Tutto quello che serve. Settecentocinquanta miliardi di euro dalla Banca centrale europea per salvare l’Unione dall’attacco del virus. Il consiglio direttivo d’emergenza ha deciso di acquistare titoli di stato e privato per tutto il 2020, nel tentativo di salvare l’economia dell’eurozona malata di Covid-19. Il nuovo bazooka di Christine Lagarde si chiama Pepp, Pandemic emergency purchase programme. La decisione è stata presa mercoledì notte in una riunione d’emergenza tenutasi in videoconferenza, per rimediare alla figuraccia di una settimana fa in cui la persona incaricata di rassicurare i mercati non lo aveva fatto. «Non intendo passare alla storia per un whatever it takes due. Ridurre lo spread non è nostro compito», aveva detto Lagarde, dilapidando nella sua prima uscita pubblica importante, l’asset più redditizio lasciato dal suo predecessore: la credibilità. La presidente della Bce si è scusata e ha ritrattato la sua posizione, cercando di recuperare il recuperabile con l’inversione a u di ieri. Nella speranza che 750 miliardi di fatti possano sostituire le parole incerte degli ultimi giorni. «Il consiglio direttivo farà tutto il necessario nel suo mandato. Il Consiglio direttivo è pienamente preparato ad aumentare le dimensioni dei suoi programmi di acquisto di attivi e ad adeguarne la composizione, per quanto necessario e per tutto il tempo necessario. Esplorerà tutte le opzioni e tutte le contingenze per sostenere l’economia attraverso questo shock». Si legge nella nota pubblicata stanotte.
Per salvarsi dal coronavirus ora l’eurozona ha due certezze: il “vaccino” Pepp e la sospensione del Patto di stabilità. Una buona base da cui partire, ma per il resto, si naviga a vista e ogni politico o economista propone in questi giorni la sua ricetta per non ripetere una nuova crisi dei debiti sovrani che dal 2010 al 2012 colpì Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, con pesanti ripercussioni sugli altri Paesi Ue. Il 26 luglio di otto anni fa bastarono tre parole dell’allora presidente della Banca centrale europea Mario Draghi per fermare il collasso:«whatever it takes», tutto il possibile per salvare l’Euro. Con sfumature diverse quasi tutti chiedono di seguire quella linea economica e politica. Lo ha ribadito martedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante una videoconferenza con gli altri leader Ue «A una crisi straordinaria, senza precedenti, si risponde con mezzi altrettanto straordinari, mettendo in campo qualsiasi strumento di reazione». Il tempo scorre, la diffusione del coronavirus continua e mercoledì lo spread Btp-Bund è arrivato addirittura a 322 punti base. Secondo la banca d’investimenti JP Morgan il Prodotto interno lordo trimestrale dell’eurozona potrebbe diminuire di circa il 20%. Il bazooka di Lagarde calmerà i mercati ma non basterà per far ripartire l’economia. Serve un intervento degli Stati.
Per questo è sembrata inevitabile la decisione della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, di attivare la clausola di salvaguardia generale, che permette di sospendere i vincoli sulla spesa previsti dal Patto di Stabilità e crescita. Compresi i limiti del Fiscal Compact che obbligano ogni anno l’Italia a non superare nel bilancio lo 0,5% di deficit strutturale (le entrate meno le uscite senza introiti temporanei) e a ridurre di almeno un ventesimo all’anno il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo. Non basterà.
Durante la videoconferenza del Consiglio europeo Conte, Emmanuel Macron e Pedro Sanchez hanno proposto di attingere al Meccanismo europeo di stabilità, l’ex Fondo Salva Stati che, con una dotazione di 410 miliardi di euro, da anni fa da prestatore di ultima istanza per i Paesi Ue che perdono l’accesso al mercato a causa dei loro bilanci pubblici. I prestiti però vengono concessi a determinate condizioni, in base ai trattati. Il premier spagnolo ha chiesto di togliere questa condizionalità ma l’iter sarebbe troppo lungo. Conte ha proposto anche dei “coronavirusbond” , obbligazioni europee per finanziare la spesa per l’emergenza coronavirus. Come spesso succede nell’Unione europea a una proposta del Sud Europa arriva una bocciatura del Nord Europa, con la Germania a mediare. Nella videoconferenza di lunedì è successo lo stesso con il no dei Paesi Bassi alla proposta di utilizzare il Mes e i bond europei.
La cancelliera Angela Merkel, secondo fonti della Commissione Ue, si è fatta garante di un compromesso che dovrà trovare entro una settimana Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, l’organo che riunisce i ministri dell’Economia dei 19 Stati con la moneta unica. «Questo è il momento in cui uno shock a forma di V può trasformarsi in una U e poi in una L, e questo è ciò che soprattutto dobbiamo evitare», ha detto il ministro delle Finanze portoghese al Financial Times. Per sostenere l’economia l’Eurogruppo ha per ora deciso misure fiscali che valgono circa l’1% del Pil nazionali. Totale 120 miliardi di euro. I governi hanno promesso anche di fornire sistemi di garanzia pubblica e pagamenti fiscali differiti pari almeno al 10% del Pil.
A questi 120 miliardi di euro si aggiungeranno i 37 miliardi che ricaverà la Commissione europea ricollocando i fondi Ue non spesi per la politica di coesione e gli 8 miliardi previsti per il prefinanziamento di questi programmi. Serve solo l’ok del Parlamento europeo. E poi la banca europea degli investimenti mobiliterà fino a 40 miliardi di euro per le piccole e medie imprese tra prestiti ponte e sospensione di rimborsi di credito. Misure importanti ma incomparabili al piano di mille miliardi di dollari che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump intende usare per fronteggiare il coronavirus. La pensa così l’ex ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, che tra il serio e il faceto ha proposto una misura drastica. Dare «2000 euro per ogni cittadini della zona euro costerebbe 750 miliardi di euro. Un modo molto più efficiente per aumentare la domanda rispetto alla liquidità della BCE per le banche e le società zombie».
Quattro economisti europei, il tedesco Markus Brunnermeier, il francese Jean-Pierre Landau, l’italiano Marco Pagano e il portoghese Ricardo Reis invece propongono un intervento diretto della Bei che dovrebbe prendere miliardi in prestito dalla Bce e a sua volta concedere prestiti alle imprese a corto di liquidità con un tasso di interesse allo 0 per cento. La Bei sarebbe poi rimborsata grazie alle entrate delle autorità fiscali nazionali degli Stati membri nei prossimi 8-10 anni.
Nella decisione della Lagarde forse c’è lo zampino di Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo monetario internazionale fino al 2015, e vicino alla presidente Bce che su Twitter aveva lanciato l’idea di riprendere il programma creato da Draghi nel 2012: gli Outright Monetary Transactions (Omt). Ovvero l’acquisto illimitato di titoli di Stato a breve termine (tra uno e tre anni) sul mercato secondario per ridurre le pressioni derivate dall’aumento dello spread. Un modo per evitare il circolo vizioso in cui gli investitori si sentono insicuri e chiedono tassi di interesse più elevati per comprare titoli di Stato. «L’Italia potrebbe essere riluttante ad accettare le condizioni che derivano da un programma (Omt, ndr). Ma in questo caso, la condizionalità dovrebbe essere molto limitata e facile da definire: spendere ciò che è necessario per contenere la crisi e impegnarsi a liquidare tutto al termine della crisi. Punto. Nessuno stigma». Mentre Guntram Wolff, direttore dell’Istituto Bruegel di Bruxelles, uno dei più influenti think tank a livello europeo aveva consigliato alla Bce debba aumentare in modo massiccio il quantitative easing, del 2,5% del Pil dell’area euro al trimestre, ovvero il 10% se dovesse durare un anno per porre fine rapidamente alla speculazione. Ieri, finalmente, è arrivato il tutto-quello-che-serve della Banca centrale e dell’Europa: «Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie», ha detto la presidente Lagarde.