Ci sono 75 miliardi di euro in meno a disposizione a causa della Brexit, bisogna affrontare più spese per i progetti ambiziosi della Commissione europea, nessuno Stato è disposto al compromesso e tutti hanno il diritto di veto per bloccare la trattativa. Questo è il motivo dello stallo di questi giorni sul budget pluriennale che l’Unione europea dovrebbe approvare per il settennato 2021-2027. Giovedì il Consiglio europeo avrebbe dovuto approvare il nuovo bilancio comunitario da oltre mille miliardi in un vertice straordinario, ma i leader dei 27 Stati Ue riuniti fino a tarda notte non hanno trovato un accordo. Venerdì si sono riuniti ancora ma senza successo. E la discussione è stata rinviata a data da destinarsi. «Questa è una discussione di bilancio che si svolge ogni sette anni e ogni volta diventa più complicata» ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «Questa è la democrazia. Abbiamo 27 stati membri diversi, con 27 interessi diversi». Per capire la frattura tra i Paesi basta ricordare che il premier dei Paesi Bassi, il liberale Mark Rutte, durante il summit ha portato con sé una biografia sul pianista Frederic Chopin perché «Non c’è nulla da negoziare. È più facile formare un governo in Belgio che mettersi d’accordo sul bilancio europeo», ha detto l’olandese. E in Belgio a un anno dalle elezioni ancora non si è formato un governo federale.
Perché non si arriva a un accordo? Ci sono due blocchi ben definiti e contrapposti che non vogliono cedere.Rutte e i premier di Austria, Svezia e Danimarca, fanno parte dei Frugal four, il blocco piccolo ma determinato che ha posto due condizioni. Primo, dovranno rimanere i rebate: degli sconti che alcuni Stati contributori netti (cioè che versano più di quanto ricevono nel budget Ue) ottengono ogni anno perché sentono di aver pagato una quota troppo alta rispetto alla forza della loro economia. Il primo a ottenere questo privilegio è stato il Regno Unito nel 1984, l’Austria ha ricevuto rimborsi fino al 2016 e tuttora li hanno solo Danimarca, Svezia e Paesi Bassi. Con l’addio del Regno Unito, la Commissione europea aveva proposto di terminare gli sconti per sempre. Secondo, i Frugal four chiedono che il budget 2021-2027 sia finanziato con solo l’1% del reddito nazionale lordo di tutti gli Stati dell’Unione europea messi insieme. Non un centesimo di più.
Alla minoranza organizzata si contrappone una maggioranza di 17 Stati del Sud ed Est Europa, tra cui l’Italia, soprannominata gli “Amici di un’Europa ambiziosa” (la versione precedente era il più banale “Amici della Coesione”). Considerano antistorica la politica degli sconti verso i Frugal four e sono a favore di un budget più ampio (1,3% del reddito nazionale lordo Ue), che continui a finanziare i fondi di coesione e in particolari i fondi regionali. Ci sono Paesi del Sud Europa: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Malta; baltici: Estonia, Lettonia e Lituania; ma anche Romania, Slovenia e Croazia. All’interno di questo gruppo ampio c’è un’altra minoranza agguerrita: il gruppo di Visegrad, formato da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia che chiedono anche di non inserire il meccanismo per collegare l’accesso ai fondi di coesione con il rispetto dello stato di diritto. Varsavia e Budapest hanno avuto in questi anni molti problemi con la Commissione europea per le leggi applicate dai due esecutivi sovranisti che hanno limitato l’indipendenza dal governo della magistratura e delle televisioni nazionali.
Distanti ma non troppo da questi due gruppi ci sono i due Stati più grandi dell’Unione: Francia e Germania. Parigi è a favore dell’aumento del budget settennale europeo, ma ancora di più al non diminuire i fondi per la Politica agricola comune. Berlino invece è più vicina alla posizione dei frugal four, soprattutto per la questione dei rimborsi di cui godono anche i tedeschi.
Come accaduto più volte nelle fasi di stallo prolungato in Europa, anche al Consiglio europeo speciale di venerdì la cancelliera Angela Merkel e il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron hanno provato un accordo che potesse andar bene a tutti gli Stati membri. Ma senza successo. Dopo il loro incontro con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la Commissione europea ha proposto un compromesso verso il basso con concessioni generose da entrambe le parti. Ovvero spendere per il budget Ue 2021-2027 lo 1,069%(arrotondato a 1,07%) del reddito lordo Ue. Qualche minuzia in meno dell’1,074% proposto da Michel. Minuzie? Forse, ma parliamo di miliardi di euro tra una cifra e un’altra.
Per ottenere il sì dei Frugal four, la Commissione ha provato a sfruttare un trucco vecchio quanto l’impero romano: dividi et impera, separa e conquista. Nel documento viene proposto a Danimarca e Svezia di non partecipare alle spese in più previste per il budget e ai Paesi Bassi di poter trattenere fino al 2023 il 25% dei cosiddetti “diritti di dogana” che riscuote per conto dell’Unione europea. Una concessione generosa visto che gli altri Stati membri hanno una quota del 15%. L’Euro commissione propone anche di mantenere nei prossimi sette anni gli sconti di cui godono già Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, mentre l’Austria del cancelliere Sebastian Kurz riceverà 100 milioni in più come rimborso forfettario.
E gli “Amici di un’Europa ambiziosa”? Per venire incontro alle loro richieste la Commissione ha proposto di aumentare la spesa per la Politica agricola comune che aveva subito più tagli nel passaggio dal budget 2014-2020 al 2021-2017. Tradotto: 2,4 miliardi di euro in più per lo sviluppo rurale e 2 miliardi per i pagamenti diretti. Da qualche parte però bisogna tagliare. Per mantenere gli sconti e aumentare i finanziamenti alla Pac, la Commissione ha detto che taglierà ancora di più i fondi per la ricerca e la Difesa.
Nonostante gli sforzi della Commissione, la proposta è stata definita insufficiente anche dai due premier iberici, lo spagnolo Pedro Sanchez e il portoghese Antonio Costa, che si sono fatti portavoce del gruppo degli “ambiziosi”. La stessa Merkel ha criticato il passaggio nel documento della Commissione, in cui si proponeva di chiarire in un secondo momento il meccanismo che dovrebbe collegare l’accesso ai fondi europei al rispetto dello stato di diritto. La Cancelliera ha chiesto di rendere il testo più specifico per evitare fraintendimenti e ha chiarito che per la Germania è una condizione fondamentale per votare sì al nuovo budget: «Non può essere compensata con i numeri». Tradotto, non ci potrà essere una contropartita economica.
E ora? Tutto rimandato a un nuovo vertice straordinario, sperando che i “frugali” e gli “ambiziosi” si vengano incontro. Il 31 dicembre 2020 termineranno i fondi stanziati per il vecchio budget è c’è ancora tempo. Ma anche in caso di un accordo tra gli Stati il bilancio comunitario dovrà ancora essere approvato dal Parlamento europeo che ha il diritto di veto e non ha paura di usarlo. Il presidente dell’Europarlamento David Sassoli ha già fatto capire che l’Aula boccerà la proposta se il finanziamento complessivo sarà inferiore all’1,3% del reddito medio Ue: «La proposta presentata è inaccettabile e insufficiente a finanziare gli impegni indicati dalla Commissione».