Mentre impazza il dibattito sulla riapertura delle scuole, le università si preparano al nuovo anno accademico. Per qualche polo universitario però, le novità non saranno per forza tutte negative, anzi. Le università di Padova, L’Aquila, Cagliari, Firenze, Statale di Milano, Perugia, Pisa, Sassari, Iuav di Venezia e Luiss di Roma hanno aderito al progetto Uni-co-re, ovvero i “Corridoi universitari per studenti rifugiati”.
Lanciato dall’Unhcr, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, con il supporto tra gli altri del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della Caritas, Uni-co-re si pone l’obiettivo di offrire a rifugiati residenti in Etiopia la possibilità di proseguire la loro istruzione superiore in uno degli atenei aderenti al programma, tramite l’assegnazione di borse di studio.
Lo scorso anno il progetto pilota ha visto la partecipazione della sola Università di Bologna, che ha accolto 5 studenti eritrei. Hadish, 30 anni, dopo aver ottenuto una Laurea in Ingegneria in Eritrea, nel 2014 è emigrato in Etiopia. «In Eritrea non ci sono prospettive di lavoro né tanto meno opportunità per continuare a studiare. Devi esclusivamente lavorare per strutture governative, senza poter scegliere dove vivere, come vivere, quanti soldi guadagnare. Devi fare quello che il governo ti ordina».
Dopo aver acquisito lo status di rifugiato si è laureato (di nuovo) in Etiopia, questa volta in Finanza, nel 2018. Ma anche qui, nonostante un margine discrezionale più ampio sulle proprie prospettive di vita, permangono forti limitazioni: «Il problema in Etiopia per noi rifugiati è che non si può ottenne un lavoro “ufficiale”. C’è una grande crescita demografica, ci sono molte persone qualificate, e ufficialmente i non etiopi non sono autorizzati a lavorare: seguendo le attuali leggi governative se straniero non puoi essere assunto come lavoratore permanente, e devi accontentarti di lavoretti giornalieri o altre occupazioni temporanee».
Tradotto: una volta ottenuta la seconda laurea la prospettiva migliore era quella di dare ripetizioni (non regolari) ai liceali di Addis Abeba. Almeno fino alla partecipazione e alla vincita (dopo un processo di selezione durato sette mesi) del bando aperto dall’Unhcr.
Da settembre vive a Rimini, uno dei campus romagnoli dell’università, e studia Resource Economics and Sustainable Development: «È un dipartimento con un clima estremamente internazionale, ci sono studenti da quasi tutti i continenti. A differenza degli altri per me non c’erano altri modi per arrivare in Europa a studiare. L’unica opzione era questa borsa».