica. “Ti ricordi che ti ho parlato di una cosa che si chiama la Terza Porta?” Lei sorrise e annuì. “E ricordi che ti ho raccontato la storia di un tizio che si è imbucato a The Price Is Right? Lo stesso tizio che insieme ai suoi amici è andato all’assemblea degli azionisti di Warren Bufett?” Lei fece un sorriso ancora più grande e annuì ancora più convinta. “Be’,” disse Matt, indicandomi “quel tizio ce l’hai davanti”. Gaga sgranò gli occhi – si voltò verso di me, slanciò le braccia in alto e mi diede un abbraccio enorme.

I giorni seguenti avrebbero rappresentato per Gaga l’opportunità di aprire un nuovo capitolo della sua carriera e non voleva che il fardello dell’ultimo anno la schiacciasse.

Fin da quando Elliott me lo aveva presentato al concerto a New York, Matt era diventato un mentore per me. Mi aveva ospitato nella sua dependance per settimane, con lui ero stato a New York e a San Francisco, e quando avevo avuto problemi con la faccenda di Zuckerberg, lui aveva subito cercato di aiutarmi. Anche quando si era trattato di organizzarmi un’intervista con Lady Gaga, non avevo avuto nemmeno bisogno di chiedere. Era stato Matt a sollevare la questione e mi aveva proposto di occuparsene. È fatto così. Il pomeriggio dopo aver conosciuto Lady Gaga nel locale, ero sul divano della suite di Matt quando lui entrò mentre era al telefono. Fece avanti e indietro per la stanza. Quandò attaccò, gli chiesi con chi stesse parlando. Mi disse che era Lady Gaga – e stava piangendo. Matt si sedette e mi spiegò la situazione. I primi due album di Gaga erano stati dei successi internazionali e l’avevano catapultata ai vertici dell’industria musicale, ma poi, solo nell’ultimo anno, si era rotta l’anca, era stata operata d’urgenza, era stata costretta su una sedia a rotelle e aveva dovuto cancellare venticinque date del suo tour. Poi aveva litigato con il suo manager storico sulla direzione da dare alla sua carriera e quando Gaga lo aveva licenziato ne avevano parlato tutti i giornali. Il suo manager, quello che in passato aveva respinto le mie richieste di intervista, aveva raccontato alla stampa la sua versione dei fatti, ma Gaga non aveva fatto dichiarazioni, il che aveva suscitato ancora più polemiche. E poi, solo qualche settimana prima, era uscito il terzo album di Gaga, ARTPOP, che la critica aveva stroncato. Rolling Stone lo aveva definito “strampalato”. Variety aveva etichettato alcune canzoni con l’appellativo “soporifero”. Il precedente album di Gaga aveva venduto oltre un milione di copie nella prima settimana. ARTPOP non ne aveva vendute nemmeno un quarto.

Questo era successo quattro mesi prima, e adesso Gaga stava per tornare sotto i riflettori. Di lì a due giorni avrebbe registrato la sua apparizione al Jimmy Kimmel Live! nel pomeriggio, fatto un concerto la sera, e fatto il discorso principale al South by Southwest Music Festival la mattina dopo. Il discorso era quello che la preoccupava di più. Non sarebbe stato un breve discorso davanti ai suoi fan. Stavolta si trattava di un’intervista di un’ora in una sala piena di dirigenti del mondo discografico e di giornalisti, molti dei quali erano amici del suo ex manager. Gaga temeva che alcuni si augurassero di vederla sprofondare nel più umiliante dei modi. Non era difcile immaginare che piega avrebbero preso le domande: Vedi ARTPOP come un fallimento? È stato un errore licenziare il tuo manager? Non credi che il tuo stile eccentrico si stia ritorcendo contro di te adesso che le vendite dei tuoi dischi sono calate? Per questo Gaga aveva chiamato Matt in lacrime, chiedendogli aiuto. Si sentiva incompresa. Sapeva di essere stata onesta con sé stessa quando aveva lavorato ad ARTPOP, ma non riusciva a trovare le parole per spiegare il senso dell’album. I giorni seguenti avrebbero rappresentato per Gaga l’opportunità di aprire un nuovo capitolo della sua carriera e non voleva che il fardello dell’ultimo anno la schiacciasse. Dopo che Matt ebbe finito di spiegarmelo, chiamò uno dei suoi dipendenti e nel giro di un’ora erano seduti accanto a me nella suite, a elaborare degli spunti che Gaga potesse usare nel corso della settimana. Il dipendente di Matt aveva quasi trent’anni. Sapevo che aveva studiato Economia al college, e non fece altro che pronunciare parole trite ritrite: “ARTPOP parla di collaborazione!”, “Sinergia!”, “Connessione!”

Ma non sarei stato nella stanza con lei il giorno dopo. E anche se ci fossi stato, non avrei potuto costringere Lady Gaga a guardare un video su YouTube

Mi venne voglia di urlare. “Non è così che si descrive lo spirito di un’artista.” Ma sentii che non era il caso che dicessi nulla, soprattutto dopo il trattamento generoso che Matt mi aveva riservato. Mi stava organizzando un’intervista con Lady Gaga alla fine della settimana e, soprattutto, mi stava ospitando nella camera degli ospiti della sua suite. Quindi, rimasi in silenzio. Ma avevo tantissime idee in testa. Avevo già letto la biografia di Gaga, mi ero gettato a capofitto negli articoli che la riguardavano e avevo studiato senza sosta i testi delle canzoni di ARTPOP. Mentre ascoltavo Matt e il suo collaboratore, mi sentii come un giocatore di basket in panchina, che non riesce a stare fermo, muove ossessivamente le gambe e non vede l’ora di gettarsi nella mischia. Dopo un’ora di brainstorming, Matt mi guardò con aria frustrata. “Ti viene in mente qualcosa?” “Be’” dissi, cercando di tenere a freno l’entusiasmo; ma invece, in modo quasi incontrollabile, le lezioni che avevo imparato durante il viaggio si fusero con tutto ciò che avevo su Gaga ed esplosero tutte insieme fuori dalla mia bocca. “L’arte è l’architettura delle emozioni e se guardiamo Gaga attraverso quelle lenti – le sue fondamenta, le sue travi di legno – risale tutto alla sua infanzia. Da piccola è andata alla scuola cattolica e si è sentita repressa.

Le suore misuravano la lunghezza delle sue gonne. La costringevano a seguire le regole. Adesso, quando Gaga indossa abiti fatti di carne, si sta ancora ribellando contro quelle suore!” “Tuttò ciò che Gaga rappresenta è la ribellione creativa!” disse Matt. “Esatto! Una volta il fondatore di TED mi ha detto: ‘Il genio è il contrario dell’aspettativa’, e adesso ha perfettamente senso! Che si tratti della sua musica o del suo modo di vestire, Gaga è sempre andata contro le aspettative.” Mi alzai di slancio dal divano, sentendomi vivo come non mi ero mai sentito prima. “L’eroe di Gaga è Andy Warhol” continuai “e usare una lattina di zuppa Campbell’s come soggetto artistico è anch’esso un gesto contro le aspettative! I critici hanno stroncato ARTPOP perché è troppo estremo e perché non ha incontrato il favore della massa come il suo ultimo album, ma se fosse proprio questo il punto? L’album di Gaga doveva deviare dal percorso intrapreso! Tutta la sua arte è l’opposto delle aspettative. Questo spiega che se fosse in cima alla top 40 dovrebbe fare l’opposto. ARTPOP non rappresenta Gaga che ha perso il suo smalto. ARTPOP rappresenta Gaga che è completamente sé stessa!”

Continuai a parlare finché non mi accasciai sul divano a riprendere fiato. Guardai Matt. “Complimenti” disse lui. “Hai ventiquattro ore per metterlo per iscritto.” Era mezzanotte passata. Matt era andato a una serata e io ero solo nella suite, con gli occhi incollati al portatile. Il fiume di parole che prima era sgorgato fuori dalla mia bocca adesso si era prosciugato. Entro la mattinata del giorno dopo, avrei dovuto consegnare a Matt un documento di una pagina con i temi chiave più una presentazione in PowerPoint che Matt avrebbe mostrato a Gaga. Prima, quando ero sul divano a guardare Matt e il suo collaboratore, avevo visualizzato tutto quello che avrei fatto se stessi giocando io la partita. Ma adesso che ero in campo mi sentivo, per quanto tentassi di saltare, come se avessi i piedi incollati a terra. I minuti diventarono ore. Andai a letto, sperando che avrei trovato l’ispirazione durante la mattinata. Mi sdraiai sotto le coperte, ma non riuscii a dormire. Continuavano a frullarmi mille cose in testa e, non so perché, cominciai a pensare a un video di Steve Jobs che avevo visto su YouTube anni prima. Nel video presentava la campagna di marketing “Think Diferent” e parlava dell’importanza di definire i propri valori. Fu uno dei discorsi più straordinari che avessi mai visto. Tirai giù le coperte e presi il portatile. Riguardai il discorso e mi lasciò di nuovo senza parole. Non riuscivo a pensare ad altro se non Devo far vedere questo video a Lady Gaga. Ha la magia che mi manca. Ma non sarei stato nella stanza con lei il giorno dopo. E anche se ci fossi stato, non avrei potuto costringere Lady Gaga a guardare un video su YouTube. Quindi mandai un’email a Matt: Ecco fatto… Fidati di me e guarda tutti e sette i minuti: https://www.youtube.com/watch?v=keCwRdbwNQY

Non solo il mio piano non aveva funzionato, ma eravamo all’ultimo quarto e io ero a corto di idee

Poco dopo, Matt entrò nella suite. “Hai guardato il video?” gli chiesi. “Non ancora. Adesso lo guardo”. Finalmente sembrava che le cose andassero nella giusta direzione. Matt andò nella sua stanza e attraverso la porta aperta sentii che stava guardando il video. Poi Matt riemerse con lo spazzolino da denti in bocca e il telefono in mano, quasi ignorando il video che andava avanti. Quando il discorso finì, Matt non se ne accorse nemmeno. Tornò nella sua stanza senza dire una parola. Io mi misi sotto le coperte. Non solo il mio piano non aveva funzionato, ma eravamo all’ultimo quarto e io ero a corto di idee. Mi svegliai prima dell’alba e scesi nella hall per continuare a scrivere. Per quanto ci provassi, le mie parole non avevano la forza che sapevo di poter esprimere. Poi mi chiamò Matt. “Sali in camera” mi disse. “La mia riunione con Gaga è stata spostata. Adesso abbiamo solo due ore.” Mi precipitai nella suite, aprii la porta e fu allora che vidi Matt in piedi davanti al bancone dell’angolo cottura, con le cufe e il portatile aperto, che guardava il video di Steve Jobs a schermo intero. Aveva lo sguardo fisso sul
video. Matt si voltò lentamente verso di me. “Mi è venuta un’idea” mi disse. Io rimasi in silenzio. “Voglio far sedere Gaga… e farle vedere questo video.” “SÌÌÌÌÌÌ!” gridai.
Preso dall’euforia del momento, tirai fuori il portatile e riscrissi tutta la pagina con i temi salienti in un minuto, esponendo perfettamente tutto quello che avevo detto il giorno prima. Matt conosceva Gaga come io non avrei mai potuto, quindi le sue correzioni portarono il discorso a vertici altissimi.
Adesso ci serviva solo il PowerPoint. Matt sarebbe dovuto arrivare a casa di Gaga entro un’ora, quindi cercai di finire il prima possibile. In un certo senso, era elettrizzante subire quel tipo di stress, come se ci fosse un timer che faceva il conto alla rovescia: 10… 9… 8… Quando Matt mi chiamò per dirmi che era arrivato, suonò il campanello e io mandai tutto. Un’ora dopo, sentii il telefono vibrare. Era un messaggio di Matt. Fuoricampo! Qui piangono tutti.

I due giorni successivi furono un turbinio di cose. Quella sera sul tardi raggiunsi Matt e Lady Gaga a un concerto di Snoop Dogg. Dopo aver preso una Red Bull al bar, li vidi seduti su un divano nell’area VIP. Matt mi fece segno di sedermi accanto a Gaga. Io mi sedetti e lei mi mise un braccio attorno alle spalle. Allungò l’altro braccio per prendere la mia Red Bull, fece un bel sorso e me la restituì. “Alex,” mi disse “a volte… a volte quello che senti dentro non riesci a esprimerlo a parole. Per la prima volta, tu sei riuscito a trovare le parole che mi mancavano. “E quella citazione di Andy Wharol” disse sorridendo e sventolando la mano. “Incredibile.” Dopo che io e Lady Gaga finimmo di parlare, ci raggiunse Kendrick Lamar e si sedette accanto a me sul divano. Snoop Dogg andava avanti con il concerto, cantando i miei brani preferiti. Mi alzai e cominciai a ballare, sentendomi libero come non mai. La sera dopo, mentre io e Matt andavamo al concerto di Gaga, andai su Twitter e vidi che la descrizione profilo era cambiata in ribellione creativa. Aveva twittato: ARTPOP è ribellione creativa. Non seguo le regole delle suore. Le regole me le scrivo da sola. #MonsterStyle #ARTPOP Qualcosa come un secondo dopo, sentii il boato di gioia di migliaia di fan che salutavano Gaga che ballava sul palco. Mentre cantava, una donna che era accanto a lei ingurgitava del liquido verde da diverse bottiglie. Gaga rimase immobile sotto il riflettore, la donna si mise due dita in gola e cominciò a vomitare sulla pop star. Gaga la chiamò “vomit art”. Quando vidi quel liquido verde sparato fuori dalla bocca della donna che schizzava su Gaga, feci una smorfia. Matt scoppiò a ridere. “Bell’esempio di opposto delle aspettative, eh?” Quella sera sul tardi andò in onda l’intervista di Gaga al Jimmy Kimmel Live. Kimmel iniziò con un colpo basso sul modo di vestire di Gaga, poi rincarò la dose prendendosela con ARTPOP. Ma Gaga non rimase lì a incassare. Contrattaccò con la citazione sull’“opposto delle aspettative” e dal pubblico partì un applauso scrosciante. In un batter d’occhio, la mattina dopo mi ritrovai seduto in prima fila tra Matt e il padre di Gaga ad ascoltare il discorso principale. Si abbassarono le luci. Gaga fece il suo ingresso sul palco con un ingombrante abito fatto di teli di plastica. Una delle prime domande fu proprio sulla “vomit art”. Gaga spiegò come fosse nata l’idea e poi disse: “Sapete, Andy Wharol credeva che si potesse fare arte usando della zuppa in scatola. A volte ciò che sembra più strano e più sbagliato, può davvero cambiare il mondo… Si tratta solo di liberarsi dalle aspettative dell’industria discografica e dalle aspettative dello status quo. Non mi è mai piaciuto che a scuola misurassero la lunghezza della mia gonna, che mi dicessero cosa dovevo fare o le regole che dovevo seguire”.

Tutti hanno il potere di fare delle piccole scelte che possono cambiare per sempre il corso della loro vita. Puoi scegliere di cedere all’inerzia e restare ad aspettare in fila davanti alla Prima Porta, oppure puoi scegliere di saltare la fila, precipitarti in fondo al vicolo ed entrare dalla Terza Porta

Prima che me ne accorgessi, dalla sala partì un applauso. Il discorso era finito e tutto il pubblico era in piedi. Gaga stava ricevendo una standing ovation. Matt andò direttamente in aeroporto e io tornai all’albergo per fare i bagagli. Mentre raccoglievo le mie cose, Matt mi mandò lo screenshot di un messaggio che aveva appena ricevuto da Gaga: Non so proprio cosa dire. Ragazzi, vi ringrazio infinitamente per quello che avete fatto. Il vostro supporto è stato fondamentale e, grazie a voi, mi sembra di avere le ali. Spero che tu e Alex siate orgogliosi di me. Non appena finii di leggere il messaggio di Gaga, me ne arrivò subito un altro. Era un amico della USC che mi invitava a una festa al campus. Gli amici con cui mi ero iscritto al college erano al secondo semestre dell’ultimo anno e festeggiavano la laurea. A mio modo, mi sentii anch’io al loro stesso punto. Mentre guardavo fuori dal finestrino dell’aereo, con uno strato di nuvole sofci sotto di noi, non riuscivo a smettere di pensare a come ero arrivato a passare gli ultimi giorni con Gaga. In un certo senso, tutto sembrava essere dipeso da piccole scelte. Anni prima, avevo scelto di scrivere un’email a Elliott Bisnow. Poi avevo scelto di andare in Europa con lui. Avevo scelto di andare a quel concerto a New York durante il quale mi aveva presentato Matt. Infine, avevo scelto di passare del tempo con Matt e instaurare un rapporto con lui4.

Mentre seguivo il corso di questi pensieri, mi venne in mente una citazione, da una fonte apparentemente inaspettata. Era da uno dei libri di Harry Potter. In un momento saliente della storia, Silente dice: “Non sono le nostre capacità che dimostrano chi siamo davvero, sono le nostre scelte.” Non sono le nostre capacità… sono le nostre scelte…
Ripensai alle mie conversazioni con Qi Lu e Sugar Ray Leonard. Il messaggio contenuto in quella citazione era la lezione più importante che avevo imparato durante quelle interviste. Anche se Qi Lu e Sugar Ray erano nati con delle incredibili capacità, quello che li rendeva unici ai miei occhi erano proprio le loro scelte. Il tempo di Qi era stata una scelta. Correre dietro allo scuolabus era stata una scelta. Cominciarono a scorrere nella mia testa altre immagini, proiettate davanti ai miei occhi come una serie di diapositive. Quando Bill Gates, nella sua stanza al dormitorio, superò la paura e prese il telefono per fare la sua prima vendita, era stata una scelta. Quando Steven Spielberg scese dal bus turistico degli Universal Studios, era stata una scelta. Quando Jane Goodall fece diversi lavori per mettere da parte i soldi per andare in Africa, era stata una
scelta.

Tutti hanno il potere di fare delle piccole scelte che possono cambiare per sempre il corso della loro vita. Puoi scegliere di cedere all’inerzia e restare
ad aspettare in fila davanti alla Prima Porta, oppure puoi scegliere di saltare la fila, precipitarti in fondo al vicolo ed entrare dalla Terza Porta.
È una
scelta che possiamo fare tutti. Se il mio viaggio mi aveva insegnato qualcosa, era che fosse possibile fare quelle scelte. Fu la convinzione che fossero realizzabili che aveva cambiato la mia vita. Perché quando cominci a pensare che quello in cui credi si possa realizzare, quello in cui credi diventa realizzabile. L’aereo toccò la pista di Los Angeles. Presi il borsone e attraversai il terminal, sentendomi calmo come non mai. Uscii dal ritiro bagagli. Quando mio padre accostò e scese dalla macchina,
gli diedi un lungo abbraccio. Misi il borsone nel bagagliaio e salii al posto del passeggero. “Allora, com’è andata l’intervista?” mi chiese mio padre. “Non c’è mai stata” gli risposi. Mentre gli raccontavo com’era andata, mio padre mi fece un enorme sorriso e andammo a casa.

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