ContagionLarry Brilliant, l’uomo che ha sconfitto il vaiolo (e previsto il coronavirus)

Dopo aver aiutato a debellare la malattia in India negli anni Settanta è stato uno degli ispiratori del medical thriller del 2011 che per tanti aspetti ha anticipato i temi di questa pandemia

Paul Zimmerman/Getty Images for HBO/AFP

Negli anni Settanta del secolo scorso non esistevano i voli low cost e in India non sbarcavano plotoni di turisti del lodigiano con coronavirus al seguito. Di agenti infettivi ce n’erano già abbastanza in loco, e i rari visitatori occidentali, quando non venivano per imparare lo yoga e farsi delle canne, portavano semmai vaccini, non virus. Nel 1970 Lawrence Brilliant detto Larry è un “figlio dei fiori” da poco laureato in medicina e sta facendo l’internato all’ospedale di San Francisco, quando viene scritturato insieme ad altri 150 hippie per un documentario sulla controcultura giovanile, Medicine Ball Caravan, un tour di concerti da una costa all’altra degli States con i Grateful Dead e altre band famose dell’epoca. Il film è un fiasco colossale (la rivista Rolling Stone lo classifica tra i dieci peggiori dell’anno), ma per Brilliant è l’inizio di un’avventura che gli cambierà la vita.

Il cast è stato pagato con biglietti aerei per l’India: Larry e alcuni suoi compagni li rivendono e col ricavato affittano un pullman per farsi un giro in Europa, salvo poi decidere di prolungare il viaggio fino al Pakistan orientale, per portare aiuti alle popolazioni colpite dal catastrofico ciclone Bhola che ha fatto forse mezzo milione di vittime. Sono i giorni del mitico Concert for Bangladesh, con George Harrison, Bob Dylan e tanti altri artisti da tutto il mondo, il primo grande concerto di beneficenza nella storia del rock. La carovana umanitaria non riesce a raggiungere il suo obiettivo, e Brilliant si ritira in un monastero sull’Himalaya per un periodo di meditazione col santone induista Neem Karoli Baba.

Finché nel 1974 il guru non lo convince a tornare alla medicina militante: un’epidemia di vaiolo sta infuriando nel nord Est dell’India, con decine di migliaia di contagiati nello stato del Bihar e nell’Uttar Pradesh, e importanti focolai intorno alla città industriale di Jamshedpur, sede delle acciaierie Tata, su cui gravitano masse di lavoratori migranti. Larry si unisce all’equipe dell’Oms guidata dal francese Nicole Grasset. Capisce subito che per vincere la battaglia contro il virus bisogna mobilitare grosse risorse finanziarie, e perciò punta dritto ai vertici del gruppo siderurgico, fino a raggiungere Mister Tata in persona, a New Delhi.

Il magnate resta talmente impressionato che promette senza indugio un milione di dollari e il reclutamento di medici, personale sanitario, ambulanze e altri mezzi di trasporto. Con questo sostegno, e con l’aiuto del governo indiano, dello stato del Bihar e di varie Ong come Oxfam, viene messo in atto un imponente piano di contenimento dell’epidemia: blocco di strade e ponti, deviazione dei treni in aree controllate, checkpoint alle stazioni dei bus e vaccinazioni casa per casa. L’intera città di Jamshedpur, seicentomila abitanti, è messa in quarantena, e le squadre dell’Oms armate di fiale e siringhe battono a tappeto i villaggi intorno alla capitale, sfidando bande criminali e razzie di elefanti.

Senza contare le resistenze delle tribù locali: «Solo Dio può decidere chi prende la malattia e chi no», ammonisce un leader induista, e non sa di usare le stesse parole dei predicatori inglesi del Settecento che definivano l’inoculazione antivaiolosa «un’operazione diabolica». Ma alla fine la battaglia è vinta, grazie all’impegno del dottor Brilliant e di migliaia di volontari il numero degli ammalati precipita fino quasi ad azzerarsi nel giro di pochi mesi e a novembre del 1975 si registra l’ultimo caso di variola major nel mondo, una bambina di tre anni di nome Rahima Banu, dell’isola di Bohla alla foce del Gange, che peraltro guarisce felicemente.

Quattro anni dopo, il 9 dicembre 1979, la speciale commissione dell’Oms firma il certificato ufficiale di morte del virus: We certify that smallpox has been eradicated from the World. Il vaiolo, una delle piaghe più devastanti della storia dell’umanità, è stato cancellato dalla faccia della terra. È l’annuncio che tutti noi vorremmo sentire un giorno o l’altro dalla bocca di Angelo Borrelli (auguri!), che ogni sera ci enumera le cifre terrificanti del Covid-19.

Oggi Larry Brilliant, il dottor Brillante di nome e di fatto, ha 75 anni, vive a Marin County, nella Bay Area di San Francisco. E non ha perso nulla della sua brillantezza giovanile. Dopo aver guidato l’ala non profit di Google, è consulente di una società, Ending Pandemics, che si occupa appunto di prevenzione delle pandemie. Ed è stato uno degli ispiratori di Contagion , il medical thriller del 2011 che per tanti aspetti ha anticipato il Coronavirus. A quell’epoca avevamo ben altro per la testa, la caduta di Berlusconi, l’Italia sull’orlo del default, e di quel film ricordiamo soprattutto l’atroce fine di Gwyneth Paltrow dopo i primi quindici minuti.

Ma rivisto adesso, Contagion ha perduto ogni aura fantascientifica, pare quasi un documentario del nostro miserabile presente. Intervistato da Wired, Brilliant nega che fosse un film profetico: «Abbiamo solo visto la scienza. Tutta la comunità epidemiologica continuava a ripetere da dieci o quindici anni che la questione non era se avremmo avuto una pandemia come questa. Era semplicemente quando. È veramente difficile farsi dare retta dalla gente. Trump ha cacciato via l’ammiraglio (Timothy Ziemer), l’unica persona nel National Security Council che fosse responsabile per la difesa dalle pandemie. E con lui sono stati liquidati tutto il suo staff e tutta la sua rete di contatti. E poi Trump ha tolto i fondi al sistema di monitoraggio internazionale». Così questo disaster movie in cui, nostro malgrado, siamo chiamati a recitare ci ha colto tutti alla sprovvista.

Gli epidemiologi sono delle cassandre inascoltate, un po’ come i geologi che chiedono interventi contro il dissesto territoriale, o i sismologi che invocano costruzioni a prova di terremoto. Non portano voti. Investire nella sanità, nella prevenzione? Meglio buttare qualche manciata di miliardi per il reddito di cittadinanza, o per Quota 100, o per la flat tax. Per evitare il collasso degli ospedali, ci vorrebbe una rete di presidi sanitari nel territorio. Ma ricordate Giorgetti, quello “intelligente” della Lega, cosa diceva pochi mesi fa: «Mancano i medici di base? Chi va più dal medico di base?».

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club