Caro Matteo,
ho 85 anni e come molti italiani mi sono sempre dedicato con impegno, costanza e passione ai miei obiettivi: lo sviluppo e il benessere della mia impresa, della mia famiglia e del mio Paese. Partito nel 1950 da un piccolo negozio di carbone e legna a Roma (in Via dei Chiavari), con i miei fratelli abbiamo fatto crescere l’impresa di famiglia fino a farla arrivare ad essere il decimo gruppo italiano privato per fatturato, senza dover mai sopportare uno sciopero – pur in decenni molto caldi – né licenziare alcun dipendente.
Con questa esperienza alle spalle ho scelto di realizzare – proprio in Via dei Chiavari a Roma – uno splendido e innovativo spazio culturale, sociale ed artistico, arricchito dalla bellezza di una grande collezione di impresa tutta italiana. Da questa volontà è nato Musja, museo donato alla collettività ed espressione di una cultura accessibile, democratica e condivisa.
Non avevo mai avuto alcuna tessera di partito, e in passato ho rifiutato l’idea – offertami dall’amico Gianni Letta – di candidarmi a sindaco di Roma. Ritengo infatti che chi vuole ricercare l’eccellenza debba avere una sola, piacevole, ossessione alla volta, specialmente nella vita da imprenditore. Ma oggi mi permetto di parlarti con lealtà, e con la schiettezza che mi concede la recentesi diagnosi di una malattia che sto combattendo.
Ho avuto il piacere di incontrarti e ascoltarti a Villa d’Este a Cernobbio, durante uno dei Forum di settembre organizzato dallo Studio Ambrosetti, quando eri un giovanissimo Presidente del Consiglio. Determinazione, senso dello Stato e un linguaggio coinvolgente furono gli elementi caratterizzanti di quel tuo intervento, allora. La mia razionalità molto invasiva, la mia solida religiosità e una profonda stima verso di te mi spinsero a farti notare che avresti dovuto enfatizzare i tanti contributi concreti che avevi dato alla tua Presidenza, fino ai contenuti del referendum in fieri.
Non ti nego che ho sofferto molto per quanto accaduto nei mesi subito successivi a quel Cernobbio: respingere quel referendum – che avrebbe costituito il pilastro di una democrazia solida e fattiva – è stato un peccato di rigetto, quasi di ripicca personale da parte del Paese. La stima nei tuoi confronti e l’empatia con cui ancora vivo le tue difficoltà mi obbligano a darti un consiglio: non per te, ma per fare in modo che il nostro paese e l’Europa non rischino di sprofondare nel baratro di una carenza di libertà e democrazia causato da un governo di destra populista e sovranista di marca fascista, ed è in questo spirito che ti scrivo questa lettera, caro Matteo.
Sono convinto che in te ci siano molti degli elementi del vero statista, ma occorre che il protagonismo politico del tuo agire si coniughi con l’impegnativo protagonismo del potere dell’umiltà
Sono convinto che in te ci siano molti degli elementi del vero statista, ma occorre che il protagonismo politico del tuo agire, legittimamente ambizioso, si coniughi con l’impegnativo protagonismo del potere dell’umiltà, dato che un’eccessiva voglia di rivincita e livore rischiano di far pagare un ulteriore prezzo altissimo.
Solo un vero, profondo bagno di umiltà potrà impedire il ripetersi di un’esperienza come quella del referendum. Non può il PD e non puoi tu presentarti ai cittadini senza dimostrare di aver preso atto degli errori, con l’apertura – da tempo necessaria! – ad interrogarsi sulle cause profonde dell’indebolimento del PD. Un Partito Democratico rinnovato, senza correnti, che ponga al centro la figura umana e costruito sulle basi rispetto per le leggi democratiche non è un sogno: il nostro Paese e l’Europa sono in pericolo, e non possiamo tradire i nostri giovani.
Oggi, nel ruolo che prima occupavi tu, siede Zingaretti. Tempi come quelli che viviamo richiedono di unire le forza più che di dividerle, anche in seno al Partito Democratico. Tempi come quelli che abbiamo di fronte ci impongono, e impongono a me di fartelo presente con franchezza, che è doveroso mettere da parte i litigi, i calcoli di partito e quelli personali per rendere protagonisti l’umiltà e l’impegno condiviso, a favore del Paese, dell’Europa e dei valori di umanità e democrazia.
I danni derivanti da una spaccatura o da un atteggiamento livoroso colpirebbero i pochi (ma solidi) meriti del nostro PD. Oggi il Partito Democratico rappresenta l’unica forza che può contare su una propria storia di contenuti – certo, pur con alcuni errori – e deve riuscire a dimostrarsi aperto a una nuova visione di partito-famiglia: compatto, trasparente, senza riserve morali all’interno.
Scusa l’eccessiva franchezza di questa mie parole, ma la malattia che pare aggredire le democrazie europee mi ha spinto a uscire allo scoperto dai miei abituali, discreti atteggiamenti. Con la tua frustata di energia mi hai reso ancora più determinato a combattere – prima del male corporeo – il pericolo di un male politico.
Mi rivolgo a te, Matteo, e ti dico: rifletti sulle cause che hanno imposto la situazione attuale, e medita sugli errori tuoi e della politica che incarni
Con la stessa energia mi rivolgo a te, Matteo, e ti dico: rifletti sulle cause che hanno imposto la situazione attuale, e medita sugli errori tuoi e della politica che incarni. Ma questa riflessione non porti all’immobilismo, alla paura, alla divisione, anzi! Possa essere lo spunto per ribadire la necessità di coesione, per rilanciare con forza l’impegno di tutti – e di tutto il PD, unito – a beneficio del Paese e degli italiani, allontanando i dissidi e superando le incomprensioni.
Ho rispolverato una tessera PD dormiente in un cassetto da circa due anni, e oggi dichiaro con orgoglio che ho aderito al PD da una vita: lo voglio urlare, senza ideologie. Dobbiamo, prima di tutto e più di tutto, avere paura dei vari Trump e Putin che vogliono indebolire il cuore e la forza morale dell’Europa. Un paese come l’Italia, che ha dato all’Europa personaggi giganteschi della politica, della cultura e delle arti, ha il dovere di sentirsi depositario di civiltà e promotore di speranza. E un grande partito come il PD ha il dovere di combattere unito per i propri valori, fuori da conflitti interni o da logiche di calcolo personale, verso un obiettivo condiviso, come abbiamo imparato a fare nella nostra storia di uomini e imprenditori.
Alla mia età non posso permettermi discorsi troppo edulcorati, specie se il mio obiettivo non ha fini politici o economici, ma vuole sollecitare una scossa salutare. Lascio dunque a te e alla politica una terzina di Dante: “fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza!”.
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Ovidio Jacorossi e’ un protagonista di primo piano dell’imprenditoria italiana. Ha fondato, con i fratelli, il gruppo petrolifero italiano Finterma ed è stato sempre impegnato nel mecenatismo e nel sociale. Adesso è amministratore unico di Finterma 2 e Inars ed è Presidente di Musja, il nuovo museo privato di arte contemporanea a Roma.