The american greenLa California riparte dagli orti

Mentre aumentano i prezzi di frutta e verdura, i vivai della Bay Area registrano il picco di vendite e i millennial si riscoprono “contadini” durante la pandemia. Perché crescere quello che si mangia è un modo per riconnettersi con la natura

Foto di Mark Valencia

È una fila lunga ma ordinata, si entra a due a due. Guanti, mascherina, chi indossa un cappello: il sole picchia forte. È il tempo di pomodori, cetrioli, ed è prossima la stagione per piantare melanzane. I vivai della California non hanno mai conosciuto negli ultimi anni tanto lavoro, come durante questa pandemia. «I semi sono ormai introvabili. I clienti hanno facce nuove, molti ci dicono di non aver mai piantato nulla prima d’ora», spiegano da un centro specializzato per piante e alberi da frutto di Oakland. Qui, la Bay Area, vanta una tradizione di amatori di piante edibles, commestibili, cultori della autosufficienza e dello scambio tra comunità. Dalla parte Ovest dell’America, i vivai proprio perché rivenditori di piante commestibili, sono stati annoverati nella lista delle attività “essenziali” e perciò hanno avuto dal governatore il via libera per restare aperti dall’inizio della quarantena. Tra le Prima e la Seconda guerra mondiale, con la scarsità di disponibilità di cibo, circa 20 milioni di americani risposero all’appello del governo di iniziare a crescere nei giardini di casa i propri ortaggi. Secondo una stima di Green America, una organizzazione che si occupa di promuovere valori ambientali e agricoltura sostenibile, oggi l’interesse è arrivato anche tra i millennial, e si sta abbassando l’età di chi  inizia a curare gli orti di casa, oppure ha deciso di affittare uno spazio nei giardini urbani per coltivare le proprie piante.

Proprio nel cuore urbano di San Francisco, Jasmin Arneja ha cominciato un giardino nel quartiere in massima espansione di Dogpatch (dove, tra le altre cose, ha aperto poco più di un anno fa, il Chase Center, lo stadio di casa dei Golden State Warriors). «Io e mio marito abbiamo deciso di piantare erbe, verdura e frutta, al posto dei fiori. Crescere quello che mangiamo è un modo per connetterci con la natura, passare del tempo all’aria aperta e conoscere la cultura del cibo. In aggiunta, le piante “commestibili” sono esteticamente ugualmente belle», racconta. «Inizialmente pensavamo di cominciare un giardino di ingredienti “esotici” o difficili da trovare, quest’anno siamo arrivati a realizzare la differenza, in termini di qualità, che ha una cipolla cresciuta da me. Un valore che si avverte distintamente nel sapore dei piatti che cuciniamo.»

Perché gli americani sono attratti da un “ritorno alla terra” durante i tempi difficili? Secondo Jennifer Atkinson, docente di Studi Ambientali all’Università di Washington, è una pratica che ha a che fare con il desiderio di appartenenza e connessione. «Prima dell’industrializzazione – scrive Atkinson – molti americani erano contadini e avrebbero considerato bizzarra l’idea di crescere cibo come una attività di piacere. Nell’era dei Millennials-agricoltori, la pratica di occuparsi di un orto in maniera amatoriale, ha risposto al desiderio di comunità e inclusione.»

Mentre dai supermercati hanno iniziato a scomparire uova, farina e ad aumentare il prezzo delle verdure, l’invito a una “svolta sostenibile” è anche tra siti specializzati di cibo e ricette, che hanno iniziato a pubblicare guide su come cominciare da zero a crescere gli ingredienti per la tavola, introdotti da titoli seducenti: “Diventa contadino in un giorno”. «Innanzitutto, c’è un fattore imprescindibile: l’esposizione al sole. Se il giardino è in ombra o circondato da alberi, lasciate stare. Rosetta Costantino è una autrice di libri sulla cucina povera, insegna tecniche casalinghe di giardinaggio ed è “food guide” di tour gastronomici in Calabria, sua terra di origine. La famiglia è emigrata nel Nord della California negli anni Settanta. «Mio padre era pastore e casaro, mia madre contadina. Quando siamo arrivati in America i miei genitori hanno subito cercato lo spazio giusto dove crescere il proprio orto. Non abbiamo mai fatto la spesa al mercato. La prima volta che ho assaggiato delle banane, avevo nove anni.» Nonostante una carriera da ingegnere chimico in una compagnia della Silicon Valley, l’ossessione per il cibo genuino è rimasta al centro. Gli ingredienti dei suoi piatti arrivano dal  giardino di casa. Oggi fave, borragine, borlotti. «Sono cresciuta con quei valori e quella cultura». Secondo Costantino la cultura dell’orto in California arriva in parte proprio dalla influenza degli italiani emigrati in America. «Mio padre aveva una filosofia: non si coltivano fiori. Solo piante che poi arrivano in tavola. Diceva: se devo innaffiarli tutti i giorni e neanche posso mangiarli, che senso ha tutta questa fatica?»

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