Ambientalismo al potereDiciamo sì al governo verde Pd-Cinque Stelle: è un’occasione che non si ripresenterà

Movimento Cinque Stelle e Pd incarnano espressioni diverse del tema ambientale. Ma poiché se ciascuno fa per conto proprio si rischia di finire in un vicolo cieco, dove l’unico vincitore è chi reclama i pieni poteri per governare da solo e a perdere sono i giovani, è la soluzione più sensata

Filippo MONTEFORTE / AFP

Ha ragione il direttore Cancellato: se proprio ci si deve provare a fare un governo tra M5S e PD non balneare né tecnico ma politico, allora che sia verde. L’ambientalismo è più di altre espressioni di socialità quella che meglio coglie, anche con le sue contraddizioni, il segno di questi tempi e quindi ha in sé quel “cambiamento” di sistema evocato da entrambe le parti.

In assenza, o quasi, di un partito verde i due potenziali contraenti di nuovo contratto di governo – perché la formula si potrebbe riesumare – incarnano, a grandi linee, espressioni diverse del tema ambientale intorno alle quali, potenza della politica, potrebbero cercare una convergenza. Da una parte l’ambientalismo delle origini assecondato da sinistra e che ha tentato nella sua fase di maturità la via del riformismo capitalista, accettando la sfida di diventare parte integrante della value chain dell’economia green e circular. Dall’altra il movimentismo ambientalista riemerso recentemente intorno a questioni locali, principalmente legate a infrastrutture “impattanti” intorno alle quali si sono mobilitate comunità di scopo sul modello nimby e che in alcuni casi – grazie anche alla capacità di rappresentanza dei cinque stelle – sono diventate questioni di politica nazionale.

Chi oggi fosse chiamato a lavorare su questa proposta di governo così scabrosa nella composizione dell’alleanza dovrebbe considerare anche lo stakeholder che non c’è: i giovani e le loro aspirazioni di partecipazione politica e mobilità sociale

Percorsi difficilmente conciliabili come lascia intravedere il voto sull’alta velocità, ma che se proseguono ognuno per proprio conto rischiano di finire in un vicolo cieco. Uno che trasforma l’ambiente in un affare da radical chic che alimenta disuguaglianze e scatena reazioni contrarie stile gilet gialli. L’altro che rischia di essere derubricato a fenomeno protestatario escludendo qualsiasi forma di dialogo sociale. In entrambi i casi con un unico vincitore: chi si appella al popolo contro le élites e reclama un governo con pieni poteri per decidere in solitudine. E un unico perdente: il contesto ambientale e sociale nel quale viviamo e, con esso, le generazioni prossime venture. Per questo chi oggi fosse chiamato a lavorare su questa proposta di governo così scabrosa nella composizione dell’alleanza dovrebbe considerare anche lo stakeholder che non c’è: i giovani e le loro aspirazioni di partecipazione politica e mobilità sociale, confidando magari in un “effetto Greta” più consistente rispetto a quanto si è fin qui visto nel nostro paese. Forse è troppo, ma se è vero, come pare, che in questo ferragosto la politica italiana non andrà in vacanza, allora ci si potrebbe provare.

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