L’assistente civico è solo l’ultimo frutto dell’italica passione per i neologismi. Così come successo per i cursori, gli addetti al piano o gli operatori ecologici, l’idea creativa di cambiare nome a una professione – con il malcelato obiettivo di elevarne la reputazione sociale – è un’abitudine che ci accompagna spesso, dando vita anche a problemi interpretativi (leggasi: scusi, non ho capito con chi devo parlare).
Ma questa volta siamo oltre, perché si è pensato al nome prima ancora che al lavoro: come per i “navigator” l’aspetto comunicativo, il brand al servizio della comunità, diventa più importante della sostanza. La vetta della fantasia si raggiunge dunque con questa nuova figura di badante del buon comportamento, ricercata con tanto di bando pubblico e appello televisivo per una massiccia partecipazione da parte del ministro Boccia e del presidente Anci, Decaro.
Che non sia ancora chiaro quali saranno poteri e funzioni di questa figura volontaria, a metà tra il consigliere e il delatore, sembra quasi un problema minore. L’impatto della “carica dei 60mila” ammonitori del distanziamento, sguardo vigile che può avvertire i vigili, quelli veri, è la risposta ai disobbedienti dell’apericena e agli assembratori da ultima spiaggia.
Molto si sta già scrivendo al proposito. Dalla domanda, quasi da educanda, del perché mai non utilizzare i già remunerati fruitori del reddito di cittadinanza (e lo stesso discorso si era già fatto prima della regolarizzazione dei migranti per il lavoro agricolo), agli interrogativi sulla gestione di questo esercito in pettorina blu (a metà tra Protezione Civile e sindaci) che colorerà marciapiedi e spazi urbani insieme ad altre pettorine già note e più temute, come quelle degli ausiliari del traffico.
Gli umarell del post emergenza non commenteranno dondolando il capo che “così non va”. Potranno, anzi dovranno, richiamare l’attenzione su mascherina e densità fisica, ma “con gentilezza”. In attesa di capire con quanta “gentilezza” si potrà replicare (nell’annuncio di bando non è specificato) e di utilizzare il contact tracing come negli altri Paesi, una domanda sorge spontanea: ma siamo davvero così indisciplinati?
Le foto e i video da “Le vite degli altri” che hanno invaso i social ben più dei Navigli o delle piazze dimostrerebbero che sì, giovani e meno giovani hanno interpretato la Fase 2 come un vero e proprio “liberi tutti”, in barba ai giustificati allarmi degli scienziati su una recrudescenza dei contagi. Eppure le percentuali di multati durante il periodo delle ordinanze a pioggia erano davvero minime, a dimostrazione che la furberia da autocertificazione era stata superata da un corretto rispetto del lockdown.
L’avvicinarsi della stagione estiva però non lascia evidentemente tranquillo il Palazzo e dunque si corre ai ripari. Un po’ come si è fatto, dopo oltre sessant’anni, con l’educazione civica, quella vera. Correva l’anno, si dice sempre così, 1958 quando veniva resa obbligatoria l’ora di educazione civica (ministro della Pubblica istruzione era Aldo Moro). Sessanta minuti di regole di convivenza, i principi della Costituzione, il rispetto reciproco.
Poi, nei decenni di guida democristiana di viale Trastevere, insegnamento solo nelle medie, facoltativo per qualche tempo, infine cancellato nonostante un ritorno di fiamma per il corso di Cittadinanza e Costituzione che in realtà mai ha visto la luce del sole.
Adesso che l’educazione civica si appresta a tornare in vigore per tutte le scuole di ordine e grado a partire proprio da settembre, perché non approfittare di queste 33 ore previste dalla legge n° 92 del 20 agosto 2019 (per mano del già dimenticato ministro Bussetti) per spiegare come ci si comporta nel contesto sociale e non solo con lo spritz in mano e la mascherina a coprire il doppio mento? Con il valore aggiunto che siano i ragazzi e le ragazze i testimonial a casa di quanto imparato da maestri e prof. Per una lezione collettiva e familiare di come comportarsi.
Potrebbe essere una buona occasione per il ministro Azzolina di recuperare punti nei sondaggi e pubblicizzare – focalizzandola proprio sui comportamenti in emergenza – un’iniziativa che oggi si dimostra doppiamente meritoria. Senza bisogno di pettorine, ma semplicemente, di buona creanza.