Quando il cibo esce dalla cucina entra al museo: è così che alle Gallerie degli Uffizi, ogni domenica, uno chef interpreta uno dei capolavori presenti nelle sale espositive e ne racconta la storia e l’origine. Il tutto in diretta facebook, così che chiunque possa ammirare il quadro e imparare una ricetta.
Una bella sinergia tra due realtà apparentemente lontane, che fa comprendere quanto la cucina e le ricette siano parte integrante anche della storia dell’arte. Obiettivo della serie è infatti illustrare e approfondire l’intimo legame che – soprattutto attraverso l’intrigante genere della natura morta – unisce da sempre l’arte della pittura a quella della gastronomia.
Così come sono parte della nostra quotidianità, con le monete appena coniate dalla Zecca dello Stato: pizza, cannoli, tortellini e persino la celeberrima crema di nocciole in barattolo sono infatti comparse nella nuova serie di monete celebrative messe in vendita nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia. Un bel modo di dare valore al cibo, anche attraverso la sua celebrazione visuale come autentico patrimonio nazionale.
Che all’estero ci invidiano, e non un estero qualunque, ma addirittura in Francia: è di qualche giorno fa un articolo che dovrebbe farci riflettere sulla errata percezione di noi che abbiamo.
Causeur, magazine non proprio alla mano e generoso, sostiene che «A differenza della Francia, l’Italia ha fatto del regionalismo culinario un’efficace barriera contro la desertificazione delle sue campagne. Cucina orgogliosamente conservatrice i cui tesori possono essere gustati anche a Parigi».
Secondo Emmanuel Tresmontant gli spaghetti hanno fatto di più per la gloria dell’Italia della Divina Commedia e delle opere di Verdi. Se la cucina italiana è così universale è perché è popolare, semplice, deliziosa, radicata, quotidiana, identificabile e accessibile a tutti. Ma soprattutto perché siamo stati in grado di difenderla con attenzione: «l’Italia ha resistito al genocidio culturale molto meglio della Francia».
Riflessioni che condividiamo in pieno, e che vorremmo fossero parte del nostro immaginario collettivo. Del resto, come diceva Bocuse e ripeteva sempre il signor Marchesi: «La cucina francese decadrà quando cuochi italiani si renderanno conto del patrimonio di ricette e prodotti che hanno invece di dimenticarlo per ignoranza, esterofilia, per moda».