Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il 16 aprile un regolamento speciale per classificare se un’attività economica è sostenibile o no. Un passo importante che rischia di finire nel dimenticatoio a causa della terminologia complessa della burocrazia europea. Proviamo a chiarire: questo regolamento che dovrà essere approvato ora dal Parlamento in seconda lettura intende fornire alle imprese e agli investitori un linguaggio comune per individuare e premiare le attività economiche considerate ecosostenibili.
In gergo tecnico questa classificazione si chiama “tassonomia” e riguarderà sei obiettivi specifici: la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici; l‘uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine; la transizione verso un’economia circolare; la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento; la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Per i primi due obiettivi la tassonomia dovrebbe essere già stabilita con atto delegato entro la fine del 2020 per garantirne la piena applicazione entro la fine del 2021. L’atto delegato è il modo in cui la Commissione rende esecutiva un regolamento. Una volta approvato il Parlamento e il Consiglio dell’Ue hanno in genere due mesi di tempo per formulare obiezioni. Se non lo fanno, l’atto delegato entra in vigore. Anche così si spiegano i tempi lunghi, visto che serve ancora la nuova approvazione dell’Europarlamento in seconda lettura. Ecco perché per approvare gli altri quattro obiettivi bisognerà aspettare la fine del 2021, la cui applicazione è prevista entro fine del 2022.
A Bruxelles, in molti salutano l’accordo finalizzato come un vero successo perché c’era il rischio che la questione climatica fosse messa da parte nel bel mezzo di una crisi sanitaria globale. Fermare la regolamentazione di cosa sia o meno finanza sostenibile avrebbe voluto dire disarmare il Green Deal, sul quale la nuova Commissione europea, e la Presidente Ursula von der Leyen in persona, ha centrato il proprio programma di lavoro.
«Si tratta di un lavoro importante, – afferma Anna Fasano, presidente di Banca Etica, la banca popolare da vent’anni impegnata nell’affermazione della finanza sostenibile – avere una tassonomia comune all’interno dell’Unione europea è un passo verso il riconoscimento di un tipo di finanza e di sostenibilità che non mira alla mera speculazione ma a sostenere l’economia reale, a disinvestire dalle imprese coinvolte nella produzione di armi e nei combustibili fossili e sostenere invece imprese attente all’ambiente, ai diritti di chi lavora e delle comunità locali».
C’è un però. Alcuni punti rimangono fuori dalla classificazione, altri ancora viaggiano a velocità troppo diverse rispetto ai ritmi vertiginosi della finanza mondiale. «Questo periodo è anche una grande opportunità per occuparsi di finanza sostenibile, – continua Fasano – ma ci vuole più coraggio. La finanza viaggia alla velocità del secondo, definire le tassonomie con ritardi fa perdere la possibilità di riconvertire le economie. Stiamo facendo iniezioni di liquidità, per questo, in una fase di ricostruzione, bisogna fare politiche lungimiranti in grado di riportare l’asse degli investimenti e della finanza sugli elementi fondamentali per il futuro dell’ambiente e delle comunità.
Siamo preoccupati che, presi dall’emergenza sanitaria, si viaggi troppo lentamente su questi temi, che invece sono parte del tutto. La sostenibilità viene ridotta alla sola componente ambientale, se non alla sola questione climatica. Per quanto sia un problema assolutamente centrale e urgente, molti altri a esso collegati andavano affrontati».
In sostanza, dal regolamento appena vagliato mancano all’appello i riferimenti agli aspetti sociali e di buona governance. E quindi, se da un lato l’emergenza sanitaria mondiale ha fatto esplodere l’insostenibilità di buona parte dell’attuale sistema finanziario, dall’altro non ne ha ancora reso evidente il reale impatto.
Come spesso accade per le cose europee, l’iter per approvare una legge è complesso. L’ok del Consiglio Ue del 16 aprile viene dopo l’accordo, arrivato un anno fa, tra la Commissione agli Affari Economici e quella all’Ambiente del Parlamento Europeo, riunite in commissione congiunta, che avevano votato la proposta relativa alla “tassonomia”, proseguito con la prima votazione da parte dei negoziatori del Parlamento europeo al compromesso così raggiunto. Ci vorrà tempo. La notizia è che il processo non si è fermato.