È da duecento anni che le barche della Famiglia Testa solcano i mari di Sicilia alla ricerca del tonno rosso e del pesce azzurro. La loro storia è legata a Ognina, all’antico porto di Ulisse, una storia fatta di dedizione, di fatica e tenacia, che attraversa le generazioni ed è oggi più viva che mai.
Seguendoli abbiamo scoperto che quel pescatore con la tuta gialla e il viso cotto dal sole non è più l’unico attore di questa vera e propria avventura sul mare. Ad aiutarlo, una tecnologia sempre più efficace e all’avanguardia, che fa di questa professione antica un nuovo modello di artigianato.
Per il mestiere e l’avvenire della famiglia, la grande svolta risale al 2009, quando vengono assegnate le quote ICCAT per la cattura del tonno rosso. Una decisione saggia che, unita al blocco della pesca per un intero anno, nel 2010, e a una politica di difesa e di controllo da parte dello Stato e dei pescatori, salva dall’annientamento il tonno rosso. Il ripopolamento dei tonni è un insperato salto nel passato e contemporaneamente molto di più di una speranza per il futuro.
E dopo aver ripopolato, ecco arrivare giugno, come ogni anno il momento più atteso, e più complesso: fatto di lunghe attese e di improvviso dinamismo, ma soprattutto di grande calcolo e di utilizzo della tecnologia.
Lo specchio di mare da perlustrare è ampio ma l’acquisizione delle informazioni con la strumentazione di bordo è massiccia: i gabbiani sono i radar naturali del plancton, di cui i tonni si cibano. Il loro avvistamento, più la misurazione della temperatura dell’acqua danno la possibilità di ridurre il perimetro da tenere sott’occhio. Il sonar e la possibilità di analizzare la biomassa sono strumenti fondamentali, ma devono comunque essere mediati dall’esperienza dell’uomo che comprende e dà un significato ai segnali che vengono offerti dai dati. L’innovazione tecnologica permette anche all’equipaggio di essere sempre in contatto con i propri cari, a terra, e di mantenere la necessaria serenità, indispensabile per poter lavorare al meglio.
«Senza internet non potremmo pescare» ci dice il Comandante. Prima dell’avvento delle quote che hanno contribuito a salvare il tonno rosso dalla probabile estinzione, il massimo sforzo era fisico. Oggi, nei giorni di giugno in cui si concentra il lavoro, tra l’avvistamento, la cattura del tonno rosso nel mar Tirreno, l’attesa che arrivino i rimorchiatori che trascinano le vasche di crescita e il trasferimento dei tonni, si “fatica” il 30 per cento del tempo e per il restante 70 per cento si segue, passo passo, il protocollo di pesca. La cattura del tonno rosso con le reti di circuizione, limitata ad esemplari che non siano inferiori ai trenta chili di peso, ha tre attori sempre sulla scena: l’equipaggio, l’osservatore a bordo dell’ICCAT, l’organizzazione mondiale che tutela questa specie, e il MiPAAF. Nulla può avvenire senza l’accordo totale di tutti e tre che, a volte, non ha orari come la pesca.
Può succedere che il numero dei tonni catturati debba essere comunicato al ministero a notte fonda e, anche a quell’ora, qualcuno risponde per registrare quell’informazione fondamentale.
La possibilità di filmare e di trasmettere è, quindi, fondamentale come un tempo avere il vento buono nelle vele. E per chi vuole vedere come sta andando la pesca, grazie al GPS sul sito dell’azienda si possono vedere tutte le virate dell’Atlante durante le battute di pesca.
Ed è quello che è successo nella pesca del 2020, improvvisa e rocambolesca, forse più del solito, che il Capitano ci racconta così: «Avevamo sotto gli occhi, guizzante, una massa di tonni, di grande stazza, pari a un terzo della quota ICCAT destinata alle nove barche dell’Associazione Armatori Siciliani del tonno rosso a circuizione. Catturati i tonni, l’operazione successiva è trasferirli nella vasca di crescita che li trasporterà fino a Malta. Le vasche di crescita, come in una battaglia navale, sono già posizionate nei punti del Canale di Sicilia dove si presuppone avvengano le catture. Alle 18, siamo riusciti a terminare il primo trasferimento, rendendoci conto che la vasca di crescita era troppo piccola.»
A quel punto, si tratta di stringere i denti e trovare soluzioni: «È iniziata un’attesa non prevista, eccezionale come l’incontro con quel branco. Solo verso le 21, è arrivata la seconda vasca e sono cominciate le operazioni sopra e sotto il mare con l’ausilio di una decina di sub che si alternavano, nuovamente, per “cucire” la rete alla vasca, aprendo la porta d’ingresso e filmando i tonni. Già notte, abbiamo acceso tutte le luci, concentrandole al centro del branco per evitare che i tonni impazzissero. Sembra finita, ma in realtà, il lavoro più certosino inizia solo ora. Meno male che ci si aiuta tra cugini e la presenza di Nino mi ha rincuorato e sostenuto nella lunga conta dei tonni sullo schermo. Di fronte alla necessità di contare, alla presenza della vedetta ICCAT, un numero spropositato di tonni tutti assieme vi assicuro che tremano le gambe.»
Perché è la conta il momento determinante per la pesca: «Alla fine, ce n’erano 4.090, contati una prima e ricontati una seconda volta per sicurezza. Morale della favola, la nostra battuta si è conclusa trentaquattro ore dopo l’avvistamento, passate senza dormire con un livello di adrenalina difficile da tenere sotto controllo. E non c’era solo la conta, ma anche da “interpretare” il nuovo diario di bordo elettronico. Il mare, nonostante la tecnologia, è sempre una sfida aperta.»
Ormai sono solo 20 e non più 100 le imbarcazioni coinvolte, e questa è un’interpretazione moderna del mestiere antico, attualizzato a seconda delle esigenze del mondo contemporaneo, dove fare scelte di diversificazione si concilia con la tutela dell’ambiente.
Nino Testa si occupa della gestione dell’innovazione in azienda, e ha applicato la formazione tecnico-scientifica per individuare e introdurre i percorsi innovativi in grado di garantire sia la sostenibilità ambientale, richiesta dalle direttive comunitarie, sia la sostenibilità economica che è necessaria per potere sopravvivere. «La difficoltà dei nostri tempi nel fare impresa impone di saper gestire l’innovazione attraverso tutte le sue varie fasi: dall’analisi del mercato per individuare i bisogni alla fase creativa di messa a fuoco delle idee, dal prodotto a quella della sua realizzazione e distribuzione. Il mondo va avanti e non si può continuare a pensare l’attività di pescatori con i criteri di cinquant’anni fa, ma progettare costantemente, giorno per giorno, il cambiamento. Tra le altre cose, mi sono occupato della realizzazione della plancia dell’Atlante e della linea di produzione e lavorazione dello stabilimento di Porto Palo. Allora, nel 2002, anticipammo i tempi, andando in mare e pescando con gli strumenti che oggi sono considerati indispensabili. Non abbiamo copiato ciò che esisteva, ma ci siamo dotati di quello che avrebbe potuto servirci vent’anni dopo. Nel termine gestione dell’innovazione rientrano anche molti aspetti organizzativi, dal recepimento delle direttive dell’Unione Europea alle autorizzazioni comunali, alla formazione del personale. Non siamo solo pescatori e trasformatori del prodotto che peschiamo. La nostra filiera corta custodisce un tesoro di conoscenze. Ciò che facciamo è importante per come viene fatto, certificando qualità, efficienza e freschezza in ogni fase del processo produttivo».
E dopo aver tanto faticato per avere la materia prima migliore, la lavorazione non è da meno, con l’intervento di un grande chef locale, parte integrante del progetto con le sue ricette e la sua sapienza. È Ciccio Sultano, due stelle Michelin che lo rendono un autentico ambasciatore della Sicilia nel mondo: «Ho sempre scelto grandi prodotti, fatti da persone, grandi umanamente e professionalmente, e i Testa sono una famiglia che coltiva il mare da almeno duecento anni. La collaborazione tra di noi è il risultato di un’addizione. Il mio ruolo è quello di testimone e di consigliere del gusto, a cui aggiungerei anche una certa capacità organizzativa. Uno dei punti di forza dei Testa è il fatto di lavorare in proprio il pescato con un’attenzione estrema alla qualità. Io mi sono messo al loro servizio e abbiamo iniziato a lavorare sulle conserve: dal tonno rosso alla boga, dallo sgombro, dal sugarello alle alici, sott’olio e sotto sale. Non stiamo parlando di industria, ma di una produzione artigianale di altissima qualità. Una produzione virtuosa, perché chiude il cerchio tra chi pesca, chi trasforma e il consumatore. Sono edizioni di pregio, limitate. In più, Testa Conserve usa come olio sia l’evo sia l’olio di girasole bio spremuto a freddo e coltivato in Italia. Il che vuol dire che l’olio del barattolo non si butta mai, ma si usa per condire o per fare delle salse emulsionate».