La pianta della cannabis è stata consumata dall’umanità per secoli. Gli imperatori cinesi la usavano già nel 2.727 a.C., così come gli antichi greci e romani, seguiti in questa pratica dai popoli del Medio Oriente e dell’Impero islamico. La cannabis fu esportata nelle Americhe già nel 1545 dagli spagnoli in Cile. Oggi più di 147 milioni di persone, pari al 2,5% della popolazione mondiale, consumano cannabis ogni anno. Nel 2015 circa 14,6 milioni di giovani europei (15-34 anni di età) hanno riferito di averne fatto uso negli ultimi 12 mesi.
Nel corso dei secoli la cannabis è stata usata a fini medici, ricreativi e persino industriali; ne esistono tre sottospecie: la cannabis sativa, la cannabis indica e la cannabis ruderalis (sebbene tutte stiano sotto l’ombrello della cannabis sativa). Il termine “marijuana” è comunemente usato per riferirsi alla cannabis. Tuttavia la popolarità di questo termine deriva dalle bigotte leggi anti-cannabis rivolte agli immigrati messicano-americani e ad altri gruppi minoritari, che vivevano negli Stati Uniti nel ‘900 e non ha nulla a che fare con il nome scientifico o le origini della pianta. Per questo motivo nell’articolo parleremo correttamente di cannabis.
Effetti della cannabis sul cervello
Il principale componente psicoattivo contenuto nella cannabis è il delta-9-tetraidrocannabinolo(THC), che deriva principalmente dal fiore di cannabis. A seconda della varietà e dell’allevamento, la pianta di cannabis può contenere fino a 500 composti e oltre 100 cannabinoidi aggiuntivi, che contribuiscono a definire l’aroma, il sapore, e gli effetti psicoattivi della pianta. Oltre al THC, è il cannabidiolo(CBD), il composto che ha ricevuto l’attenzione maggiore per i potenziali usi medici e ricreativi. Infatti, come racconteremo, THC e CBD hanno effetti molto diversi nel cervello, in alcuni casi opposti. Al di fuori del campo medico e ricreativo, le piante di cannabis sono utilizzate per creare corde, abbigliamento, carta e altri prodotti. Conosciute anche come canapa, queste piante di cannabis hanno in genere un contenuto di THC molto basso e non sono utilizzate per gli scopi di cui trattiamo in queste righe.
Nel cervello, il tetraidrocannabinolo agisce attivando i recettori dei cannabinoidi; questi recettori sono presenti perché il cervello e tutto l’organismo producono i propri cannabinoidi, chiamati cannabinoidi endogeni o endocannabinoidi. Mentre il recettore dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1R) è espresso principalmente nel cervello, il recettore di tipo 2 (CB2R) è espresso principalmente nelle parti periferiche del corpo, dove regola la risposta ai processi infiammatori e le funzioni del sistema immunitario.
In particolare, il recettore di tipo 1 si trova in aree coinvolte in molte attività superiori: memoria, funzioni motorie, emozioni, umore e processi cognitivi. Cosa molto importante, questo recettore è anche espresso in una regione chiave del cervello legata ai meccanismi di ricompensa, a cui abbiamo accennato nell’articolo scorso, chiamata area tegmentale ventrale. L’attivazione del recettore di tipo 1 da parte del tetraidrocannabinolo (THC) aumenta il rilascio di dopamina e serotonina, le molecole del piacere e della felicità del cervello. Si ritiene che questi effetti siano alla base dell’euforia, del piacere e del rilassamento riportati da alcuni consumatori di cannabis. Tuttavia, l’eccesso di una cosa buona può avere effetti opposti. Poiché il CB1R è espresso in molte altre regioni del cervello, il THC può anche causare uno stato di ansia molto importante, paranoia e persino psicosi.