Vi ricordate il “Gran Tour”? Un viaggio di formazione che i giovani nobili borghesi anglosassoni del XVII e XVIII secolo facevano nell’Europa continentale. Da qualche tempo è tornato in auge perché prendersi del tempo per se stessi, fare un lungo viaggio appunto, approfondire la conoscenza di una lingua, o semplicemente sviluppare un’idea o un progetto, come anche fare volontariato è un momento formativo che può essere importante tanto per la crescita personale che per quella professionale.
Il Gap Year, anche con l’accezione più ampia di anno sabbatico, è un anno guadagnato. Un lasso di tempo per accrescere la propria autonomia e autostima, ed esplorare il mondo, acquisendo gli strumenti e la sicurezza per affrontarlo. Non si diventa grandi all’improvviso. Un anno sabbatico è l’esperienza ideale per coloro che desiderano mettersi alla prova ed anche per chi non sa ancora bene che strada intraprendere.
Andrea Portante D’Alessandro, console del Touring Club, consulente sempre attento alla formazione e all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, pubblica il manuale, edito dal Touring Club Italiano, Gap Year – Un anno per crescere. Uno strumento che spiega punto per punto i tanti benefici di prendersi un anno per sé stessi.
Che cos’è un Gap Year?
Gap significa “buco”. È un periodo di alcuni mesi, generalmente dai nove ai dodici, in cui una persona interrompe il proprio corso di studi o attività lavorativa per seguire un percorso alternativo di sviluppo personale e professionale. È un modo per prendersi del tempo e fare esperienza e per imparare a conoscersi meglio. Ha tante finalità sia per chi ha già le idee chiare sulla propria vita e anche per chi non ce l’ha. È un anno in cui si possono fare viaggi lunghi e avventurosi, imparare una lingua, fare un’esperienza di volontariato o di lavoro. La caratteristica caratteristica principale quindi è la flessibilità. Così come lo conosciamo oggi, il Gap Year, noto con diversi nomi tra cui l’accezione più ampia di “anno sabbatico”, è nato in Gran Bretagna fra gli anni Sessanta e Settanta e si è poi diffuso. Non ha un costo fisso, molto dipende dalla disponibilità economica iniziale e se si è disposti a lavorare (per rendere l’anno davvero formativo sarebbe meglio di sì) per ammortizzare le spese durante i 12 mesi. Ma in generale il Gap Year costa molto meno di quanto si pensa. Si può viaggiare in treno, in aereo, a piedi, in moto o in macchina, tutti i mezzi vanno bene. L’importante è sapersi organizzare.
Quando, perché e come si organizza un Gap Year?
Dopo le scuole superiori, prima di iniziare l’università e di entrare nel mondo del lavoro. Quest’anno sabbatico ha tantissime ricadute positive: aiuta a maturare; a conoscersi meglio; a riconoscere gli obiettivi che vogliamo raggiungere e a prepararci per raggiungerli. E, contemporaneamente, offre un’irripetibile opportunità di avventura e divertimento. Il Gap Year aiuta a crescere sia dal punto di vista personale e professionale. Agli occhi di chi un giorno ci selezionerà per un lavoro, ha più valore un’esperienza formativa fatta durante o prima gli anni dell’università che un voto di laurea alto. Quando si costruisce il programma del nostro anno sabbatico, come prima cosa, è importante definire l’area o le aree di interesse. Ecologia, business, moda, animali, bambini, lingue e così via e poi scegliere i Paesi da prendere in considerazione. I ragazzi devono farsi queste domande: cosa mi rende felice?;quali sono le mie attività preferite? In un mondo ideale, come passerei il tempo? E qual è la mia giornata ideale? Bisogna partire da una lista di sogni e poi con un po’ di realismo, ma mantenendo una buona dose di incoscienza, bisogna provare a calare i sogni dentro le realtà. I sogni vanno seguiti e prima di avere una libertà simile a quella che si presenta a cavallo degli anni tra il liceo e l’università bisogna arrivare alle pensione. Perché di mezzo poi ci sarà il lavoro, la famiglia e altre responsabilità per sé e per gli altri.
Chi e in quanti lo scelgono?
Non esistono dati ufficiali sul numero dei ragazzi che ogni anno si impegnano in un Gap Year, ma il fenomeno è in crescita negli ultimi anni. Le stime parlano di 50mila-60mila studenti in Gran Bretagna. Il numero è più o meno lo stesso negli Stati Uniti. In Italia il fenomeno è ancora poco diffuso ma nel nostro Paese negli ultimi anni è triplicato il numero di studenti che sceglie un’esperienza scolastica temporanea all’estero. Nell’anno scolastico 2018-2019, ad esempio, i ragazzi di quarta superiore che hanno scelto un periodo fuori dall’Italia sono stati 10.200.
Dove farlo? Il Gap Year ha valore solo se fatto in un Paese diverso da quello d’origine?
Il Gap Year si può fare anche nella propria città. Ovvio non vale se si rimane a casa in pigiama. Ma se si ha il desiderio di sviluppare un’idea o approfondire una passione e ci si organizza per farlo, già in quell’organizzazione del lavoro c’è un forte aspetto formativo. Se invece si sceglie di andare all’estero, si può decidere di soggiornare sempre nello stesso Paese o di essere itineranti. Non esistono mete “più gettonate” di altre. Tutto dipende dagli interessi di chi parte. Dalla transiberiana al Medio Oriente. Se si viaggia per un anno è bene avere un piano e obiettivi precisi. Dal viaggio deve scaturire qualcosa: non dovrebbe essere una sequenza di vacanze. Si può viaggiare in luoghi lontani ma comunque accessibili, esplorare mete meno battute o addirittura realizzare la “grande impresa” come percorrere la Carretera Panamericana in auto, arrivare sull’Himalaya, scoprire le Savane dell’Africa australe. Si può anche lavorare: stage in un settore specifico, o semplici lavoretti che servono ad ammortizzare i costi del viaggio.
Quanto aiuta aver fatto un Gap Year durante la ricerca di un lavoro?
Fatto nel modo giusto, un Gap Year integra la formazione e rende il CV molto più interessante agli occhi dei selezionatori sia accademici che aziendali. Avere nel bagaglio personale un’esperienza di Gap Year aiuta moltissimo l’ingresso nel mondo del lavoro. Ti mettono, già in partenza, su un piano diverso rispetto agli altri candidati. Perché con il racconto della tua esperienza mandi un messaggio diverso alla persona che hai davanti: sai studiare, sai organizzare, sei autonomo, sai pianificare, e più di tutto sei una persona curiosa. E la curiosità è sempre quel valore aggiunto che cercano le aziende.