Un potenziale governo a trazione M5S e PD, ma per fare cosa? La democrazia parlamentare è sacra, ma essa non è sinonimo di situazionismo e palude. Per costruire un governo sensato non basta avere la motivazione dell’alterità a qualcun altro, né l’intenzione di evitare il voto perché si perderebbe: occorre sapere cosa un governo di una nuova e inedita coalizione intende fare e cosa no. Non è necessario avere un “contratto di governo” (una buona pratica tedesca che i gialloverdi hanno interpretato come una pagliacciata), ma è cruciale condividere una visione.
Alcune semplici domande come esempio: l’ipotetico governo M5S e PD revocherebbe la concessione autostradale di Atlantia con le motivazioni finora espresse da Toninelli? Cosa farebbe di Alitalia? Blinderebbe il reddito di cittadinanza, Quota 100 e il Decreto Dignità o li modificherebbe? Adotterebbe il famoso (e confuso) salario minimo? Come finanzierebbe il blocco dell’aumento dell’Iva, con un taglio di spese, a deficit o con un aumento di altre entrate? Che approccio avrebbe rispetto alle esigenze di crescita economica e di innovazione del Paese? Riformerebbe e come la giustizia? Abolirebbe la prescrizione come da proposta pentastellata? Avrebbe un’agenda ecologica e quale? Proseguirebbe l’iter della riforma costituzionale del referendum propositivo (in realtà, una specie di democrazia plebiscitaria)?
Le risposte a queste ed altre domande disegnano un perimetro ampio entro cui un possibile governo dovrebbe dare risposte in tempi rapidi. La retorica dell’opposizione alla Lega è obiettivo nobile ma insufficiente. Occorre una piattaforma condivisa, che per le posizioni spesso diametralmente opposte assunte finora da M5S e PD significa necessariamente l’abiura dei primi o dei secondi a una parte della loro ragion d’essere.
Le ricette che servono all’Italia riguardano essenzialmente due esigenze: uno, rendere l’Italia nuovamente attraente per gli investitori del pianeta, perché si riprenda a generare impresa e lavoro; due, rendere sostenibili gli equilibri finanziari, sociali, demografici e ambientali del Paese
La scommessa che molti fanno, in ambienti PD, è che il M5S sia un esercito in rotta, una massa di fantasmi più interessati alla poltrona fino all’ultimo giorno di legislatura che a tenere fede all’agenda di Casaleggio. Ma già la tangente ideologica che Di Maio e sodali chiedono ai nuovi possibili compagni di viaggio (il taglio dei parlamentari sic et sempliciter, senza un serio ridisegno dell’architettura costituzionale) mostra il rischio della scommessa PD: Il M5S accetta il governo con il PD per rilegittimarsi e divorarlo, non per farsi divorare.
L’esito delle opposte ambizioni è il rischio della palude, della paralisi o del mezzo e mezzo: mezzo salario minimo e mezzo no, un tagliando al reddito di cittadinanza ma teniamocelo così, un po’ di deficit e qualche detrazione fiscale in meno per finanziare il blocco dell’Iva. Di tutto un po’, cioè niente, perché è impossibile fare sintesi tra Sibilia e Padoan, tra Taverna e Gentiloni, tra Paragone e Cuperlo. Un semplice arrocco, difensivo e confuso, non solo non danneggerà Salvini, ma lo aiuterà (fin dalle prossime elezioni regionali) e radicalizzerà le sue posizioni.
Eppure l’Italia – con la sua crescita zero, la natalità stagnante, il deficit infrastrutturale, la deindustrializzazione, le esigenze di innovazione economica e di modernizzazione sociale, le emergenze ambientali e il governo dei fenomeni migratori – ha bisogno di ricette coraggiose e lungimiranti, non di soluzioni omeopatiche né di propaganda a buon mercato. Le ricette che servono all’Italia riguardano essenzialmente due esigenze: uno, rendere l’Italia nuovamente attraente per gli investitori del pianeta, perché si riprenda a generare impresa e lavoro; due, rendere sostenibili gli equilibri finanziari, sociali, demografici e ambientali del Paese. Esigenze difficilmente conciliabili con la visione ostile al lavoro, all’industria e agli investimenti che il M5S ha mostrato fin dalla sua nascita.
In questo scenario a tinte fosche, quale può essere il ruolo dei liberali e degli europeisti? Quello di non accettare compromessi al ribasso.
Non possiamo unirci acriticamente a un governo purchessia, più interessato alla durata della legislatura in quanto tale che ad aggredire i mali dell’economia e della società italiana. Il nostro ruolo dovrà essere quello di chi proporrà idee e proposte concrete, criticherà l’immobilismo e offrirà un’alternativa. Un’alternativa costruttiva e possibile, un’opzione futura per quando (si spera) la politica italiana ritroverà una fisiologia e supererà la stagione del becero populismo che ha contagiato tanti.